Bram Stoker’s Dracula di Francis Ford Coppola è uno di quei titoli che non mi viene mai in mente di citare quando mi chiedono di elencare i miei film preferiti ma che, com’è come non è, so praticamente a memoria. E’ anche un film abbastanza vecchio da far sì che la mia percezione di esso sia cambiata col tempo, in un certo senso crescendo insieme a me.
BSD è uscito nel 1992, il che significa che ero troppo piccola per vederlo al cinema e dovetti aspettarne trepidante il passaggio in tv. Vuole anche dire che è più o meno coevo di film come Terminator 2 (1991) e Jurassic Park (1993), ovvero è uscito nel periodo in cui la computer grafica stava prendendo il sopravvento sugli effetti speciali analogici. Era anche un’epoca in cui il concetto di vampiro capace di aMMore e visto con una certa simpatia non era ancora del tutto abusato: lo so che sembra difficile da credere, ma è così. Ovviamente, per questioni di età e di prospettiva storica, l’aspetto romantico e melodrammatico del film di Coppola fu il primo a far presa su di me: facevo fatica a considerarlo un horror già da allora. E un’altra cosa che mi sembrava evidente era che, malgrado quel “Bram Stoker’s” nel titolo, questo Dracula aveva poco a che vedere col romanzo originale.
Il punto è che, a mio avviso, Bram Stoker’s Dracula non è tanto un adattamento del libro, quanto una riflessione sull’humus culturale che lo ha prodotto. E Dracula, con i suoi diari registrati via fonografo e i suoi medici e scienziati decisi a combattere contro l’occulto rappresentato dal Conte, è un perfetto esempio di quel dibattito tra positivismo e decadentismo che ha animato la cultura occidentale (specialmente europea, specialmente – stando a Michael Gibson – cattolica) tra diciannovesimo e ventesimo secolo, prima di venir spazzato via da ben altre inquietudini con la prima guerra mondiale.
Il teatro delle ombre indonesiano Wayang Kulit e la sequenza introduttiva di Bram Stoker's Dracula
Perché a Coppola interessa questa cosa? Secondo me perché in quel momento il cinema mainstream sta attraversando una simile fase da fin de siècle, con i Cameron e gli Spielberg già saliti sul carro della computer graphic, aprendo nuovi orizzonti spettacolari e cominciando a modificare il concetto di messa in scena a tal punto che oggi, vent’anni dopo, quasi ci stupiamo quando un film “di effetti” è girato in studio o in location reali invece che contro uno schermo verde (eh sì, come ha suggerito Elgraeco di Book and negative al sempreputrido Maurizzio, “la computer grafica ha aperto tutte le porte“). Coppola invece, rispetto a questo approccio positivista, sceglie di fare un film che rifiuta qualsiasi tentativo di far sembrare reale il fantastico, dalla sequenza d’apertura – con il teatrino d’ombre a rappresentare la guerra tra l’esercito di Dracula e i turchi – alle transizioni tra le scene che ricordano più il cinema muto che il montaggio moderno.Tutto è apertamente teatrale, e la maggior parte degli effetti speciali sono così smaccatamente vecchio stampo da poter essere riprodotti, con un po’ di ingegno, già agli albori del cinema (cosa citata dal film-nel-film che Dracula e Mina vedono a Londra)[1]. Già al tempo dell’uscita in sala, Coppola aveva sottolineato questa scelta degli effetti analogici, segno che ci teneva particolarmente. E’ interessante, comunque, come la dicotomia tra positivismo e mondo dell’irrazionale non sia mai a compartimenti stagni: in BSD, è proprio Dracula, l’essere mitologico nato in un mondo superstizioso e arcaico il più entusiasta delle innovazioni della tecnologia, rappresentate… dal cinema.
La sfida o l'idolo nero di Frantisek Kupka (1903) e il castello di Dracula
E adesso dovrò confessare una colpa- cioè che, nonostante abbia da tempo il dvd col doppio audio d’ordinanza, non ho mai visto BSD in lingua originale, a parte qualche spezzone. Gli accenti posticci degli attori (laddove Oldman, Ryder, Reeves e Hopkins interpretano tutti personaggi di nazionalità diversa dalla loro) sembrano essere uno dei maggiori motivi di critica tra gli spettatori angolofoni, un difetto che, purtroppo o per fortuna, è appianato dal doppiaggio. D’altra parte i dialoghi parlano chiaro: ancora una volta, no al naturalismo e sì alla teatralità. Tutto, nel film – dalla fotografia densissima al décor minuzioso e ornato, roba da far crepare d’invidia Des Esseintes – è filtrato attraverso una sensibilità simbolista e decadente. Basta guardare la Salomè di Oscar Wilde, dichiarazione d’amore dello scrittore nei confronti dell’estetica decadentista[2] anche più del Ritratto di Dorian Gray, e confrontarla con l’arguzia e l’ironia delle altre sue commedie per capire cosa definiva il gusto della Decadenza.
Il bacio della Sfinge di Franz von Stuck (1895) e l'amplesso tra Lucy e Dracula: l'erotismo come forza primordiale e orrorifica
D’altra parte Coppola non ha indossato il cappello a cilindro per dirigere il film, né si è fatto crescere dei discutibili baffi a manubrio: trattandosi dei primi anni ’90, ha fatto tutto indossando ancora più discutibili camicie a quadri. Perché pur abbracciando la prospettiva decadentista, Coppola la vede comunque col senso della prospettiva di un uomo moderno. Può permettersi di rendere esplicite le immagini che, ai tempi di Stoker, potevano essere solo suggerite: l’orgia delle spose demoniache, l’amplesso semi zoofilo tra Lucy e Dracula-mannaro, e ovviamente tutto il simbolismo sessuale malamente nascosto dietro il morso del vampiro e lo scambio di sangue. Chiaro che non è il primo a farlo, Dracula è il mostro classico la cui svolta smaccatamente erotica, al cinema, è stata più precoce e marcata. L’attrattiva sessuale di Dracula è connaturata al personaggio così come lo conosciamo. Ma Coppola ricontestualizza il tutto nel mondo che ha originato il mito di Dracula come aristocratico seduttore[3] – quella società vittoriana tanto puritana nelle norme sociali quanto ossessionata dal sesso appena sotto la superficie. E’ il contesto da cui escono sia Freud, sia le donne fatali del decadentismo, simboli di un erotismo potente e quindi pauroso, o perlomeno perturbante. In BSD vediamo come sia Mina, sia Lucy (quest’ultima dalle fattezze klimtiane), siano ingabbiate da una mentalità che le mette su un piedistallo in quanto donne e allo stesso tempo non le considera pienamente come individui per il medesimo motivo.[4]
Le spose di Dracula secondo Kate Beaton
Anche se non si può dire che Dracula abbia una buona influenza sulle due donne, dato che uccide Lucy e contagia una pur consenziente Mina, fa da catalizzatore per mostrare l’inadeguatezza del tessuto sociale che le costringe. Gli uomini del film, a parte forse Van Helsing, sono impotenti (no pun intended. O sì?) di fronte alle trasformazioni di Mina e Lucy, non sanno affrontarle e di fatto le abbandonano al proprio destino: alla fine, la catarsi finale sarà tutta una faccenda tra Mina e Dracula.
In definitiva, anche se non ho mai trovato la storia di BSD debole o difficile da seguire come dicono alcuni critici, sono d’accordo sul fatto che è lo stile il punto forte del film. Quello che mi sembra troppo poco spesso sottolineato, però, è come questa cura formale non sia solo esteriore, ma un vero e proprio studio sullo spirito del tempo in cui si svolge la storia e, collateralmente, sul cinema. La forma, insomma, diventa inscindibile dal contenuto; un’impressione simile me l’ha fatta The Prestige, che curiosamente si concentra sullo stesso periodo storico ma pressoché ribaltando gli equilibri tra positivismo e mondo occulto. Mentre in Dracula si usa, o si tenta di usare, la scienza per venire a capo di un nemico soprannaturale, in Prestige accade più o meno il contrario. Ma il film di Nolan merita un post a parte. Bram Stoker’s Dracula resta un film anomalo, orgogliosamente fuori tempo e proprio per questo longevo, da riscoprire.
[1] Lo so: dopo la recensione di A Serbian Film e questa e anche questa è lecito chiedermi “Poggy, ma tu vedi sempre i film-nei-film?” OVVIAMENTE NO, ma ammetto che è un po’ una mia fissa. Mi sbaglierò, ma quando un regista mette nel suo film una scena al cinema, e/o un personaggio che ha a che fare col cinema, e/o una citazione di cinema, beh, secondo me quel regista vuole parlare di cinema.
[2]Tanto che Wilde, pur avendo speso spesso buone parole nei confronti di Aubrey Beardsley, fu inizialmente deluso dalle illustrazioni che questi fece per Salomè: Wilde aveva in mente i quadri sovraccarichi e dorati di Gustave Moreau, non il minimalismo e l’ironia dei disegni di Beardsley.
[3] I vampiri del folklore slavo cui Stoker si era ispirato non avevano particolari connotazioni sessuali, ricavando il loro potere pertubante dal concetto del morto che ritorna e “contagia” con la morte i vivi; a proposito di contagio, Bram Stoker’s Dracula è anche stato definito “Dracula nell’era dell’AIDS”
[4] Scrive Jonathan Rosenbaum: “One should add that while the treatment of female sexuality as predatory (making all the female characters with the possible exception of Mina erotically interchangeable) is conventionally Victorian and therefore sexist, the generally positive treatment accorded to Mina’s sexuality, even when it intersects with vampiristic blood lust, might deserve the adjective “feminist.””
(pubblicato originariamente su bidonica.wordpress.com)
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta