Espandi menu
cerca
La nostra intervista a Emanuela Martini, vice direttore del Torino Film Festival
di Database
post
creato il

L'autore

Database

Database

Iscritto dal 31 gennaio 2005 Vai al suo profilo
  • Seguaci 208
  • Post 227
  • Recensioni 8
  • Playlist 32
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

In occasione dell'apertura del Torino Film Festival, Emanuela Martini - critico cinematografico, ex-direttore storico del settimanale FilmTv e da qualche anno vicedirettore stabile del Torino Film Festival (prima insieme a Nanni Moretti e da due anni insieme a Gianni Amelio) – ha acconsentito a rilasciare questa intervista che è un oggetto "speciale". Le domande sono state infatti poste dagli utenti di FilmTv e poi, da noi, scelte e raccolte (più che altro con uno sforzo di sintesi). 

Ringraziamo infinitamente Emanuela Martini, che ha affrontato la fatica di rispondere via mail in un momento in cui è oggettivamente presissima. Anche per questo abbiamo volutamente lasciato alcuni passaggi dove spiega che la complessità del discorso meriterebbe altri tempi e altre opportunità. Ma ringraziamo anche tutti quelli che hanno partecipato a questo prodotto collettivo (la cui origine trovate qui).

Vi segnaliamo anche che per un approfondimento sui film delle varie sezioni del TFF, trovate on line su FilmTv il nostro speciale

 

Torino 2010 Film.tv.it

Lo speciale di FilmTv.it dedicato alla 28a edizione del Torino Film Festival.

 

 

Con la prima domanda apriamo un po' le danze. Naturalmente interessa sapere - al secondo anno di co-direzione con Amelio - come vadano le cose tra voi e quali siano le differenze tra il festival fatto insieme a Moretti e quello fatto con Amelio. C'è una differenza di approccio?

 

Scusa, ma questa delle differenze tra Moretti e Amelio è l’unica domanda alla quale ho giurato che non avrei mai risposto. Posso solo dire che l’apporto di Amelio al festival è stato l’apertura verso qualsiasi tipo di film e stile. È un cinéphile onnivoro e senza preclusioni.

 

 

 

Amelio in un'intervista rilasciata a Cinematografo ha avuto modo di esprimere il suo entusiasmo, affermando che "Quest'anno siamo molto contenti, il concorso respira l'aria che ci sta attorno con linguaggi significativi, ed è notevole: darei a 6-7 film su 16 le 5 stelle, 4 a tutti gli altri, tranne uno da 2 e mezza". Quale invece il tuo giudizio sui film in concorso? Hai già un tuo preferito anche se ovviamente non puoi comunicarlo?

 

Ovviamente ho il mio preferito (o meglio, i miei preferiti), ma non posso dirli. In generale, come Gianni, mi sembra che il concorso sia a un ottimo livello, molto variato come linguaggi, stili e temi (oltre che come nazionalità: nei sedici film del concorso, infatti, sono rappresentati ben 13 paesi). 

 

 

Parlando dei film in concorso ( e non) viene naturale parlare anche del lavoro di selezione. Una parte che sappiamo conosci bene, per la tua lunga militanza in festival di vario genere. Dopo tanti anni di esperienza e milioni di visioni cosa cerchi di più in una pellicola? cosa riesce ancora a sorprenderti? E cosa su tutto ti spinge a scegliere un titolo piuttosto che un altro?

 

A costo di sembrare un po’ naif, dopo tanti anni e tante esperienze, cerco ancora i film che mi piacciono. Ed essendo anch’io onnivora, senza preclusioni verso generi, linguaggi, paesi, mi butto anche alla cieca (o chiamiamolo istinto, anche se qualche volta, com’è ovvio, questo può tradire).Quello che mi sorprende sono ancora l’originalità (rara) e la forza e la passione. Quello che mi respinge è l’evidente autoconsapevolezza di un regista (per essere chiari: quelli che se la tirano e, sullo schermo, si vede).Il primo criterio secondo il quale scelgo un titolo è il mio gusto. Poi naturalmente, via via che i titoli si accumulano, entrano in gioco anche fattori di equilibrio tra stili e temi.

 

 

Il concorso del TFF è riservato alle opere prime, seconde e - da poco - terze. Ti è mai capitato di imbatterti in registi sui cui esordi non avresti scommesso un centesimo e che poi invece con il loro lavoro sono riusciti a farti ricredere?

 

A memoria non mi viene in mente niente. È risaputo (ma è anche abbastanza vero) che di solito nell’opera prima un giovane regista si gioca le carte migliori (a meno che non cada nel difetto di voler dire tutto, troppo e subito). E che la seconda, di solito, è la più rischiosa. Ma se la stoffa c’è, all’opera prima si vede.

 

 

Era inevitabile che in molti tra i nostri utenti facessero anche riferimento al cinema italiano visto anche che in concorso da voi c'è un solo film italiano  ("Henry" di Alessandro Piva): in che rapporti si pone il TFF con il cinema italiano? Quali i criteri di scelta per i "nostri" film? E quale il tuo giudizio sullo stato del nostro cinema?

 

Ottimi rapporti: in concorso c’è un film italiano (ma non dimentichiamo che i nostri film in concorso sono solo 16, perciò uno non è poco), ma ci sono molti altri titoli nelle altre sezioni. Un concorso specifico per documentari italiani e uno per cortometraggi. Poi ci sono RCL - Ridotte Capacità lavorative, Napoli 24 e Il pezzo mancante in Festa mobile; Butterfly di Tonino De Bernardi e l’omaggio completo a Massimo Bacigalupo in Onde. Il criterio di scelta per i film italiani è identico a quello degli altri film: ci piace, non ci piace. Lo stato del nostro cinema? È un discorso lungo, parliamone in un momento in cui sono un po’ meno incasinata...

 

 

Un altro tema su cui in molti si sono trovati a convergere è la "proliferazione dei festival": forse più che un dato reale una sensazione dovuta all'arrivo del Festival romano. Che tra l'altro proprio quest'anno ha provato a invadere il vostro campo, cercando di puntare sui giovani. C'è una rivalità tra Roma e Torino? Credi che esista davvero una proliferazione e, se sì, pensi che possa in qualche modo portare a un abbassamento della qualità dei film che potete proporre?

 

Il nostro programma di quest’anno dimostra che non c’è stato proprio nessun abbassamento di qualità. Anzi, se mai abbiamo migliorato (e abbiamo avuto anche fortuna).Roma, più che altro, mi sembra si metta in gara con Venezia, per contenderle star, tappeti rossi, film in uscita. Con noi, la gara sarebbe davvero impari: Roma ha 13 milioni e mezzo di euro, Torino 2 milioni (posto che non ci taglino ancora, com’è possibile). Cos’è, Golia contro Davide?

 

 

Veniamo ora a una questione scottante: un tema dolente che ovviamente in molti sottolineano. Gran parte dei film che passano dai festival non arrivano poi nelle sale. Che cosa pensi che si possa fare, dalla tua prospettiva, per dare più visibilità a questo cinema che transita solo nei Festival?

 

Ormai da anni, in Italia i festival, certi tipi di festival, sono diventati l’unica possibilità per il pubblico più vivo, curioso e giovane, di vedere un certo tipo di cinema. E non quello particolarmente difficile o di nicchia. Io parlo in continuazione con i distributori internazionali, che considerano il mercato italiano il più anomalo e difficile del mondo occidentale. Non ci capiscono niente nemmeno loro. Un film che era a Torino nel 2009, e che ha vinto il premio per i migliori attori, era Get Low, con Robert Duvall e Bill Murray; un film da pubblico, magari non da cineplex, ma da pubblico. È stato venduto ovunque, tranne che in Italia. Che fare? Non lo so, non ho le idee chiare. Anche questo meriterebbe più tempo e più spazio...

 

 

Passiamo allora questioni più "specifiche". Nella sezione "Onde", verrà proiettato L.A. Zombie, dopo le scandalose polemiche di Locarno. Perché un film nato dal sottobosco della pornografia queer (film e attore principale vengono dall'hard gay) finisce ad un festival? Voglia di sdoganare un genere o semplicemente facile ricerca delle pagine dei giornali attraverso il film-scandalo?

 

Questo tipo di scandalo, a qualsiasi festival, è meglio non averlo. Bruce LaBruce è un autore di genere, come tanti altri. Magari L.A. Zombie non è il suo film migliore, ma certamente è un film d’autore. A Toronto non ha provocato nessuno scandalo. Ribaltiamo un po’ l’assunto: sono i festival che cercano lo scandalo, o sono le pagine dei giornali a esserne affamate? Nel suo piccolo, per il cinema accade quello che accade per tutti gli altri argomenti: perché i nostri giornali (come la tv) sono pieni solo di storie private dei politici o di delitti e orrori? (Per inciso, Torino ha invitato il film di LaBruce prima di Locarno).

 

 

Il TFF presenterà poi in anteprima almeno 4 titoli molto attesi: Hereafter di Eastwood, 127 Hours di Boyle, The Ward di Carpenter e Burlesque di Antin: li hai già visti? Se sì, cosa ne pensi? E poi: sono stati scelti per vostra volontà o "imposti" dalle major che li distribuiranno?

 

Certo che li ho visti, e sono assolutamente a favore di tutti e quattro, ovviamente nei loro contesti specifici.Hereafter è un film di Eastwood, conteso da tutti i festival (checché ne dicano). Non badate a certe recensioni americane: è spiazzante, perché ha una sceneggiatura che è poco “eastwoodiana”, ma poi tutto conduce in una direzione ben precisa e armonica (non vi dico quale per non rivelarvi il finale). Rientra nel filone “romantico” di Eastwood, alla Ponti di Madison County.127 Hours: Danny Boyle, con stile à la Trainspotting, anche se il protagonista è immobilizzato. Una bella botta visiva e musicale.The Ward: come ha detto Carpenter, “Un horror della vecchia scuola, fatto da un regista della vecchia guardia” Claustrofobico, comunque ti tiene incollato per 90 minuti.Burlesque: un musical divertente. Anche al popolo dei festival ogni tanto un po’ di relax fa bene.Tutti assolutamente scelti per nostra volontà. Addirittura, ci siamo battuti per averli, e le majors che li distribuiranno ci hanno fatto un grande favore a darceli. Senza chiedere nulla in cambio.

 

 

La retrospettiva completa dedicata a John Huston è uno dei fiori all'occhiello del festival: quale la modernità di questo gigante della settima arte e in che ottica proporlo alle nuove generazioni di spettatori?

 

Discorso lunghissimo da fare, che riassumo in poche parole.Houston ha inventato il noir nel 1941 (Il mistero del falco), lo ha di nuovo portato nella contemporaneità nel 1950 (Giungla d’asfalto, modello di Kubrick per Rapina a mano armata), nel 1970 ha fatto uno dei thriller noir politici più duri e amari del decennio (Lettera al Kremlino) e nel 1985 ha fatto il film definitivo sul “mito” della famiglia mafiosa (L’onore dei Prizzi, che non concede nulla, appunto, al mito romantico). Lo stesso ha fatto con altri generi, come l’avventura e il film di guerra. In più, ha avuto una straordinaria seconda giovinezza a partire dagli anni '70, quando ha agganciato in pieno lo spirito del “nuovo cinema americano” e ha fatto film sulla fine dell’American Dream che parevano fatti da un trentenne (Città amara, La saggezza nel sangue, L’uomo dai 7 capestri, ecc.). Ha veramente ricominciato a inventare il suo linguaggio con grande libertà e inventiva.Credo che gli spettatori giovani potrebbero essere attratti sia dai film degli anni '40 e '50, con Bogart o Mitchum o Clift, sia da quelli anni '70 e '80: era un signore che raccontava storie, che appassionano ma che hanno anche evidenti legami con la vita.

 

 

In ultimo una domanda che è anche un po' una provocazione (o una proposta...). Non sarebbe un bel colpo per le case di produzione avere la possibilità di raggiungere audience più vaste grazie alla rete, magari consentendo per un periodo la visione in streaming (anche a pagamento) di alcuni dei film presenti nei festival? E non sarebbe un gran colpo di immagine per il festival avere la sua estensione online? Pensi che una simile proposta troverebbe ostacoli? E  da parte di chi?

 

Anche su questo, bisogna ragionare con un po’ più di tempo di quello che ho io in questo momento. Ma è chiaro che è l’intero sistema di distribuzione ed esercizio che andrà necessariamente ripensato, nel giro di pochissimi anni.

 

Ti è stato utile questo post? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati