Il sassofono deve essere il miglior amico di Harry Caul. I momenti in cui accompagna una registrazione su disco, immaginandosi forse come quel componente di un gruppo jazz che avrebbe sempre sognato di essere, sono probabilmente i più sereni della sua vita, quelli in cui cerca di estraniarsi da tutto e da tutti, da un mondo che gli ha appiccicato in corpo l’insana sindrome del sospetto, e dalle voci molteplici che si rincorrono in un lavoro che gli assorbito un intera esistenza. Quello di passare momenti di serena spensieratezza è un lusso che un uomo come Harry Caul può permettersi molto raramente, perché lui è un maestro nel campo delle intercettazioni auditive e avendo vissuto una vita a spiare gli altri non può scrollarsi di dosso la sensazione di essere spiato. Harry Caul sa perfettamente cosa significa mettere a nudo una persona, penetrarne l’intimità fino a far emergere le debolezze ricercate. Lui ha trascorso un’intera vita in compagnia di suoni che dovevano essere ripuliti di ogni impurità ambientale e parole che chiedevano di essere decifrate, interpretate, per arrivare ai minimi dettagli di una voce, per rubare alla sincerità dell’animo quella segretezza emotiva che si riteneva al riparo nell’intimità di una conversazione. Harry Caul non ha mai avuto veri amici, solo collaboratori che si sono resi utili per le sue intercettazioni e l’abitudine a spiare e a conoscere solo la superficie della vita delle persone fatte motivo del suo lavoro lo ha reso istintivamente diffidente verso chiunque volesse conoscerlo meglio. Per questo la telefonata che riceve lo mette in uno stato di grande agitazione, perché più della paura che si lega al fatto di essersi ribellato a un sistema di cose che l’ha visto passivo spettatore della vita altrui, la cosa che più lo spaventa è l’aver constatato sulla propria pelle la sensazione terrificante che si ricava da un intimità violata. Il momento di svago in compagnia dell’amato sassofono si è già concluso, è ora di mettersi alla ricerca dell’occhio indagatore, una ricerca tanto disordinata quanto infruttuosa, che fa somigliare l’insana violenza di cui viene fatto oggetto l’appartamento a un monito solenne rivolto alla sua stessa coscienza. Perché Harry Caul è il paradigma di una nazione intera, quella che ha investito sulla sindrome della paura gran parte delle sue fortune planetarie. Una nazione che si sapeva invulnerabile e in un attimo ha scoperto di poter esere debole e indifesa,come qualsiasi altra.
La conversazione (Francis Ford Coppola)
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