È l’ultimo film di Thomas Vinterberg, già regista e sceneggiatore di Festen (1998) e collaboratore di Lars von Trier. È tratto dall’omonimo romanzo del giovane scrittore danese Jonas T. Bengtsson, la cui traduzione in italiano è uscita il 21 ottobre scorso presso la casa editrice Marsilio.
Il film, invece, che è stato in concorso all’ultimo Festival di Berlino, e ha poi toccato, in varie tappe, molti Paesi europei, fino all’approdo negli USA lo scorso 5 novembre, dalle nostre parti non è mai passato, né si prevede quando ciò avverrà.
Nel frattempo ha vinto il Nordic Council Film Prize (il massimo riconoscimento per il cinema nordico, andato, nel 2009, ad Antichrist) ed il suo protagonista maschile, Jacob Cedergren, ha ottenuto una nomination come migliore attore agli Europa Film Awards 2010, che si terranno a dicembre a Tallinn, Estonia. Neanche in patria, per altro, l’opera ha avuto la giusta accoglienza, dato che dalla data di uscita nelle sale (il 25 marzo di quest’anno) fino ad oggi, in Danimarca è stato visto da soli 46.000 spettatori. Realizzato senza il contributo del Danske Filminstitut, su un budget modesto, e con un cast composto per metà da debuttanti, il film ha tutta la ruvida spontaneità delle opere estranee all’accademia, in cui gli interpreti, immuni da manierismi stilistici, si impegnano, ingenuamente, ad aderire alla realtà, a sembrare naturali, ad immedesimarsi nelle situazioni senza calcare la mano. Benché questa scelta sia stata imposta dal principale soggetto finanziatore, il canale televisivo danese TV2, il regista ha dichiarato di averla gradita: “l'idea mi è piaciuta. Ho trovato che fosse un'ottima occasione: la foga, la devozione e il cuore che mettono nel lavoro le persone all'inizio delle loro carriere si sono rivelate incredibili. Questa atmosfera mi mancava dal mio film di fine studi alla Scuola di cinema danese, prima dei tempi di Dogma. L'ho apprezzato molto.”
Il resto dell’intervista, raccolta da Annika Pham, sul sito di Cineuropa.
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