Da Lecce con furore, alla conquista della Thailandia e del mondo. Due pugliesi alle prese con una disciplina poco nota da noi e in tutto il mondo occidentale, tanto che nonostante la sua millenaria storia non rientra ancora tra le discipline olimpiche: la Muay Thai, la boxe thailendese.
È questa la disciplina dei fratelli Fabio e Gianluca Siciliani, protagonisti del documentario Grazia e furore dell'esordiente Heidi Rizzo, prodotto da Edoardo Winspeare. Lo si proietta per la prima volta oggi al Festival di Roma, in Concorso nella sezione L'Altro Cinema, alle ore 22:30 al Teatro Studio.
Il documentario racconta sei giorni della vita di due fratelli salentini nell’arco di due anni, tra Italia e Thailandia, tra famiglia e lavoro. Un documentario senza filtri apparenti: la camera segue i protagonisti che si raccontano semplicemente vivendo, lasciando allo spettatore la possibilità di capire, affezionarsi ed emozionarsi. Una regia snella, dinamica, che non costruisce le situazioni ma restituisce gli avvenimenti e costruisce nel film il senso dell’esperienza di due occidentali che scoprono una disciplina lontana dalla loro cultura. A fare da contrappunto narrativo la voce di un grande maestro thailandese, Sangtiennoi Sor Rungroj: la tradizione che accoglie con benvolenza la furia dei nuovi combattenti.
(Heidi Rizzo)
Fabio Siciliani, 29 anni, è già campione mondiale Wako-Pro di Muay Thay.
Si è avvicinato a questa disciplina a 16 anni quasi per scherzo, ed in pochi anni ha vinto un titolo italiano amatoriale, e quattro titoli italiani nel campionato professionisti.
Padre di due figlie, ha trasformato la sua passione nell’attività della sua vita, insegnando la disciplina della Boxe Thailandese ai giovani leccesi nella palestra Oltrecorpo, che gestisce insieme alla moglie Enrica Didonfrancesco (maestra di Danza). Si tratta di un Centro Culturale dedito all'insegnamento della Danza Classica,Moderna e della Muay Thai Sportiva e tradizionale.
Il fratello Gianluca, che ha intrapreso il suo stesso percorso, è vincitore di tre titoli mondiali e di un titolo intercontinentale di Muay Thai.
È nato da un’idea di Alessandro Valenti ma è diventato in tutto e per tutto un film di Heidi Rizzo. È anche il primo film diretto dalla regista salentina dopo un’esperienza più che decennale come cameraman(woman?). Personalmente ho sempre pensato che Heidi fosse un’operatrice straordinaria, dotata di un istinto predatore nella ricerca e nella cattura delle emozioni attraverso le immagini. Le sue spalle e l’obbiettivo della camera diventavano cuore e occhi voraci di curiosità per l’umanità che riprendeva. Questo è il motivo per cui le ho chiesto di dirigere il film Grazia e Furore. Grazia è anche la donna Heidi che dirige un film apparentemente solo maschile, come Furore sono i fratelli Siciliani combattenti Muay Thai. Grazia è la Thailandia, Furore la vecchia Europa. Ma la grazia e il furore infine sono gli eterni opposti che abitano dentro ciascuno di noi e che il film di Heidi Rizzo ha reso in modo emozionante e profondo. Questo non è un film su di un’arte marziale, questo è un film che racconta la Bellezza e Forza che muovono il mondo e la ricerca di come conciliare questa eterna dicotomia.
(Edoardo Winspeare)
La Muay Thai, nota anche come Thai Boxe o Boxe Thailandese, è uno sport da combattimento che ha le sue origini in un’antica tecnica di lotta thailandese, utilizzata da re e guerrieri in guerra. Solo dopo il 1925 si sviluppò la necessità di avere delle regole ben precise e, dopo il 1945, si introdussero le categorie di peso, i round, i guantoni per proteggere le mani e la conchiglia per i genitali, gli incontri si spostarono sui ring abbandonando strade e piazze. Dopo le arene furono costruiti gli stadi, fra i più importanti ci sono il Rajadamnern Stadium e il Lumpinee Boxing Stadium. Solo dopo gli anni Settanta la Muay Thai fu conosciuta e praticata nel mondo occidentale, e cominciò a diffondersi a livello internazionale ed europeo: è ancora incerto il suo destino come disciplina olimpica.
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