La deflagrante esplosione dei sentimenti più puri in una vertigine di soave perfezione naturalistica. L’amore del figlio per la madre e le calde ossa accartocciate da un vivido abbraccio, il soffio del vento e il fruscio degli alberi, il canto degli uccelli e il calpestio dei passi, le nuvole che si stagliano all’orizzonte e la minaccia di una pioggia imminente, il calvario lenito da una carezza e un sorriso che risponde a un rivolo di voce. C’è perfetta complementarità tra immagini e suoni, tra una tenerezza che si sente al tatto e il vento che si respira tutto d’un fiato, tra un ricordo sussurrato e un amore mai taciuto. Un insieme di voci che partecipano a uno stesso concerto per la vita, un sipario che fa da cornice estatica a una rappresentazione filmica espressa in forma pittorica. Aleksandr Sokurov arriva al cuore dell’universale conflitto tra il bene e il male indirizzandone l’esito attraverso il potere iconografico di questa raffinata poesia in movimento, preferendo i suoni eterni della natura al rumore greve della sofferenza, due cuori sintonizzati sull’attimo all’intelletto che riflette sul mondo : anestetizzando la portentosa tetraggine della morte con la limpida semplicità di parole mute. La vita è per sempre, la morte dura un momento. La vita è tracciata nei fondamenti di Madre Natura. L’esistere è questo caleidoscopio di variegata alternanza cromatica e con un unico timbro emotivo, capace di sottrarre l’occhio alla consueta transitorietà delle cose che accadono per adagiarli all’eterna beatitudine di questi due eroi per l’avvenire. Due anime solinghe che squarciano di florida bellezza la gravità del loro immane dolore. Un osanna alla vita compiuto sull’argine della morte. Un esperienza estetica che si fa etica per la bellezza.
Madre e Figlio (Aleksandr Sokurov)
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