Il film segue e "intervista" Juliette, donna sposata, di tanto in tanto si prostituisce e spiega le proprie motivazioni. Juliette, tipico soggetto del nuovo consumismo, funge da guida e da metafora della città di Parigi, che negli anni sessanta subisce radicali trasformazioni.
Note
Ritratto distaccato e brechtiano di una donna e di una città (la "lei" del titolo non è Juliette ma Parigi), un film-saggio, fra i migliori di Godard. Parti quasi documentarie come quelle sui cantieri parigini e la presentazione dell'attrice Marina Vlady si alternano ad altre quasi di fiction. Subito dopo gli entusiasmi nouvelle vague e subito prima del '68, uno dei punti di equilibrio massimo del percorso godardiano.
La lei del titolo non è una donna ma Parigi, che sta cambiando le sue forme così come le donne hanno già modificato i loro costumi. Il tutto secondo la regia onnipresente del capitalismo, matrice eterodiretta di ogni impulso al consumo di merci e alla mercificazione dei corpi. Dirige Godard, che documenta lo stato delle cose con fare sardonico.
Piu' documentario che film vero e proprio ,qualche bella immagine di progresso che ci invade e ci surclassa ,poi tante parole,tanti pensieri....e poco altro.Del regista,meglio certamente altri suoi film.....
Un immenso, rivoluzionario, magnifico Jean Luc Godard. Nonostante sia un film "a tesi", una via di mezzo tra documentario e film saggio, riesce a coinvolgerti emozionalmente dall'inizio alla fine. Lunga vita a Jean Luc!
“Lei” (ormai dovrebbero saperlo tutti, ma credo che sia il caso di ribadirlo con forza ancora una volta per non creare malintesi che potrebbero impedire la giusta lettura interpretativa di questa pellicola tutt’altro che convenzionale anche nella sua struttura) non è una donna. Non è Juliette Manson, la protagonista femminile di questa storia che ha un lavoro, un… leggi tutto
Godard torna a parlare di prostituzione e realizza quasi una versione saggistica di Questa è la mia vita, con una struttura se possibile ancora più rigida e didascalica (grazie all’adozione dello strumento dell’intervista) e una protagonista appartenente a una classe sociale più elevata. Oltretutto il regista introduce vari altri argomenti (il consumismo,… leggi tutto
Può essere affascinante, l'approccio alla forma filmica di Godard, ma certo lascia perplessi. Impossibile cogliere esattamente ciò che l'autore voleva significare, disponendo in scena una folla inquieta che si domanda di continuo su comunismo, tv a colori, futuro e passato, lavoro, sesso, beni quotidiani più o meno essenziali. Ed è proprio il superfluo - a quanto pare… leggi tutto
Rispetto a capolavori ormai "canonizzati" come "A bout de Soufflé", "Le mepris" o "Pierrot le fou", questo "Due o tre cose che so di lei" è decisamente meno conosciuto e ha avuto minore attenzione critica, ma come esemplare della poetica godardiana anni '60, che rimane il periodo più creativo del regista, non andrebbe troppo sottovalutato, perché può contare su…
“Lei” (ormai dovrebbero saperlo tutti, ma credo che sia il caso di ribadirlo con forza ancora una volta per non creare malintesi che potrebbero impedire la giusta lettura interpretativa di questa pellicola tutt’altro che convenzionale anche nella sua struttura) non è una donna. Non è Juliette Manson, la protagonista femminile di questa storia che ha un lavoro, un…
Che sia un appassionato del cinema della Nouvelle Vague è ampiamente risaputo nel giro delle mie amicizie. Purtroppo però il passaparola ha prodotto come sempre i suoi imprevedibili effetti e da…
Quest'anno la sigla del Festival di Venezia è cambiata: non entriamo più nell'occhio di Simone Massi, nel petto del rivoltoso di Aleksandr Dovzenko o nella barca felliniana. Questa volta ricostruiamo…
Dando un'occhiata alla locandina del film e conoscendone il titolo, viene quasi naturale pensare che quelle due o tre cose che un non ben definito qualcuno sa di lei siano riferite alla protagonista del film Juliette Janson (interpretata da Marina Vlady). Questa potrebbe essere senza ombra di dubbio una delle ipotesi che nel film fortemente destrutturato di Jean-Luc…
Credo che questo film sia un capolavoro. Non amo tutto di Godard , spesso e' pesante, cerebrale, vuole stupire a tutti i costi, anche se devo riconoscere che in ogni suo film si avverte una grande intelligenza all'opera e che in ogni suo film vi sono momenti di grande cinema. In questo film raggiunge un equilibrio che ha del magico, non e' così pesante, non e' così cerebrale e non sembra…
A parte "Fino all'ultimo respiro", manifesto della Nuovelle Vague e del cinema moderno, credo sia inutile cercare i "capolavori" nella sterminata cinematografia di JLG. La sua opera va giudicata per ciò che rappresenta nel suo complesso, per la quantità di innovazioni stilistiche, per la pregnanza dei contenuti, per l'ideologia di fondo. Ogni suo film è un tassello di questa monumentale…
Il 3 dicembre 2010 Jean-Luc Godard ha compiuto 80 anni. E' vivo e vegeto, ma soprattutto continua a girare film.Il problema è che troppe volte si parla… segue
Niente eufemismi pietosi. Per identificare la professione più antica del mondo - quella che forse vanta anche il maggior numero di appellativi (volgari e non) - meglio andare dritti. Lo ha fatto Ken Russel, non…
Prendendo spunto da una bella playlist di Peppe Comune proviamo a rilanciare il tema "urbanistico" delle periferie nel cinema. Ma attenzione: periferia non è provincia. Per avere una periferia ci vuole una città, una…
Godard torna a parlare di prostituzione e realizza quasi una versione saggistica di Questa è la mia vita, con una struttura se possibile ancora più rigida e didascalica (grazie all’adozione dello strumento dell’intervista) e una protagonista appartenente a una classe sociale più elevata. Oltretutto il regista introduce vari altri argomenti (il consumismo,…
Può essere affascinante, l'approccio alla forma filmica di Godard, ma certo lascia perplessi. Impossibile cogliere esattamente ciò che l'autore voleva significare, disponendo in scena una folla inquieta che si domanda di continuo su comunismo, tv a colori, futuro e passato, lavoro, sesso, beni quotidiani più o meno essenziali. Ed è proprio il superfluo - a quanto pare…
Secondo me Godard è uno dei registi più sopravvalutati dalla critica, nonostante che abbia quasi sempre manifestato, con i suoi film, un totale disprezzo per il pubblico. I suoi film, compreso questo "Due o tre cose che so di lei" è un film di nicchia o, come direbbe Checco Zalone, "di micchia". E' assolutamente inguardabile ed insopportabile e se quarant'anni fa poteva…
Come viene ripetuto in qualunque recensione (o presunta tale), la "Lei" è la regione parigina a quel tempo al centro di notevoli cambiamenti (sconvolgimenti?), ma per estensione può diventare la società tutta, la condizione femminile in emancipazione, la guerra, la rivoluzione ormai nel cassetto. Di sicuro è uno dei migliori e più compiuti Godard che abbia mai visto. Rabbioso, pessimista,…
Il cinema più criticato, ma che ha dato alla luce alcuni dei film più belli e significativi della storia cinematografica, esteticamente notevoli nonostante girati con pochi mezzi: la nouvelle vague è uno dei…
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Commenti (4) vedi tutti
La lei del titolo non è una donna ma Parigi, che sta cambiando le sue forme così come le donne hanno già modificato i loro costumi. Il tutto secondo la regia onnipresente del capitalismo, matrice eterodiretta di ogni impulso al consumo di merci e alla mercificazione dei corpi. Dirige Godard, che documenta lo stato delle cose con fare sardonico.
commento di Peppe ComunePiu' documentario che film vero e proprio ,qualche bella immagine di progresso che ci invade e ci surclassa ,poi tante parole,tanti pensieri....e poco altro.Del regista,meglio certamente altri suoi film.....
commento di ezioUn immenso, rivoluzionario, magnifico Jean Luc Godard. Nonostante sia un film "a tesi", una via di mezzo tra documentario e film saggio, riesce a coinvolgerti emozionalmente dall'inizio alla fine. Lunga vita a Jean Luc!
commento di Backoj7.5
commento di nico80