Ho pensato diverse volte a queste immagini. Collimano con quanto la cronaca ci sta presentando in questi giorni: al largo dell'Isola del Giglio è morta per sempre la Costa Concordia. È naufragata nell'anno del centenario dell'affondamento del Titanic (che, con una tempistica ironica, tornerà presto sugli schermi con il capolavoro di James Cameron, riversato in 3D), addossare colpe e responsabilità non spetta a noi.
Mi sono soffermato spesso a pensare al giubilo e al flusso di turisti che la Concordia garantiva alla mia città, quando al martedì si fermava al porto di Palermo. Come una gran signora altezzosa, guardava dall'alto in basso i traghetti passeggeri, i mercantili e la rivale MSC, che al cospetto sembrava annullarsi. Arrivavano entrambe al martedì ma non c'era paragone: la Concordia, tutta bianca come Moby Dick, la si vedeva da ogni parte della costa. Nell'approcciarsi al molo, non faceva inchini... anzi, sembrava non volersi nemmeno confondersi con il posto, se ne stava solitaria a dispetto della moltitudine di anime che trasportava e che capitava di incrociare di fronte al Teatro Massimo a scattar fotografie o tra i vicoli della Vucciria, alla ricerca di scorci guttusiani.
E penso a quelle anime che si sono addormentate perché squarciate da quello scoglio. Penso a cosa potevano custodire dentro, ai segreti che proteggevano, ai pensieri della loro mente, alle vite che avevano lasciato sulla terraferma...
Penso pure a Jean-Luc Godard che, nel 2010, proprio sulla Concordia gira uno dei suoi ultimi canti del cigno, quel Socialisme che nelle nostre sale non è mai arrivato... E, nel pensarci, sorrido nel dirmi stupidamente che la Concordia, a differenza del Titanic, è stata più fortunata: vivrà per sempre sullo schermo, ad eterna memoria, senza bisogno di ricostruzioni sceniche...
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