A volte la vita ti marca a uomo. E far parte di questo gioco senza regole significa trovarsi all’estremità della solitudine, occupando uno dei ruoli antipodali che spettano, rispettivamente, al cacciatore e alla preda. Entrambi cercano l’invisibilità e il silenzio; ed entrambi finiscono per rinunciare alla propria identità, per eliminare, coi dati anagrafici e le fattezze fisiche, anche le ultime tracce che possano renderli individuabili. In Crepuscule c’è una ragazza olandese, inserviente presso una pompa di benzina, che, per sottrarsi alla minaccia di uno stalker, ha oscurato le finestre del suo appartamento ed esce di casa solo dopo essersi travestita: indossando una parrucca scura sopra i suoi capelli biondi, oppure portando uno paio di baffi finti dipinti sul viso. In Walking Too Fast c’è un maturo uomo ceco, ufficiale dei servizi segreti, che agisce costantemente in incognito, soprattutto nei propri confronti, fingendo di compiere una missione politica mentre il suo vero scopo è avvicinare una donna di cui si è invaghito. La ragazza di Amsterdam non ha nome, il poliziotto di Praga si chiama Antonin Rusnak, però, per il fatidico appuntamento, si nasconde dietro lo pseudonimo di Robert Krahulik. Per il mondo esterno non possono essere quello che sono, e questo li rende parzialmente irriconoscibili anche a loro stessi. In essi si apre una voragine, che separa due lati inconciliabili della loro personalità, e nella quale finiscono per cadere: lei in maniera spirituale, evadendo in sogni artistici, lui a livello fisico, diventando soggetto ad attacchi di asma nervosa. La necessità del sotterfugio e del camuffamento innesca una sorta di schizofrenia, che può essere creativa, come nel primo caso, oppure, al contrario, distruttiva, come nel secondo. La ragazza riempie lo spazio della propria stanza di immagine fantastiche, di passi di danza, di melodie suonate al piano, mentre l’uomo, dopo aver cacciato la moglie dal tetto coniugale, devasta la propria stessa casa. L’amore malato instilla nell’anima il germe dell’alienazione; l’isolamento spinge ad esasperare le emozioni, chiudendole dentro un circolo vizioso, in cui non possono che dirigersi contro lo stesso soggetto che le ha originate: nascono così le allucinate punte di narcisismo dell’innominata ragazza, e gli eccessi di odio che l’uomo indirizza, alla fine, contro la sua stessa vita. L’ossessione, vissuta in forma attiva o passiva, incapsula l’esistenza in una realtà angusta e monotematica, nella quale si è costretti a rapportarsi ad un solo altro, fino a perdere il controllo sul proprio io. La ragazza, dentro le pareti domestiche, si abbandona ad una proiezione di sé immaginaria ed idealizzata, mentre l’uomo esercita la violenza e la coercizione, implicite nel suo ruolo istituzionale, con un trasporto istintuale che oscura completamente la ragione. A circondare i due personaggi è un universo che per loro si è fatto deserto, inadeguato a soddisfare le loro aspirazioni impossibili, in quanto assolute: cancellare il nemico dalla faccia della terra oppure entrare in esclusivo possesso della donna desiderata. Quando arrivano a toccare con mano il loro traguardo, tutto il resto si azzera: e dentro di loro rimane solo lo sconcerto per la definitiva infelicità che quell’evento ha provocato. Di fronte all’obiettivo raggiunto, entrambi hanno, infatti, dovuto soccombere, per la paura di trovarsi davanti a qualcosa di inaspettatamente enorme e incomprensibilmente tragico. Ciò che incontrano, alla fine del cammino, è precisamente il risucchio di quella loro voragine interiore, a cui, questa volta, sono troppo deboli e stanchi per poter resistere. Intorno a loro c’è l’acqua di un fiume, e sullo sfondo si estende la penombra della sera, nell’ultima scena della loro storia. Si avverte, potente, il senso del tramonto, che è un tonfo individuale nella vastità del nulla: un ritorno all’indeterminatezza, a quella sostanza uniforme in cui tutto si mescola ed eternamente scorre e in cui, finalmente, si può, per l’eternità, essere niente e nessuno.
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