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Da molti anni uno dei miei gruppi rock preferiti sono i Joy Division. Immaginatevi lo stupore e la gioia quando ho scoperto che sarebbe stato girato un film, Control, sulla loro storia: i JD sono la classica cult band adorata da pochi e sconosciuta ai più, malgrado la loro fondamentale importanza per l'evoluzione stilistica della musica rock. A ciò aggiungete che il film sarebbe stato il debutto nel lungometraggio per Anton Corbijn, storico fotografo, autore di copertine e di videoclip e che il protagonista prescelto, Sam Riley, ho scoperto, leggendo le prime indiscrezioni sul film, essere nato l'8 gennaio come me (di molti anni dopo... ma sicuramente non l'ha fatto apposta). Ma il film in Italia non arrivava. Si diceva che non interessasse (e un po' me l'aspettavo) cercavo recensioni e trovavo solo quelle straniere, peraltro negative (per es. quella di Simon Reynolds, il guru della critica musicale inglese). Mi capitò di andare a Cannes alla Quinzane e vederne solo un fotogramma in una clip di apertura mi emozionò fortemente ( come ho fatto a riconoscerlo? Semplice, Riley è veramente identico a Ian Curtis, cantante dei JD). Poi fu distribuito in Italia, girando poco. Nella mia città non è arrivato, d'altronde interessava solo a me e quando l'hanno dato a Savona non sono potuto andare. L'unica copia in edicola è stata venduta alle 7 del mattino... poi molti amici ne avevano una copia, potevo farmela prestare e a quel punto mi sono accorto che avevo paura di vederlo. Paura di rimanere deluso dopo tanta attesa. Finchè l'ho visto: mi è piaciuto molto, sembra un film nouvelle vague (è in un bellissimo bianco e nero) e la somiglianza coi personaggi reali impressionante. Però... c'è un però. Reynolds aveva ragione: se il film lo guarda chi non conosce già il gruppo non capisce cosa significa veramente la sua musica, qual'era l'ambiente in cui è nata. Dirò di più: se lo vede per esempio, mia madre appassionata di cinema ma come cultura rock ferma a David Bowie potrebbe persino pensare che sia una storia di fantasia. Se l'avete visto ditemi cosa ne pensate. Ci sarebbe poi la storia di come ho scoperto i Joy Division , e anche questa sarebbe un bel film. Se volete ve la racconto...

 

 

Una mattina l’oroscopo mi dice: passerete la giornata con persone fuori dal comune, artisti, anarchici, astronauti. Realizzo le prime 2 andando a sentir provare i miei amici Savage Circle. Li trovo una rivista che non avevo mai letto “Rockerilla”, con la playlist dei dischi dell’anno. Al primo posto un gruppo di cui mi sembrava vagamente di aver sentito parlare, i Joy Division. Mi viene una grandissima curiosità di sentirli. Ora avviene un fatto che ha dell’incredibile. Quando torno a casa vedo sullo scaffale un disco nuovo: Joy Division – Closer. Mi chiedo se sia una magia…. Metto immediatamente il disco sul piatto e… non mi piace! Il giorno dopo penso: se l’hanno fatto disco dell’anno un motivo ci sarà, e decido di risentirlo partendo dal lato B (all’ epoca ce l’avevano i dischi e non le miss….). stavolta mi piace molto. Non so dire se diventano il mio gruppo preferito, anche perché penso che quelli che hanno un gruppo o scrittore preferito siano quelli che frequentano esclusivamente quello, ma con loro sviluppo un legame particolare. Ricordo che quando racconto il fatto all’amico e fan Luigi mi dice che tutti i fan dei JD che conosce hanno avuto un incontro strano e mi racconta un aneddoto complicatissimo che non comprendo del tutto. (dimenticavo la spiegazione del mistero: mio zio Pupi aveva voglia di sentire un disco di musica elettronica. Nel negozio di dischi nel reparto elettronica ha visto questo e gli è piaciuta la copertina. Il disco peraltro era nello scaffale sbagliato… la realtà spesso è più incredibile della fantasia!). La comune passione per la new wave e i JD in particolare faceva nascere amicizie, e amori. Ragazze e ragazzi si guardavano diversamente quando scoprivano la presenza dei JD negli scaffali. Dopo molti anni l’amico Giorgio mi invita a vistare il suo blog. Devo iscrivermi e scegliere un nickname. Scelgo il nomignolo che mi ha affibbiato Carlo in prima liceo. È già in uso mi dice, devo modificarlo. Io mi iscrivevo per commentare un post sui JD. Mi viene spontaneo aggiungere il cognome dell’angelo Ian. Mentre scrivo penso che sarebbe stato interessante conoscere anche degli astronauti. Ma è una bella storia anche così.

 

 

(in effetti la musica dei JD sembra fatta apposta per spaventare l’ascoltatore. I suoni sono aspri e catacombali. Un basso profondissimo si staglia su tutto, la batteria è frenetica e robotica, a volte tribale, la chitarra è sporca e tagliente, piena di effetti. A volte si aggiunge una tastiera a basso costo, fredda e persino un po’ scordata. E poi la voce di Ian Curtis, baritonale e spesso alterata elettronicamente. Il primo nucleo dei JD si forma quando a Manchester Bernard Sumner (in arte Albrecht) e Peter Hook fanno amicizia ad un concerto di Iggy Pop. Cambiano vari batteristi, Stephen Morris sarà quello definitivo. Fanno salti di gioia quando all’annuncio per un cantante risponde Ian Curtis. Ian è il simpatico della scuola, l’amico di tutti, l’organizzatore di eventi strampalati. Dicono che fin da bambino avesse 3 cassetti con scritto sopra: Poesie, Canzoni e Racconti. Erano vuoti, ma non per molto. Inizialmente il gruppo si chiama Stiff Kittens, poi Warsaw Pact, solo Warsaw (scartati per omonimia) infine Joy Division, trovato in un libro sui lager. Erano le baracche dove le donne erano costrette a prostituirsi. Si è molto discusso sulle molte citazioni del nazismo fatte dai JD. Probabilmente erano solo una provocazione ingenua, il mondo del rock indipendente era molto filomarxista e non li avrebbe altrimenti accettati.

Sin dai primi singoli i JD hanno un discreto seguito, soprattutto sugli altri musicisti. Ian però mantiene il lavoro all’ufficio di collocamento, a soli 18 anni aveva sposato Deborah e avuto una figlia, Natalie. Si ammala di epilessia e questa, forse anche perché curata male, evolve in una gravissima depressione. La goccia che fa traboccare il vaso è il fatto che Ian, ormai una rockstar, ha moltissime avventure con le fan. Con una di queste, la giornalista belga Annicke, la cosa diventa seria. Deborah chiede il divorzio. Nel maggio 1980 Ian non sopporta più il peso dell’esistenza e si suicida, a soli 22 anni. La band era pronta per pubblicare il 2° album, “Closer”, un capolavoro assoluto e stava per iniziare una tournè americana già sold-out in prevendita).

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