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Oggi a Roma, Tormenti: il film disegnato, ultima opera di Furio Scarpelli
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Sono stati tanti gli eventi del Festival di Roma ma quello che si prospetta oggi alle 17 al Teatro Studio è un evento nell'evento: Tormenti - Film disegnato è a tutti gli effetti l'ultima sceneggiatura del leggendario Furio Scarpelli, autore dei disegni che compongono il lungometraggio. Non si tratta di un film d'animazione nel senso stretto del termine ma di tavole che prendono vita e costruiscono il corpus del racconto (da qui la definizione di "film disegnato", voluta proprio da Furio). A completare il lavoro di sceneggiatura hanno contribuito anche Giacomo e Filiberto Scarpelli, rispettivamente figlio e nipote di Furio. La regia del film, in sala già da oggi, è curata da Filiberto mentre i personaggi parlano con le voci di Luca Zingaretti, Valerio Mastandrea, Alba Rorhwacher, Omero Antonutti ed Elio Pandolfi.

 


Rinaldo si sentiva in colpa. Quella notte dormì di un sonno agitato e sognò il duce che gli parlava.

“Infimo, versipelle, disfattista, disfatto, cesso disumano, scucchione!”

Rinaldo ribatté timidamente: “Duce, avete ragione in tutto, ma scucchione non è un po’ troppo?”.
Mussolini rispose che meritava di peggio. Non sapeva forse che quanto non era specificatamente fascista era antifascista? “L’amore è fascista, specificatamente?” gli domandò. Rinaldo, confuso, rispose: “Sì, cioè no”.

 

1937. In una smania di grandezza imperiale, la plurisecolare architettura romana è sconvolta dalla costruzione di Fori e monoliti, da demolizioni, ristrutturazioni, slargamenti e disintasamenti, in un patriottico risuonare di marce e fanfare. In questo sconquasso di lavori in corso e azzardate speranze si aggira Eleonora Ciancarelli detta Lolli, stiratrice diciannovenne destinata di lì a poco a un incontro fatale: quello con l’avvocato Rinaldo Maria Bonci Pavonazzi, anziano viveur dalla fregola conquistatrice che per la “fanciulla del popolino” svilupperà una sciagurata passione, un’ossessione che lo condurrà fino in Spagna, tra le fila del Regio Esercito di spalla agli insorti del generale Franco. Tra i suoi avversari, volontario delle Brigate Internazionali di sostegno al governo democratico spagnolo, il giovane pugile?studente Mario, rivale dell’avvocato in amore ancor prima che in guerra: due campi che in Tormenti si incrociano e sovrappongono in un racconto irresistibile.

 


Tormenti film disegnato vuole essere una commedia di persone consuete. Persone dentro la cronaca e la scenografia degli anni Trenta.
Un’epoca che è stata prevalentemente storicizzata e solo talvolta letterariamente utilizzata. Qui la si propone come sfondo e ambito di una vicenda ironicamente realistica, cioè che possa far sorridere senza però escludere la serietà dei momenti che la ispirano. I personaggi sono persone consuete in quanto con anime, atteggiamenti, dialoghi ed espressioni marcatamente verosimili.
Diciamo con espressioni spicciole, spicciole rispetto a quelle seducenti dei personaggi di grandi fumetti di impresa. I quali costituiscono anche un’impresa alla quale il sottoscritto è del tutto inadeguato. Dunque lo scopo non è quello di far esclamare un emozionato “Uh!”.
Semmai è quello di fargli sussurrare un sommesso “ah”, privo di punto esclamativo. Un sommesso “ah” che tuttavia invita a prendere nota che, davvero, qui da noi, è esistita gente consueta che appare assolutamente inconsueta. Gente della quale domandarsi se (parapì e parapà) esiste ancora e sempre. Per pacato amore di logica si spera di no e per maliziosa simpatia si spera di sì, per poterla rappresentare, in qualche modo poi, nel teatrino delle figure e delle parole.

FURIO SCARPELLI  

 

 

Era il 1968. Avevo preso la maturità classica e mi ero appena iscritto all’Università. Per passione, o forse solo per rimediare qualche soldo, facevo fotografie. 
Il regista Angelo d’Alessandro, dopo averne viste alcune, mi propose di realizzare per la TV dei Ragazzi, una serie di filmati a suo dire innovativi e unici.
“…l’Essere umano”, esordì un giorno, “da sempre ha sempre sentito il bisogno di raccontare: prima a voce, intorno al fuoco, poi tramite la pittura, la scrittura, la musica, la fotografia. Con l’avvento della cinematografia l’immagine ha cominciato a prendere il sopravvento e l’immagine filmata, in movimento, coadiuvata dall'avvento del sonoro ne ha pian piano mortificato i contenuti”…
Angelo d’Alessandro, tendeva ad esagerare, ma lo faceva un po’ per stupire e un po’ per dare forza alle sue parole. Poi continuò sempre più compiaciuto della sua idea: "Voglio restituire alla parola il trono che le compete, utilizzando la tua capacità di cogliere immagini al volo coniugata alla tecnica cinematografica corrente: noi prendiamo una storia per ragazzi.
Rasmus e il vagabondo, va benissimo. La sceneggiamo, facendola raccontare da qualcuno, scegliamo gli attori, i posti, la giriamo, la montiamo, la sonorizziamo, la missiamo e la mandiamo in onda”…
- “Scusi”, lo interruppi rischiando moltissimo, “ma questo è un film come tutti gli altri!”
- “…hai ragione, mi ero scordato di dirti che al posto della macchina da presa è mia intenzione utilizzare una macchina fotografica. La tua”.
- “Un fotoromanzo”, esclamai scandalizzato, “vuole fare un fotoromanzo?”
- “No, nessuno resterà mai fermo o in posa. Tu seguirai le azioni e quando lo riterrai opportuno scatterai le foto. Poi le stamperemo belle grandi, e solo a quel punto io le riprenderò con la macchina da presa, con tutti i movimenti necessari”.

 

 

Queste furono le “FOTOSTORIE" e piacquero perché aveva intuito che ascoltare un buon racconto è altrettanto piacevole che leggerlo. E così, come le illustrazioni di una volta nulla toglievano al testo, altrettanto gradevoli erano le fotografie poi riprese con la macchina da presa.
Il tempo è passato. Io ho continuato a fare fotografie ma l’idea di Angelo d’Alessandro mi è restata in mente, e così una decina di anni fa l’ho recuperata e ho preso a rielaborarla realizzando per l’Università nella quale lavoro molti filmati.  
Con Silvia d’Amico abbiamo cercato di andare oltre. Abbiamo preso tre film di Luchino Visconti,
Senso, Morte a Venezia e il Gattopardo, e utilizzando esclusivamente le foto di scena ne abbiamo ricostruito le storie. Ne è venuto fuori un lungometraggio di circa sessanta minuti dal titolo Ricordando in musica, proiettato come sfondo nel corso di una serie di concerti dal vivo sulle note di Bruckner, Mahler e Rota, nei teatri dell’Opera di Bari, Nizza e Malaga.
Il grande e inaspettato successo di quest’ultimo lavoro mi ha fatto capire che forse avrei potuto far conoscere alla gente altre meraviglie sconosciute, ed ecco che – sempre con Silvia d’Amico – è nata l’idea di portare alla luce una minima parte dell’immane corredo di disegni che Furio Scarpelli, mio zio, nascondeva.

 

“Perché non sostituire i disegni alle fotografie?, mi sono chiesto. “Perché non creare una vera storia disegnata, per poi sceneggiarla, girarla, montarla, sonorizzarla, missarla?”

È spuntata così l’idea di questo film, impresa ambiziosa, ma fattibile, sempre a patto che lo zio non si fosse opposto. In quel periodo, infatti, era molto polemico con il cinema e con la pletora di cinofili, come preferiva definirli, che gli giravano intorno. Per convincerlo è stato sufficiente fargli capire che assieme avremmo potuto fare un film diverso da tutti gli altri.

"Va bene", disse ancora un po' scettico, "faremo un Film disegnato! La storia già c'è, avrebbe dovuto essere una graphic novel che ho in testa da tanto, ma nessuno ci vieta di farla contemporaneamente: Romanzo e film disegnato",  concluse finalmente compiaciuto di se stesso. Io non credo che avesse capito del tutto cosa avevo in mente ma, forse per affetto, ha aspettato con ponderata cautela di vedere di cosa stavo parlando.
Una volta visionate le numerose prove realizzate, la sua diffidenza si è trasformata in cauto entusiasmo, e un giorno inaspettatamente ha concluso laconicamente “Si può fare”, aggiungendo: “Mi raccomando, però, non un cortometraggio che celebri le tue velleità… Io sono stanco di scrivere film, stavolta voglio disegnarne uno nel quale l’intensità della storia dovrà essere esaltata dai miei disegni”. E poi sorridendo nella mia direzione, “e dalla tua bravura”.

Così abbiamo cominciato e per cinque anni abbiamo lavorato fianco a fianco. Giacomo, suo figlio, ha scritto insieme a noi la sceneggiatura, e la sua perizia, nonché la sua preparazione filosofica, ci è stata di grandissimo aiuto.
La sceneggiatura, in particolare, ci ha portato via molto tempo in quanto gravida di intenti e di idee che andavano via via precisandosi con i disegni. E si è dovuto perfezionarla continuamente a posteriori.

Ci è voluto molto tempo per portare a termine Tormenti Film disegnato, ma non lo avremmo mai potuto realizzare senza l'entusiasmo e la disponibilità di tutti coloro che vi hanno lavorato...
Peccato che lo zio non abbia potuto vedere né il suo libro né il suo ultimo non?film: il 28 aprile 2009 alle dieci in punto, mi ha chiamato: "Vedete come siete fatti", ha esordito, e poi "io sto lavorando su l'ultimo disegno, mentre voi non fate un cacchio!", poi con la sua voce dolce ma pur sempre ironica, "scherzavo, quando passi?"

"Stasera", ho risposto, "Giacomo però è a Modena, verrà domani". "Vi aspetto", ha concluso. Ma non ci ha aspettato.
FILIBERTO SCARPELLI

 

 

 

 

Tormenti, l’ultima opera di Furio Scarpelli, è un’analisi intrigante e priva di pregiudizi della “gente italica”, un ritratto del nostro Paese narrato non per eventi ma per umanità: un “alfabeto dei sentimenti” postumo a opera di un protagonista indiscusso del cinema italiano.

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