Una delle prime volte che ho avuto l'impressione di cosa dovesse significare fare del grande cinema è stato guardando "Yol" di Yilmaz Güney. Cinema puro, intenso, carico di tensione morale, eppure, "stilisticamente" popolare. Un cinema impastato nella storia del suo paese ma che, al contempo, innovava lo sguardo.
Nato da genitori curdi, Yilmaz Güney (Yilmaz Putun all'anagrafe) inizia presto a svolgere l'attività letteraria (il suo primo romanzo è "Boyno bübük oldüler", I campi di Yureghir) senza disdegnare qualsiasi tipo di lavoro gli venisse offerto. Inizia presto anche la sua militanza politica e il credo comunista lo metterà subito nei guai. La Turchia è sempre stato un paese pieno di contraddizioni e Güney le ha vissute tutte sulla propria pelle pagando col carcere il fatto di non essersi mai tirato indietro di fronte alla possibilità di manifestare il proprio dissenso contro la dittatura del regime militare turco. Prima che autore, è stato un popolare divo del cinema (sarà soprannominato il "re brutto") interpretando i ruoli più disparati in molti film (oltre 60 pellicole). Si trattava per lo più di film commerciali e a basso costo, ma che gli hanno garantito quell' autonomia economica necessaria per rendersi forte e realizzare i progetti più congrui alle proprie esigenze (alla Orson Welles insomma). Il suo esordio da regista è con "Benim adim Kerim" (Il mio nome è Kerim, 1967), un film secondario rispetto a quello che lui ritiene essere stato il suo vero esordio, "Seyyit Han" (La sposa della terra, 1968), prodotto dalla sua casa di produzione, la Güney film. Quindi vengono il fondamentale "Umut" (La speranza,1970), "Aci" (Il dolore, 1971), "Umutsuzlar" (I disperati, 1971) e "Agit" (Elegia, 1972). Nel 1974, durante le riprese di "Endise" (L'inquietitudine") è coinvolto nell'uccisione di un giudice nel corso di una rissa in ristorante. E' condannato di omicidio e di altri reati di natura politica. E' dal carcere che continua la sua incessante attività intellettuale scrivendo le sceneggiature di "Sürü" (Il gregge, 1978, Pardo d'Oro a Locarno), "Dusman" (Il nemico, 1979, menzione speciale a Berlino) e "Yol" (La strada, 1982, Palma d'oro a Cannes insieme a "Missing" di Costa-Gavras), girati da Zeki Okten e Serif Goren. Film che faranno conoscere a livello internazionale il talento di Yilmaz Gney e un cinema intriso di coraggio e passione. Dopo una rocambolesca evasione, riesce a riparare in Francia ospite del suo amico Kendal Nezan, un intellettuale kurdo esiliato a Parigi dal 1968 e vicino agli ambienti della sinistra francese. Qui scrive e dirige “Le mur” (La rivolta, 1983). Muore di cancro a Parigi il 9 settembre 1984, all’età di 47 anni. Oggi , Yilmaz Güney è un punto di riferimento per la cultura del suo paese, ma in vita fu osteggiato in tutti i modi, i suoi libri vennero messi al bando e molti dei suoi primissimi film sono andati irrimediabilmente perduti. Ha avuto una vita incredibilmente avventurosa, dunque (carcere, evasione,esilio), una di quelle per cui risulta praticamente impossibile scindere l’opera dalla vita dell’autore e questo si evince soprattutto nella carica passionale che pervade il suo cinema, che sembra mosso dall’urgenza di raccontare le condizioni di vita del suo popolo, di far conoscere la realtà turca in tutta la sua multiforme complessità a un mondo miope e interessato solo alle "grandi" storie. L'arretratezza del suo regime militare, la condizione delle donne, la questione curda (la prima volta portata sullo schermo con "Yol"), percorrono in lungo e in largo un cinema che nulla concede alla mera spettacolarizzazione dell'oggetto cinematografico, anzi, credo che proprio nella sua voluta antispettacolarità, c'è l'evidente intenzione di Yilmaz Güney di fare un cinema che ha nella portata testamentaria la sua capacità di durare nel tempo."Güney era un guerriero. Ha vissuto la sua breve vita con intensità, con ardore e passione. I suoi film sono pieni di passione. E questo ha ispirato molti, soprattutto me. Aveva una passione senza compromessi: una forza straordinaria. E’ stato un maestro del cinema realista. Era stato lui stesso ispirato dai neo realisti italiani. Penso per esempio ai suoi primi lavori, Umut, speranza. Ti viene in mente Ladri di biciclette, di Vittorio De Sica. Ma anche Accattone di Pier Paolo Pasolini. Il cinema turco di oggi ha in sé questo realismo secco e asciutto, la capacità di dire molte cose con poche scene." (Fathi Akin) Segnalo questo interessante sito incentrato sulla cultura curda. La figura di Yilmaz Güney è curata da Orsola Casagrande, giornalista che da anni si occupa di Turchia e Kurdistan, approfondita attraverso i colloqui fatti con Fatos Güney, moglie dell'autore turco, e Fathi Akin, uno dei più importanti autori di origine turca del cinema contemporaneo.
Yilmaz Güney. Liberare il cinema
Segnalo la presenza di questo libro che ripropone la parabola umana e artistica di Yilmaz Güney attraverso i saggi di Orsola Casagrande, Massimo Causo, Giuseppe Gariazzo, Emanuela Martini, Roberto Silvestri e Silvana Silvestri. Completano il volume scritti inediti del regista, testimonianze di compagni e collaboratori, immagini e materiali critici.
Yol (1981)
di Yilmaz Güney, Serif Gören con Tarik Akan, Halil Hergün, Necmettin Cobanoglu, Serif Sezer
La rivolta (1983)
di Yilmaz Güney con Tuncel Kurtiz, Ayce Emel Mesci, Malik Berrichi, Nicolas Hossein
Il gregge (1978) di Yilmaz Güney con Tarik Akan, Tuncel Kurtiz, Melike Demirag, Levent Iranir
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