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Albert Schweitzer, Rispetto per la Vita
di Neve Che Vola
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Neve Che Vola

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Ero in prima o seconda elementare quando il dottor Schweitzer 

entrò nella mia vita per la prima volta. Della scuola non mi interessava niente, le storie che udivo entravano da un orecchio ed uscivano dall'altro. La verità è che non avevo idea di cosa parlassero. In due anni, che io ricordi, fui colpito da una sola lettura. Essendo una scuola gestita dalle suore, fu la volta anche di Gandhi, e probabilmente di altri personaggi del genere. Ricordo che chiesi ripetutamente chi fosse questo tal "mahatma", ma non riuscii a capirlo.Ricordo quella sola lettura che mi colpì come l'unica luce nella notte della mia incomprensione. La leggevo e la rileggevo. Era il racconto autobiografico che riguarda uno Schweitzer ancora bambino che ripropongo qui di seguito:

 

"Mi fece profonda impressione qualcosa che accadde nel mio settimo od ottavo anno di età. Henry Bräsch ed io ci eravamo costruiti con delle strisce di gomma due fionde con le quali potevamo tirare piccole pietre. Era primavera e fine di Quaresima quando una mattina Henry mi disse: "Vieni con me, andiamo a Redberg a sparare agli uccelli". Mi sembrò una terribile proposta, ma non osai rifiutare per paura di venir schernito. Arrivammo vicino ad un albero che era ancora privo di foglie e sul quale gli uccelli cantavano armoniosamente salutando il mattino, senza mostrare il minimo timore per noi. Curvandosi a guisa di un cacciatore pellirosse, il mio compagno mise un sasso nel cuoio della fionda e prese la mira. Obbediente ad un suo cenno di comando, io feci lo stesso, malgrado sentissi un terribile rimorso, ripromettendomi di mancare il colpo. Proprio in quel momento le campane della chiesa incominciarono a suonare unendo nel cielo radioso la loro musica al canto degli uccelli. Erano le prime campane che precedevano di mezz'ora il regolare scampanio, e per me furono una voce dal cielo. Dispersi gli uccelli in modo che volassero al sicuro dalla fionda del mio compagno e poi scappai a casa. Da quella volta, quando le campane della Passione diffondono il loro suono nel cielo primaverile in cui gli alberi levano i rami nudi, penso con commossa riconoscenza a quel giorno in cui la loro musica portò nel profondo del mio cuore il comandamento: "Non ucciderai". (Memorie di fanciullezza)

"Per l'uomo veramente etico ogni vita è sacra, inclusa quella che dal punto di vista umano sembra d'ordine inferiore. Egli fa distinzione soltanto in presenza di ogni singolo caso, e sotto la pressione della necessità, come, per esempio, quando gli tocca decidere quale di due vite deve sacrificare per salvarne una. Ma in ciascuna di queste decisioni è consapevole di agire su una base soggettiva e arbitraria, e sa di essere responsabile della vita che viene sacrificata." (Vita)


Non mi interessai più dello Schweitzer per anni.

Mio padre mi accompagnava alle elementari in macchina, e ricordo che in una cassetta registrò la celebre Toccata e Fuga in re minore BWV 565 eseguita non so da chi, che mi spaventò a morte, nonostante fossimo in pieno giorno. Mi nascosi davanti al sedile, sotto al cruscotto, ma non gli confessai il motivo, vergognandomi della mia paura.
Che musica singolare, con quell'inizio da film horror!

Verso gli undici anni, in prima media, adoravo solo Beethoven. Apprezzai Bach qualche anno dopo, ma della musica per organo non se ne parlava nemmeno. Ero solito dire male della musica organistica del Kantor di Lipsia. Che strumento poteva mai essere l'organo e come aveva potuto un genio come Lui avergli dedicato tante composizioni? L'organo non era un pianoforte, nè un clavicembalo, non mi piaceva.
Finchè, casualmente, saltando da un canale televisivo all'altro, mi imbattei nell'inizio della celebre Toccata, ma non era la stessa cosa che conoscevo, non il solito inizio ta-ta-taaaa... Non avevo mai udito una cosa simile, un simile modo di proporre quel celebre incipit, fu il mio secondo incontro con Le Grand Docteur.

Si trattava di un documentario sul suo ospedale a Lambaréné, in Africa.
E lì, nella foresta vergine, risuonava la voce di uno dei più grandi uomini che l'umanità abbia mai visto fiorire nel corso della sua lunga e dissennata storia.
Mi sembra impossibile e perfino blasfemo tentare di riassumere anche una virgola della vita di quest'uomo senza ricorrere alle sue parole, ma il post si allargherebbe a dismisura.

Nonostante fosse già un celebre teologo, pastore protestante, musicista e organista straordinari (studiò con Widor), decise che si sarebbe sentito in diritto di godere della fortuna di aver avuto un corpo sano e una mente forte fino all'età di trent'anni, ma dallo scadere di quell'età in poi avrebbe dovuto restituire quello che gli era stato concesso.

 

"La voce della vera etica è pericolosa per le persone felici quando hanno il coraggio di ascoltarla.
Per qualunque cosa tu abbia ricevuto in quantità maggiore degli altri:
salute, talento, abilità, fanciullezza felice, devi offrire un'eccezionale dedizione della tua vita."

Concetto assai diverso dalla solita idea del chiedere alla Vita.

Studiò medicina di punto in bianco (dopo aver meditato per anni in quale maniera avrebbe potuto restituire la sua fortuna) per poter portare aiuto ai neri sofferenti dell'Africa, missione che portò avanti fino alla morte, avvenuta nel 1965 in età avanzatissima (era nato il 14 Gennaio 1875 a Kaysersberg, in Alsazia).

Contemporaneamente, si dedicò alla musica e ad ogni campo del sapere, compresa l'attività di riparare gli organi, zappare la terra e ripulire il terreno accuratamente dagli insetti prima di piantarvi i pali del proprio ospedale. 

 

"Proprio in questo momento ho ucciso una zanzara che svolazzava intorno alla mia lampada. In Europa non l'avrei uccisa anche se mi avesse dato fastidio. Ma qui, dove diffonde la forma più pericolosa della malaria, mi prendo la libertà di ucciderla, sebbene non lo faccia volentieri. L'importante è che tutti noi riflettiamo seriamente sul problema, quando sia il caso di recar danno e di uccidere." (Lettera) [il grassetto è mio]

Trovava il tempo di rispondere a tutte le lettere che gli venivano spedite da tutto il mondo, grazie ad un fisico eccezionalmente robusto, che gli permetteva di lavorare fino a notte inoltrata.
Dava concerti per guadagnare soldi per il proprio ospedale, e a tal scopo usò anche il premio in denaro del Premio Nobel per la Pace che gli fu conferito nel 1952.
Quando scese dal treno che una volta lo aveva riportato a Gunsbach, il capotreno gli chiese perchè avesse viaggiato in terza classe, e Lui rispose "Perchè non c'era la quarta".
Eppure, in lui non c'è ostentazione alcuna di povertà, nessun atteggiamento.

Gli stessi concetti che trovo semplicistici in bocca ad altri, diventano sacri richiami quando li espone Lui.

"Chi ha anche solo qualcosa di superfluo è un benestante e non può adagiarsi, ma deve sempre inquietarlo la domanda se può assumersi, e fin dove può assumersi, la responsabilità di possedere qualcosa, mentre altri stentano a vivere".
(Predica 25.5.1919 Was sollen wir tun, pag.108)


E che devo dire quando sento cose del genere? Il concetto è il "solito" precettino, ma l'uso della parola che fa lo Schweitzer appartiene alla sfera della magia, il solito "precettino" si disvela in tutta la sua forza.
Posso forse dire: "ho una cosa da obiettare?"
Posso solo star zitto perchè sono di fronte al sacro, una predica scritta magari di fretta, e riesce a dire cose incontrobattibili, la cui grandezza e saldezza è paragonabile ad una roccia.

Fu uno dei primi ad occuparsi con serietà del rispetto dovuto agli animali (più sotto riporto alcune frasi memorabili), arrivò a dire che nessuna etica può reggersi in piedi se non include ogni forma di vita.

 

"Mi hanno portato quattro poveri piccoli di pellicano a cui uomini insensibili hanno malamente tagliato le ali, per cui non possono volare. Ci vorranno due o tre mesi perchè ricrescano le ali ed essi possano vivere in libertà. Ho incaricato un pescatore di procurare la quantità di pesce necessaria al loro nutrimento. Ogni volta provo pena nell'anima per i poveri pesci. Ma ho solo una scelta: o uccidere i pellicani che sarebbero esposti alla morte per fame, o uccidere i pesci. Se io sia nel giusto a decidere a favore degli uni anzichè degli altri, non so." (Lettera)

 

"A poco a poco si formò in me l'assoluta convinzione che noi non abbiamo nessun diritto d'infliggere sofferenza e morte a un'altra creatura vivente a meno che non ve ne sia un'inevitabile necessità e che tutti noi dobbiamo renderci conto di che cosa orribile sia provocare sofferenza e morte semplicemente per mancanza di riflessione. Col passare del tempo questa convinzione ha avuto un influsso sempre più forte su di me. Mi sono accorto sempre più che nel profondo del nostro cuore pensiamo tutti in questo modo, e che non vogliamo ammetterlo e agire di conseguenza soprattutto perchè temiamo di essere scherniti dagli altri come sentimentali, e in parte anche perchè lasciamo che i nostri migliori sentimenti si assopiscano. Ma io promisi a me stesso che non avrei mai lasciato assopire i miei sentimenti e che non avrei mai temuta l'accusa di essere sentimentale." (Memorie di fanciullezza)


    "Un uomo è veramente morale soltanto quando osserva l'obbligo impostogli di aiutare ogni vita che può assistere, e quando si fà scrupolo di uscire dalla sua strada per evitare di danneggiare un essere vivente. Non chiede quanta comprensione meriti questa o quella vita a causa del suo intrinseco valore e neppure chiede di quanta sensibilità sia dotata. Per lui la vita come tale è sacra. Egli non frantuma un cristallo di ghiaccio che brilla al sole, non strappa una foglia dall'albero, non stacca un fiore, mentre cammina sta bene attento di non calpestare un insetto. Se lavora alla luce di una lampada in una sera d'estate, preferisce tener chiusa la finestra e respirare un'aria viziata, piuttosto che vedere un insetto dopo l'altro precipitare sul tavolo con le ali bruciacchiate." (Etica)


    "Ogni qualvolta nuoccio a una vita devo essere ben sicuro se ciò sia necessario o no. Non dovrei mai passare i limiti dell'inevitabile, anche nei casi apparentemente insignificanti. Il contadino che ha falciato centinaia di fiori nel suo prato per dare foraggio al bestiame deve stare attento ritornando a casa di non tagliare per capriccio il bocciolo di un fiore che cresca al margine della strada, perchè nel far ciò danneggia la vita senza esservi obbligato dalla necessità." (Etica)   



"Quando accade che un animale venga obbligato a servire l'uomo, le sofferenze che deve in conseguenza sopportare riguardano ognuno di noi. Nessuno dovrebbe tollerare, per quanto gli è possibile, che gli vengano inflitte delle sofferenze e neppure declinare la propria responsabilità. Nessuno dovrebbe starsene tranquillo, pensando che altrimenti si mischierebbe in affari che non lo riguardano. Non sfuggiamo il peso delle responsabilità! Quando tanti maltrattamenti subiti dagli animali, quando le grida degli animali assetati salgono dai vagoni ferroviari senza essere ascoltate, quando c'è tanta crudeltà dei nostri macelli, quando nelle nostre cucine una tale quantità di animali va incontro ad una orribile morte per opera di mani inesperte, quando animali agonizzano ignorati per colpa di uomini senza cuore, o quando sono destinati a giochi crudeli di bambini, siamo tutti colpevoli e dobbiamo subirne il biasimo." (Etica)

"Il grande errore di ogni etica è stato sinora quello di immaginarsi di avere a che fare soltanto con i rapporti tra uomo e uomo, invece il vero problema riguarda la sua attitudine verso il mondo e verso tutta la vita che entra nel suo raggio di azione. Un uomo è morale soltanto quando considera sacra la vita come tale, quella delle piante e degli animali altrettanto di quella dei suoi simili, e quando si dedica ad aiutare ogni vita che ne ha bisogno. Soltanto l'etica universale che senta la responsabilità per tutto ciò che vive in una sfera sempre più ampia, soltanto quell'etica è fondata sul pensiero. L'etica del rapporto tra uomo e uomo non è qualcosa a parte: è solo un rapporto particolare che deriva da quello universale.
L'etica del rispetto per la vita comprende quindi tutto ciò che può essere rappresentato come amore, devozione comprensione, nella sofferenza, nella gioia e nella fatica.
" (Vita)

 

Forse il riconoscimento più grande glielo tributò Baghwan S. Rajneesh che, come è noto, non si fece alcun problema a definire pattume ogni genere di testo sacro: tali erano, per Lui, La Bibbia, il Corano, la Torah... e non si fece neppure scrupolo di definire Cristo un povero malato che meritava cure mediche, un innocuo folle qualsiasi. Non risparmiò neppure il Buddha. Ignoro se da qualche parte abbia detto male anche del dottore, ma queste parole, dette da Lui, nonostante ne indichino un limite (la sua incomprensione del pensiero indiano indicato come un approccio pessimista alla vita), suonano alle mie orecchie come il maggior complimento possibile:

 

"Perfino lui fraintese, un uomo dal quale ci si aspetta capisca certe cose." [il corsivo è mio]

 

E' sepolto, con semplicità, a Lambaréné, come fosse stato un uomo qualsiasi.

Johann Sebastian Bach: Fugue in a minor BWV 543

Vari articoli

http://www.viaggio-in-germania.de/albert-schweitzer.html

http://it.wikipedia.org/wiki/Albert_Schweitzer

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