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Squadra Antimafia - Palermo oggi 4: cronaca marziana di una giornata sul set
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La mattina di martedì 16 novembre comincia ancora prima del solito. Sveglia alle 5:30 e appuntamento alle 6:45 dall’altro lato della città: è l’ultimo giorno di riprese in città per Giulia Michelini, protagonista/antagonista della serie televisiva Squadra Antimafia 4 – Palermo oggi, e per una volta riusciamo a conoscere in anticipo dove sarà girata una delle scene clou di tutta la serie. Il luogo è in via Ammiraglio Rizzo, presso l’Odissea Games, una sala giochi a due passi da via Castellana Bandiera, diventata famosa per l’omonimo libro da cui la scrittrice/regista Emma Dante sta per trarre un film. Decidiamo (eravamo in due: io e una persona a me cara, lontana dall’universo di FilmTv) di andare per incontrare il mondo di figuranti e comparse, per capire da vicino quale tipo di magia abbia la settima arte tra i “comuni mortali”.

 

 

L’atmosfera che si respira è quella delle grandi occasioni. Il quartiere è in subbuglio, dieci persone sono state scelte per far da comparsa alla scena in cui la Michelini nei panni della mafiosa (mai) redenta Rosy Abate si addentra tra i tavoli di un biliardo per una sparatoria dalle conseguenze drammatiche (rassicuriamo i fan, non sarà lei a cadere sotto i colpi). Chi è un fan della serie, sa bene che la terza stagione si è conclusa proprio con l’arresto dell’Abate da parte del commissario Claudia Mares (Simona Cavallari) e vederla nuovamente in libertà è già la prima novità. Ci avviciniamo lentamente al set da spettatori qualsiasi, con l’unica differenza di essere muniti di registratore e piccola telecamera per provare ad “estorcere” qualche battuta alla protagonista, dato che il set a quanto pare è zona “off limits” per i giornalisti, considerati dal direttore di produzione (ah, sapere come si chiama sarebbe un gran bel passo avanti per informare la Taodue di Pietro Valsecchi – che produce la serie – della cortesia e disponibilità del tizio in questione, isterico all’inverosimile) come pericolosi nemici.

 

 

Mentre l’intera via è occupata dai camion della produzione, nei pressi della sala giochi comincia a formarsi un nutrito gruppo di curiosi, appassionati e non, attratti dalla grande magia del cinema. Nonostante si tratti di un prodotto televisivo, Squadra Antimafia si presenza dal punto di vista produttivo come una macchina infernale: numero imprecisato di operatori di ripresa e assistenti, macchina da presa a spalla e carrelli, giraffe, fotografi di scena e dialoghisti. Tutto deve essere perfetto, mai una sbavatura: la scena dell’ingresso della Michelini alla sala giochi, ad esempio, viene girata almeno una decina di volte per evitare che ci sia qualche sbavatura. Angolazioni, luci, movimenti e pause son sempre le stesse e nessuna voce di malumore serpeggia sul set. Si ha da subito l’impressione che tutto sia talmente ben oleato da non avvertire la pesantezza delle ore che passano.

 

 

Da lontano, poi, ci accorgiamo di quanto sbagliata fosse una soffiata arrivata il giorno prima. Ci avevano comunicato che una seconda unità avrebbe girato alla stazione, su un treno diretto da Palermo a Messina, con Greta Scarano, nuova entrata del cast nei panni dell’ispettrice Francesca Leoni, a occupare la scena. Ci avevano detto, per l’appunto, ma l’occhio di lince della persona a mio fianco mi informa che nel piazzale dove sostano i mezzi della produzione sono presenti tre camerini: uno con su scritto Caruso (il boss che accompagna Rosy Abate), l’altro con Rosy e un terzo che arreca sulla porta la scritta Francesca. Due piccioni con una fava, penso. Finalmente avremo l’occasione di capire quanto ci fosse di vero in quella foto circolata tempo fa… che ingenuo!

 

 

Neanche il tempo di riflettere sul da farsi che veniamo inondati dai sorrisi dei ragazzi che nel pomeriggio faranno da comparsa. È incredibile notare il fascino che continua ad avere il cinema come immagine in movimento: magari questi giovani non sanno nemmeno chi sia Akira Kurosawa o Terrence Malick ma conoscono a menadito i meccanismi di ripresa e sono affascinati dalle possibilità di successo che possono derivare anche da una singola particina. Sono figli della generazione nata con i video della televisione e con i film d’azione di Stallone o Van Damme, si vedono già come piccoli divi… idoli per loro stessi, le loro famiglie e il quartiere. Quei cinque minuti, qualora rimarranno isolati, saranno cinque minuti di gloria eterna: saranno per sempre “chiddi ca ficiru ‘u film cu’ Rosy Abate”, quelli che “ti vittimo ‘na televisione”, quelli che per un giorno hanno avuto un sogno realizzato. Sono incuriositi dal processo produttivo, dal cosa voglia dire far la comparsa, dal vestiario, dal trucco: provincialismo di quartiere ma anche ingenuità e possibilità di guadagno. 76 euro è il compenso a loro promesso, paga sindacale che per loro può rappresentare anche lo stipendio di un intero mese. A Palermo, lavoro non ce n’è e 76 euro sono “meglio di stare a casa o di andare a rubare”, “chi ‘a ffare? Ci compro i pannolini al bambino appena nato”… rompono in questo modo la noia e la monotonia di un quartiere quasi dimenticato, in un lembo della città soffocato dal fallimento della vicina Fiera del Mediterraneo e dall’utopia della Fincantieri, che ha rubato la giovinezza dei loro padri non mantenendo le promesse fatte decine e decine di anni fa.

 

 

Com’è strana la mia Palermo, penso mentre li osservo: un Giano bifronte che da un lato lotta con tutto se stesso contro lo strapotere delle forze mafiose e che dall’altro lato inneggia al personaggio mafioso di una serie tv. Non so se sia per l’appunto colpa del fascino televisivo, cinematografico o quant’altro ma è pericolosa questa attenzione: noto che tutti attorno conoscono le malefatte di Rosy Abate, un mito osannato da metà dei partecipanti… l’altra metà, per fortuna, si rammarica dell’assenza della Cavallari (a proposito, auguri: proprio lo stesso giorno, le nostre orecchie captano una telefonata con cui si informa la troupe del parto dell’attrice): “no, non c’è la Mares… io lo guardo solo per lei, è una con le palle”, sussurra una ragazza poco più che adolescente…

 

 

Nella calca, riusciamo ad avvicinare un tecnico, chiediamo cosa ne è stato del personaggio della Cavallari e citiamo l’esclusiva foto pubblicata da me poco più di un mese fa e che ha fatto il giro del web. In un primo momento, tergiversa… poi ci parla della scena di un incidente in cui… ma è un attimo, ci ripensa e si blocca, preferisce osannare la produzione di Valsecchi, sottolineandoci anche lo strabordante successo dei Soliti idioti al cinema.

 

 

Ci facciamo sfuggire la Michelini, rifugiatasi nel camerino in attesa del pomeriggio di riprese, ma notiamo la Scarano in azione. Intorno a lei pochissima gente, quasi nessuno sembra riconoscerla. Complice il nome del personaggio, in molti tentano di capire chi sia: “Ma no, è la Francesca di Centovetrine”… fuochino, direi… “si, la Scarano ha fatto una soap, signora mia… ma era Un posto al sole”, suggerisco io con quell’aria di chi non ama che si identifichi l’attrice con un personaggio. Mi verrebbe da dire che la Scarano è anche la protagonista di un film presentato al Festival di Venezia 2011 nella sezione Controcampo ma passo, so già che mi chiederebbe cos’è Controcampo e non ho voglia di dar risposte.

 

 

Finita la scena, becchiamo Greta mentre sta per salire in auto con un autista pronto ad accompagnarla chissà dove. La avviciniamo e con i suoi straordinari occhi verdi si dimostra gentilissima. Ha poco tempo a disposizione ma si presta a tre domande veloci, senza aria da diva e senza fronzoli. Ti disarma per quanto è spontanea e pronta al sorriso: non ha folla acclamante attorno a sé e soprattutto non si trincera dietro l’aria da grande diva che ti concede due battute pur di esserci. Ha l’umiltà di chi vuole crescere piano piano e la cosa colpisce anche un paio di ragazzi che, timidi ma coraggiosi, le chiedono una foto. Noi, invece, le chiediamo tre cose fondamentali: il suo personaggio nella serie, differenze di produzione tra televisione e cinema, l’uscita di Qualche nuvola di Saverio Di Biagio.

 

 

 

Andata via la Scarano, dal camerino esce per il pranzo anche Giulia Michelini. La intercettiamo scortata da un paio di persone (primo punto di demerito alla produzione: la Michelini “scortata”, la Scarano lasciata andar via come una comparsa qualsiasi), il direttore di produzione ci allontana con un secco “nein” alla richiesta di avvicinare l’attrice per due domande ma Giulia ci sorprende: “si, due domande sidai, veloce”, poche risposte non si negano a nessuno dopotutto. Un’unica ma fondamentale premessa: niente domande sulla trama, ci saremmo dovuti attenere alle solite banalità… Uhm, secondo voi, mi sarei potuto accontentare? Dico sì al momento, “poi si vedrà” penso tra me e me.

 

 

Ci permettono di avvicinarci al camper del trucco ma, attenzione, non dentro: ci si deve limitare a una mini intervista in condizioni paradossali. La Michelini si affaccia dalla finestra del camper, tra i flash dei fan raccoltisi lì davanti, le macchine fotografiche di ragazzotti che chiedevano uno scatto e noi sotto a tentar di farci sentire (pensate alla scena, modello Romeo e Giulietta: il povero Spaggy con la sua spalla fuori uso da sotto il balcone e “Rosy Abate” alla finestra). E vada anche questa… Una prima domanda di routine, una seconda che calca la mano sulla trama, una terza che mette in difficoltà prima la Michelini e poi noi (capirete in seguito perché) e una nota su Cavalli di Michele Rho e la differenza tra le produzioni d’alto profilo di Valsecchi e il cinema d’autore di Gianluca Arcopinto.

 

 

Arriva il momento in cui le riprese si spostano all’interno della sala giochi, di cui conosciamo da tempo immemore il proprietario, un carissimo amico che ci permette di entrare per assistere da una posizione non intralciante alle riprese. Tutto fila liscio, il regista studia le inquadrature, i tecnici posizionano luci e microfoni, si danno le direttive alle comparse, si palesa la Michelini e tutto è pronto per il ciak. Si inizia, con la piccola telecamera a nostra disposizione filmiamo le prove e attendiamo di mostrare la foto “compromettente” a Giulia, come promesso nel veloce botta e risposta.

 

Non siamo di impiccio a nessuno, rimaniamo silenziosi e attendiamo anche per scattare una foto degna da inserire nell’articolo che avevamo in mente di fare. Primo stop, Giulia si concede alle comparse, scatti a destra e scatti a sinistra e noi decidiamo finalmente di palesarci con la nostra richiesta. Apriti cielo! Additati subito dal direttore di produzione, veniamo avvicinati dallo stesso che da lontano comincia a inveire come un indemoniato contro il sottoscritto intimandoci di allontanarci dal set come se fossimo gli untori di manzoniana memoria: noi portatori di sana pubblicità gratuita trattati come pupazzi nelle mani di una ragazzina alle prese con il primo ciclo mestruale. Ci viene ordinato di cancellare quanto girato, ci rinfaccia di aver estorto delle interviste anche quando non si poteva e ci invita “gentilmente” a lasciare il locale perché “io so come siete voi giornalisti: non avete rispetto per la produzione e non sapete tenere la bocca chiusa. Tempo due minuti e mi ritrovo tutto su internet con voi che costruite e rovinate il nostro lavoro, mio e dell’ufficio stampa a cui dobbiamo attenerci. Non avete rispetto di fronte a nulla”. Proviamo a ribadire che per una foto non c’è bisogno di creare tanto caos, dopotutto possiamo anche reperirla via web… la risposta è intraducibile e abdichiamo alle volontà della produzione, pensavamo di essere su un set e non in un campo di battaglia… ironizziamo tra noi e ci diciamo che la “Squadra Antimafia” era altrove, noi abbiamo beccato i boss in scena… andiamo via senza aver portato a conclusione un emerito piffero, con un direttore pronto a sbraitare per l’occasione persa.

 

 

Chissà se Valsecchi sa come si muovono i suoi “collaboratori”, chissà… intanto mentre usciamo notiamo un computer connesso a internet, si scorge il logo di CineRepublic… abbiamo la risposta, salviamo i video registrati e li conserviamo per un'occasione migliore.

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