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Oggi a Roma, Case chiuse: il Festival diventa hard con il viaggio dentro ai bordelli
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20 febbraio 1958: il futuro dei maschi italiani è compromesso. Finisce l'era dello svezzamento adolescenziale e del tirar tardi dietro alle sottane delle case chiuse. La legge Merlin chiude i bordelli (legali) e comincia una nuova epoca. Ma davvero l'italico maschio ha rinunciato ai suoi sogni di piacere dopo millenni e millenni di radicate abitudini?

 

 

Per rispondere a questa e altre mille domande, Filippo Soldi ha realizzato il documentario Case chiuse, presentato oggi alle 22:30 al Teatro Studio per L'Altro Cinema. Un viaggio nella storia del nostro Paese, suggellato dalla lettura delle lettere che le ragazze che lavoravano nelle case di tolleranza alla senatrice Merlin e una riflessione sull'erotismo: non portate bambini e ragazzini, si vola fino a dentro l'Artemis di Berlino, moderno luogo di fantasie realizzate, dove prostituirsi è un lavoro come un altro, con la sola differenza di essere più redditizio!

 

 

“Case chiuse” è un viaggio attraverso il tempo nel mondo delle case di tolleranza, un'istituzione antica,  la cui ideazione risale alla notte dei tempi. Un viaggio che parte da lontano, dal lupanare di Pompei e  dal papiro erotico del Museo Egizio di Torino per arrivare alle luci soffuse dell'Artemis di Berlino – che  apre straordinariamente le sue porte alle telecamere - con le sue bibite analcoliche e la sua attenzione al  benessere, passando per i filmati d'epoca, e le testimonianze di personaggi dello spettacolo come Lina Wertmüller e Tinto Brass, della cultura come Eva Cantarella e Luciana Castellina, o come Pia Covre, portavoce del “Comitato per i diritti civili delle prostitute”.
La svolta storica è del 20 febbraio 1958 quando il Parlamento italiano approva la famosa legge Merlin e decreta così la fine dell'antica istituzione del bordello. Il dibattito è aperto: luoghi  di piacere o di sfruttamento? Di seduzione o disperazione?

In molti ricordano con nostalgia quei luoghi di “piacere”. Rispondono idealmente le prostitute dell'epoca con le commoventi parole delle loro lettere scritte alla Merlin per denunciare la loro situazione di degrado; voci restituite grazie alle attrici Piera Degli Esposti e Mariangela D'Abbraccio, che fanno da contrappunto alle immagini del film.

 

 

 

“Il bordello è l'unica istituzione italiana dove la competenza è premiata e il merito riconosciuto”, Indro Montanelli.

 

20 febbraio 1958: il Parlamento Italiano approva la legge n° 75, ovvero la “legge Merlin”: di fatto è la chiusura di un'istituzione che da anni è presente nella società italiana, la casa di tolleranza, il casino, il bordello, la casa chiusa come iniziò a chiamarsi da quando un decreto di Crispi introdusse l'obbligo a tenere le persiane abbassate… La chiusura delle case di tolleranza fu un evento che lo scrittore Dino Buzzati, in quanto “fine di una civiltà erotica”, paragonò all'incendio della biblioteca di Alessandria d'Egitto.

Ma cos'era la “casa di tolleranza”?
In diversi paesi, come in Italia, le case di tolleranza non esistono più, almeno legalmente, in altri ci sono ancora, in altri ci sono in forme particolari.
La casa di tolleranza è un'istituzione antica, la cui ideazione risale alla notte dei tempi.
“La moglie – scrive Giovenale a proposito dell'imperatore Claudio  – non appena lo vedeva addormentato, incappucciata di nero, abbandonava il talamo imperiale e, nascondendo la chioma scura sotto una parrucca bionda, varcava la soglia di un lupanare tenuto caldo da un tendone malandato, dove in una cella a lei riservata, col falso nome di Licisca, accoglieva i clienti, chiedeva il prezzo stabilito e si prostituiva”.

Torino, Museo Egizio: un papiro del XII secolo a. C. mostra, senza alcun imbarazzo, l'incontro tra una cortigiana e un contadino in una casa di piacere all'ombra delle piramidi. Immagini inequivocabili, come certi affreschi di Pompei.  
Chissà com'era il lupanare dove l'imperatrice Messalina passava le notti, forse una stamberga scura a mala pena rischiarata dalla luce delle lucerne, forse era collocato in una delle tante viuzze della Suburra, o forse era presso quelli che noi oggi chiamiamo i “Fori Imperiali”.
Di uno dei più grandi lupanari del Foro, costruito tra l'80 e il 50 a.C., sono rimasti ancora i resti, con le molte piccole cellae che si aprono sui corridoi. Come negli altri bordelli, le cellae recavano dipinto sulla porta il nome della meretrice che le occupava, corredato sovente dalla tariffa richiesta, che il più delle volte si aggirava attorno a un asse.

“Il nuovo arrivato” – scrive Marcel Proust nella Recherche – “quando il treno si fermava a Mainville, vedeva sorgergli davanti il lussuoso edificio di cui non poteva sospettare che fosse una casa di tolleranza. «Ma non c'è alcun bisogno di roseguire fino a Balbec», diceva allora questo nuovo arrivato, «solo dall'aspetto ritengo che questo albergo sia certo meglio, ritengo che vi sia ogni comfort  e potrò benissimo invitarci madame Verdurin, ci saranno sicuramente bellissimi salotti in cui ospitare signore come lei. È una cornice veramente degna di tutti noi»”.

Tante sono le forme che la casa di tolleranza ha preso nei diversi luoghi, nei diversi tempi e nei diversi strati sociali.

1309: il vescovo di Strasburgo costruisce un bordello a sue spese. Come un convento, con tanto di ore che le ragazze dedicavano alla preghiera e ai servizi religiosi, funzionava, invece, il  bordello di Avignone, voluto dalla cattolicissima regina Giovanna D'Angiò nel 1347 e preso a modello, circa centocinquant'anni dopo, da papa Giulio II a Roma. In modo discutibile, d'altronde, San Tommaso d'Aquino aveva detto: “Togliete le prostitute dal mondo e lo riempirete di sodomiti”.

“… In Italia” – scrive Indro Montanelli all?approvazione della legge Merlin che abolisce i bordelli – “un colpo di piccone alle case chiuse fa crollare l'intero edificio, basato su tre fondamentali puntelli, la Fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perché era nei cosiddetti postriboli che queste tre istituzioni trovavano
la più sicura garanzia…”.

Nei primi mesi della Grande Guerra, dietro le linee di combattimento, spuntarono postriboli militari, spesso su carovane che avanzavano e si ritiravano a seconda degli spostamenti delle truppe. I postriboli per soldati semplici e i sottufficiali erano contrassegnati da luci rosse, mentre gli ufficiali potevano frequentare quelli a luci azzurre. Un sergente della Sanità era di guardia all'ingresso per controllare libretti e certificati, distribuire medicine e pomate profilattiche e ritirare la marchetta per conto della tenutaria. Nei momenti di maggior affluenza, ogni uomo aveva a disposizione un massimo di 10 minuti prima che il sergente urlasse “Avanti il prossimo!”.

“Vi presentiamo – recita in italiano il sito dell'Artemis di Berlino – il nostro club-sauna per nudisti, uno  dei più belli e grandi bordelli-benessere della Germania, una “oasi di piacere”.
È da pochi mesi che a Girona, vicino a Barcellona, grazie ad una legge dello stato catalano, ha aperto il  Paradise, che, secondo
El Pais, con le sue 80 stanze è il bordello più grande d'Europa.

Ma “bordello” è un luogo non solo reale, ma anche immaginario: è la grotta platonica in cui inizia la narrazione di Cantando dietro i paraventi di Ermanno Olmi, è il bordello alla rovescia di Pupi Avati in Bordella, dove un gruppo di uomini sono al soldo di ricche signore, o, ancora, solo per citare qualche  esempio, è il bordello della Roma di Federico Fellini, con i suoi ascensori che salgono e scendono di continuo, a volte vuoti, a volte rigurgitanti di volti e di corpi. È il bordello trasfigurato dalla pittura di Toulouse Lautrec; è luogo di letteratura: da Vitaliano Brancati a Gianni Brera, Guy de Maupassant, Gabriele D'Annunzio e tanti, tantissimi altri per un'istituzione che sembra presente, nelle sue varie forme, in ogni tempo e in ogni luogo.

Il documentario vuole essere un viaggio nel tempo e nello spazio attraverso le sale e le stanze di quelli che ancora oggi chiamiamo casini, bordelli, case di tolleranza. A condurci per mano in questo viaggio sono i  documenti del passato e le testimonianze del presente. Dalle immagini attuali di luoghi come l'Artemis di Berlino alle testimonianze letterarie e artistiche di altri tempi, a reperti archeologici o interviste a personaggi che, siano essi registi, scrittori, attori, hanno particolare titolo a portare la loro testimonianza.

Il documentario si  compone quindi di interviste e riprese appositamente realizzate in luoghi particolarmente significativi come centri attualmente in funzione, siti archeologici, musei, ma anche spezzoni di film che hanno affrontato l'argomento o materiali vari di repertorio o immagini di finzione.

Filippo Soldi

 

 

 

 

 

 

Alcuni brani dalle lettere scritte dalle prostitute alla Merlin

(nel documentario lette da Piera Degli Esposti e Mariangela D'Abbraccio)

 

 

“Gentilissima Signora Senatrice Lina Merlin, voglio descriverle la vita di questi ambienti. I padroni continuano ad incassare cifre iperboliche, che variano a seconda delle tariffe, dalle 100 alle 150.000 giornaliere pulite, cioè la metà dell'incasso.
Consideri che molti padroni hanno una, due o tre case e poi tiri la somma di quello che incassano. È vero che le signorine hanno la metà, ma le signorine sono 10, 15, 20 e quindi la nostra metà va divisa in 10, 15, 20… ”

 

“Dalla parte delle signorine si devono levare tutte le spese di disinfettanti, di dottori, di Professori, perché tutti mangiano.”

 

“I viaggiatori di vestiti non possono entrare a vendere alle signorine se non vestono a gratis i signori padroni, ed allora questi viaggiatori sono costretti a prenderle per il collo queste disgraziate e mettergli un prezzo molto più superiore. Il profumiere la stessa sorte, è obbligato di fornire a gratis altrimenti non entrano più. La sarta idem. Il parrucchiere idem. E chi ci va di mezzo? Sempre queste povere disgraziate. Sono sempre loro che pagano tutto. … Il personale in questi ambienti è pagato pochissimo dai padroni. Questo personale vive sulle spese giornaliere delle signorine, che a sua volta la quota del  conto viene quasi tutta raddoppiata. Poi le signorine sono obbligate ogni quindici giorni a dare delle laute mance a tutto il personale perché altrimenti in quella casa non le prendono più. Uguale il mercato di bestie, né più né meno. Poi ci sono dei padroni che alla mattina si fanno il bagno con un litro di acqua di colonia nell'acqua, che si parla di tre o quattro mila lire giornaliere solo per il bagno. E tanta gente muore dalla fame. Le signorine ed il personale hanno il mangiare misuratissimo.”

 

 

 


“Quanto può guadagnare un tenutario? Ci sono dei grandi che arrivano perfino a 100 mila lire al giorno. Ma questo non è niente. A Milano il tenutario di.. costringe le signorine a dare L 15.000 di mancia ogni quindici giorni: chi si rifiuta non potrà più mettere piede nella sua casa. Lei crede che le ragazze abbiano la possibilità di mettersi da parte un buon gruzzolo? Neanche per idea nei grandi centri  lo sfruttamento è massimo: se una signorina guadagna, mettiamo, 10.000 lire al giorno, deve dare 5.000 al padrone, 2500 per vitto e alloggio, ma non le restano, come crede, 2500 lire: da queste deve detrarre le mance, la luce, il riscaldamento, il dottore, i supplementi…”

 

 

“In questo tempo sono milioni e milioni che si spendono per fare, contro alla S.V. Ill., propaganda. Hanno fino interpellato a Milano dei preti per fare che si tengano aperte. Questo posso sapere io che c'è più di un deputato che ci hanno offerto 5 milioni, come parecchi avvocati che hanno già presi dei milioni per presentare alla Camera dei motivi perché non vengano chiuse. Certi avvocati si vedono scappare dei milioni all'anno essendo che loro vivono anche loro su queste case, che sono avvocati senza scrupoli che fanno anche lo sfruttamento sopra noi povere donne. Mercenari incoscienti che vedono solo danaro e ricchezze e brillanti e ville e lussuosi appartamenti sul nostro sangue.”

 

“Onorevole Signora Merlin, siamo un gruppo di signore che si guadagnano onestamente la vita nel cognito e rinomatissimo Casino della Signora… in A, via… Siamo altamente benemerite della Umanità  iniziando la gioventù ai più ardui problemi sessuali. Se Lei verrà, saremo liete di ospitarla e di farla  assistere alle nostre originali attraentissime sedute che non hanno nulla da invidiare a quella della Camera ove Lei svolge il proficuo suo lavoro. Ci consenta dunque di lavorare in pace. Per 150 lire diamo felicità perfetta ad un uomo valido e robusto. Non si opponga alla tenace nostra volontà di lavoro e si inchini alla nostra abilità professionale. Con osservanza…”

 

“Per entrare in una casa di prim?ordine, oltre all'avvenenza occorrevano buone maniere, una certa finezza di modi, una professionalità che sicuramente non avevano le giovincelle che avevano appena iniziato. Infine occorreva anche una raccomandazione che garantisse l'affidabilità della signorina.
Quando arrivavi la direttrice ti faceva spogliare nuda, ti esaminava per vedere se il corpo era all'altezza. Io avevo gli occhi verdi, i capelli lunghi, neri, tutti riccioli. C'erano dei viziosi che mi pagavano solo per pettinarmeli”.

 

 

[Estratti dal libro: Lettere dalle case chiuse, a cura di Lina Merlin e Carla Barberis, 1955]

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