Per l’artista, vivere nel mondo significa quasi sempre vivere contro di esso. Ciò significa metterne a nudo i difetti, i mali che affliggono la vita pubblica e quella privata: la storia che si svolge negli spazi aperti, alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti, ma anche quella che si nasconde tra le quattro pareti domestiche, nei segreti luoghi in cui l’autorità si esercita in maniera subdola, nascondendo il suo volto impresentabile. Pieter Brueguel il Vecchio (1525 ca. - 1569) dipinge l’Andata al Calvario, per denunciare la persecuzioni religiose operate, nelle sue Fiandre, dai dominatori spagnoli. Il muralista messicano David Alfaro Siqueiros (1896 - 1974) realizza, nella cantina di una villa borghese, il suo Ejercicio Plástico, un affresco dal carattere primitivo, sensuale, a tutto tondo, e privo di qualsiasi tipo di reticenza. Entrambi questi capolavori attualizzano un passato primordiale, eternando, in forma grafica e teatrale, un inestinguibile peccato originale: l’uccisione del figlio di Dio, e il rifiuto della propria natura umana. Intolleranza religiosa ed ipocrisia sociale sono mali antichi, che si sposano da sempre col potere. Sono due diverse espressioni dello stesso odio per la verità, che è acerrima nemica di chi ha bisogno di avere sempre ragione. Sono delitti contro la libera coscienza e la capacità di conoscere, le uniche autentiche prerogative che distinguono la nostra specie dal resto del Creato; e talmente vergognosi da indurre a distogliere lo sguardo da chi ne è vittima e da chi se ne rende responsabile. Gesù, con la sua croce, è il cuore del dipinto di Bruegel, eppure è difficile vederlo, in mezzo a quella grande quantità di persone indaffarate, che lo circondano restando impegnate nelle loro rispettive faccende. La seduzione carnale, così esplicitamente raffigurata da Siqueiros, è destinata a restare chiusa in un locale sotterraneo, riservato a pochi intimi, e, dopo la morte di questi ultimi, a cadere nell’oblio, fatta a pezzi e sepolta tra un cumulo di oggetti considerati senza più valore. L’incomprensione, per chi fa sembiante di non capire, non è un limite, bensì un pretesto, che allontana l’ombra della colpa. Lo scandalo è tale perché è rivelatore. Nel film The Mill and the Cross, il pudore è sfidato, nella pittura di Bruegel, dal ritratto di una realtà deformata da un’ottusa immobilità, in cui la prospettiva è piatta come la mente che manca di profondità, ed i suoni sono disarticolati come pensieri rimasti allo stato brado. In El Mural, la provocazione passa, in maniera simile, attraverso la visualizzazione del lato istintuale dell’uomo, che, in questo caso, allude per contrappasso alla parte veramente oscena del comportamento individuale, che è la pretesa di perfezione, la disonestà intellettuale improntata alla ricerca del consenso e al culto dell’immagine. Il paesaggio di Bruegel è affollato di gente di ogni tipo, come lo è la lussuosa residenza del giornalista Natalio Botana, un giornalista di successo improvvisatosi mecenate di Siqueiros. L’umanità, apparentemente, vivacizza e nobilita il panorama con la sua varietà di caratteri, idee, attività. Eppure, in mezzo alla pista di quel circo equestre, dove il caos confonde la vista, si consuma l’orrore, ed il chiasso della popolarità ne sovrasta gli atroci lamenti. In entrambe le storie, c’è un innocente che muore: nella prima è un personaggio famoso, acclamato come un re e un salvatore e poi condannato come il più miserabile dei criminali, nella seconda è, invece, un giovane ancora sconosciuto, la cui vita viene tragicamente stroncata prima che possa davvero iniziare. Nessuno, in nessuna condizione, è risparmiato dalla quella immane ingiustizia che è l’assenza di coraggio di fronte all’amara, eppure grandiosa complessità dell’esistenza umana.
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