Succede spesso di pretendere di interpretare ciò che gli altri fanno o scrivono, applicando rigorosamente il nostro personale metro di giudizio, attribuendo cioè a loro (mal)intenzioni che non corrispondono assolutamente al vero, e che magari riflettono semplicemente il senso dei nostri “cattivi pensieri” (ci proiettiamo dentro insomma, qualcosa che “ci riguarda direttamente” e che siamo portati ad immaginare che sia patrimonio “comune” e condiviso).
Di tale discutibile atteggiamento, ne fu vittima proprio Luis Buñuel nei primi anni ’60 quando un gruppo di “esimi” critici un po’ troppo buontemponi (fra i quali Raymonde Borde, Marcel Oms. J.L. Gourg e Francisco Aranda) decise di pubblicare un foglietto, redatto in francese, che raccoglieva fatti, parole e scherzi attribuiti al Buñuel degli anni ’30 (quelli per intenderci del periodo surrealista) utilizzati però impropriamente e al di là delle “intenzioni” effettive del suo autore, e soprattutto conditi con abbondanti dosi di fantasia “apocrifa” propria dei “curatori”. Magari l’intento era quello di esaltarne il “mito”, ma il risultato “interpretativo” che venne dato a quelle parole, fu abbastanza disastroso e controproducente, poiché in virtù soprattutto delle loro azzardate e un po’ truculente invenzioni, finirono per rappresentare il regista come un uomo sadico, sacrilego e diabolico, fornendo così al lettore più sprovveduto, una “scorretta” versione un po’ grandguignolesca della sua vita privata, che secondo quella “impropria”, personalissima ricostruzione, sembrava fosse stata tutta costellata dal gusto perverso del sacrilegio, della bestemmia e della violenza.
Buñuel certo ci rimase male, ma non alzò la voce né si scompose, però: prese atto delle imprecisioni e replicò raccontando la sua verità per rimettere le cose a posto, ma sempre con il tono pacato della civiltà, dettando il suo diario personale e le sue considerazioni al riguardo (che è poi quello che segue) ai solerti redattori di Nuestro Cine che ne curarono la pubblicazione:
Tutto ciò che si riferisce a certi fatti che mi vengono attribuiti, come sacrilegi e profanazioni varie consumate nella mia vita privata, è del tutto falso. Sono bugie stupide e volgari, e considero il foglietto come una autentica, anche se involontaria provocazione.
La relazione tra la mai vita privata e la mia opera filmica si pone al livello dei principi. Spesso ho avuto modo di dire il mio pensiero su questo particolare aspetto del mio lavoro, soprattutto in riferimento ai miei film surrealisti. Se il movimento surrealista fu rivoluzionario, fu perché si appoggiava ad una ideologia che apparve esattamente nel momento storico in cui si affermava il nuovo genere espressivo. Nel mio atteggiamento privato non ho mai rinunciato ai principi di ribellione al conformismo e di appoggio aperto a tutto ciò che si riferisce alla difesa della libertà.
Insisto nel dire che tutta la mia “attività” è su un piano cerebrale. I miei scherzi, le mie “boutades”, le mie feroci ironie non devono essere prese sul serio, ovviamente, e tanto meno devono essere interpretate come “attività fisica”. Molte volte in quei tempi eroici della nostra virile gioventù, abbiamo parlato di uccidere certi uomini perniciosi, autentici sabotatori della cultura e della libertà: ci limitavamo a parlarne, a discuterne tra di noi animatamente…. Niente di più. La nostra devozione al marchese de Sade, tra i surrealisti, fu sempre di carattere intellettuale. Ci entusiasmava il suo irriducibile spirito di libertà, la sua ribellione davanti ad ogni tipo di oppressione. Questo suo amore alla libertà, non si limitò e non si chiuse però in una mera formula di principi, poiché pagò di persona passando gran parte della sua vita in prigione: sotto la Monarchia, sotto la Repubblica e sotto l’Impero.
Egli, che nelle parole adombrava l’incitamento al crimine e agli atti più atroci, nei fatti non fu capace di mandare una sola persona al patibolo quando ne ebbe la possibilità sotto la Repubblica. Venne anzi considerato debole e traditore e la Rivoluzione lo mise di nuovo in carcere.
Mentre tutta la sua opera è un grido che esige la libertà, i suoi costumi e la sua vita furono alla pari della gente del suo grado sociale. Tutta la sua vita e la sua opera furono una provocazione all’ordine costituito.
Noi surrealisti, non fummo sadici, intendiamoci bene, ma “sadianos”. Per noi rappresentava lo spirito più libero e più anticonformista della sua epoca e di molti decenni dopo.
E’ una menzogna attribuirmi fatti sacrileghi o addirittura demoniaci.
Con il gruppo di amici surrealisti organizzavamo degli incontri cosiddetti “scandalosi” per provocare le menti e gli spiriti conformisti e spaventare la gente prona alle tradizioni e al vivere farisaico delle cose stabilite. In quel tempo lo scandalo era un’arma utile, Il film L’age d’or l’ho fatto con il proposito di scandalizzare, ed era come un manifesto condiviso da tutto il nostro gruppo. Oggi, alcune di quelle cose sarebbero grottesche e ridicole perché non hanno più ragione di essere. Si può oggi immaginarsi un signore che corre per le strade, da solo, agitando una bandierina al grido “viva la III internazionale”? – Lo diremmo pazzo.
Quelli che ancora sostengono che io sono di spirito malvagio, dovrebbero solo aggiungere per completare il quadro che io celebro “messe nere” nel segreto della mia casa per dilettare gli amici. Questo sarebbe il sintomo infallibile dell’imbecillità. Attribuirmi simili atteggiamenti e fatti equivale a presentarmi come un deficiente mentale.
Io non credo nello scandalo ideologico: l’ho già detto, fu utile in passato.
Ricordo che Bretòn mi diceva: “amico mio, ai giorni nostri non si può più scandalizzare nessuno”. Aveva ragione. Come si fa a creare degli scandali oggi, dopo il “genocidio” nazista e quello ancora più feroce delle bombe atomiche su Hiroshima? Credo che adesso l’uso dello scandalo divenga controproducente. L’age d’or che fu a suo tempo un film di lotta e di violento scuotimento delle coscienze tranquille, oggi può ritenersi un’opera “pacifica”; venne applaudito persino dal pubblico di New York al Lincoln Center. E a Londra, dove venne presentato per dodici giorni di seguito, nessuno protestò: solo un’anziana signora mi scrisse una lettera dicendomi che il mio film era “shocking”.
No, io non ho mai rinunciato, né mai rinuncerò ai miei principi. Però ritengo che si debba cambiare armi e modi, anche se si continua a perseguire gli stessi scopi. Quello che io voglio con i miei film è di inquietare, di suscitare la ribellione al conformismo e alle regole stabilite, di spaventare la gente che crede di vivere nel migliore dei mondi e nella migliore delle società. Questo non significa certo che io nella mia vita privata sia l’incarnazione di un’ideologia sovversiva, o che io mi esalti con azioni sacrileghe o con attività rivoluzionarie: solo gli sciocchi possono pensarlo.
Effettivamente qualcuno dei giovani autori del foglietto incriminato ha contraffatto grossolanamente certi aneddoti di ribellione, proprio della nostra gioventù, nati nel gruppo formato da me, Garçia Lorca, Salvator Dalì, Pepin Bello, Albert.- Alcuni di questi scherzi, che al limite forse potevano scandalizzare quelli che solitamente vengono chiamati “i benpensanti”, sono stati convertiti in “fatti reali, in fatti fisici”. Io chiedo a quei signori giovanetti che se vogliono scandalizzare le “monjitas” o gli adepti ai loro Cineclub, raccontino i fatti della loro vita privata, e lascino me seguire la mia vita, che è assolutamente semplice e senza alcun rilievo….
(Luis Buñuel)
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