Ambiziosissimo film di Clint Eastwood, scritto dal Premio Oscar (Milk), che tenta di costruire un ritratto pubblico e privato di una delle figure più controverse della storia americana, ovvero il fondatore del moderno FBI: c’è decisamente troppo materiale su cui lavorare, troppa storia americana in ballo e una vita privata sconosciuta sulla quale non si può sorvolare. Eastwood vuole però provare a raccontare tutto perché si serve di Hoover per darci un’importante lezione: nessun successo, ricchezza o fama potrà mai sostuire l’amore. Hoover cercava in pubblico una sicurezza e un successo che nel privato non poteva conoscere perché ha sempre rinnegato se stesso. Ed è proprio la parte del film dedicata alla sfera privata del protagonista che coinvolge e lascia il segno e non quella eroica al lavoro: le sue imprese al Bureau, tutte le catture e i successi si susseguono velocemente e confusamente sullo schermo senza impressionare più di tanto lo spettatore. Mentre al contrario lascia il segno la timida ma risoluta Naomi Watts- Miss Gandy che lo rifiuta, la crudele e possessiva madre di Judi Dench che lo ama solo alle sue condizioni e soprattutto il Tolson di Armie Hammer che lo ama incondizionatamente per 45 lunghi anni: la scena del bacio con sfuriata e poi quelle senili con i due uomini che fanno colazione o che guardano alla Tv Marthin Luther King che accetta il Nobel dipingono una delle storie d’amore più emozionanti viste al cinema negli ultimi anni. Una storia d’amore struggente e crudele, che riscatta il film e gli fa perdonare le eccessive lungaggini, i make up grotteschi e scelte narrative e registiche discutibile.
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