5 stagioni - 51 episodi vedi scheda serie
Mr Devil, I suppose !
Il diavolo, probabilmente, è arrivato a Bemidji. E, per nostra fortuna, la sua venuta rappresenta l’elemento scatenante di una delle serie tv “brevi” più stimolanti degli ultimi anni.
La serie prende ovviamente spunto dal famoso omonimo film dei Coen del 1996 (qui anche produttori esecutivi) e ne ripropone infatti lo stile e le caratterizzanti (nevose) ambientazioni, oltre che una coralità di personaggi più o meno bislacchi, siano essi principali o secondari, a caratterizzare il bizzarro teatrino umano mostrato.
Il tutto affrontato con spirito cinematografico, grazie al sapiente omaggio fatto dai 5 registi prettamente televisivi interessati: Adam Bernstein (regista tra le altre di numerose puntate di “Homicide: life on the Street”, “Breaking Bad”, “Scrubs”, “Oz”, “Californication” e “Better Call Saul”), Randall Einhorn (“The Office”, “It’s always sunny in Philadelphia”), Colin Bucksey (“Miami Vice”, “N.C.I.S.”, “Numb3rs”, “Breaking Bad”), Scott Winant (“Breaking Bad”, “The Shield”, “True Blood”) e Matt Shakman (“Ugly Betty”, “Six Feet Under”, “Boston Legal”, “Psych”), impegnati nel dirigere le 10 puntate (due a testa) della prima stagione; quindi, un lavor(i)o di indubbia qualità dietro la mdp a sorreggere l’ottima sceneggiatura di Noah Hawley (unico difetto di quest’ultima: quasi tutti i poliziotti vengono descritti, inverosimilmente, come degli idioti assoluti). Quest’ultimo, poi, dimostra una perizia inaspettata, visto che il suo più “grande” successo lavorativo, prevalentemente commerciale, èra finora la scrittura e produzione del popolare “Bones”.
Panoramiche ampie, rarefazione, nebbia e auto sfreccianti in lande fredde e desolate definiscono, staticamente o dinamicamente, la presenza ambientale nelle vicende narrate, vero personaggio aggiunto e omnicomprensivo delle frustrazioni, sogni, pensieri ed azioni violente di tutti; sia di chi, abile burattinaio, è convinto di controllare tutte le dinamiche scatenate dalle sue azioni, sia delle marionette da lui risvegliate dal torpore di una esistenza grigia e mortificante, verso l’apparente libertà dal controllo altrui.
Il cast interessato è ispiratissimo: a giganteggiare su tutti l’ottimo Billy Bob Thornton, finalmente tornato a livelli recitativi eccelsi, probabilmente agevolato dal personaggio cucitogli addosso (e dai fulminanti dialoghi), tutto ghigni sardonici ed imperturbabilità; la conferma Martin Freeman, abile nel tratteggiare col suo solito stile nervoso un “cane di paglia” in stile “Midwest”; la pacata Alyson Tolman, nei panni del forse unico personaggio completamente positivo della serie (anche se l’ultima battuta dell’episodio finale, folgorante, pone qualche dubbio).
Questi ultimi due sono poi le uniche figure (quasi) alter ego dei “mitici” Jerry Lundegaard e Marge Gunderson, personaggi cardine del film “Fargo”, interpretati dai grandi Frances McDormand e William H. Macy. Ma il valore aggiunto lo danno anche i comprimari: i due grotteschi sicari Mr. Numbers e Mr. Wrench (Adam Goldberg e Russel Harward), lo sceriffo Bill Oswalt (Bob “Saul” Odenkirk), il riccone Stavros Milos (Oliver Platt), il personal trainer Don Chumph (Glenn Howerton), Lou Solverson, il padre di Molly, (il grande Keith Carradine) ed il quasi co-protagonista Colin Hanks (nei panni dell’agente Gus Grimly). Insieme ai tanti altri personaggi minori (ma essenziali), tutti ben incasellati componenti del nero e variegato circo bruegeliano dell’universo Coen.
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