Mi sia perdonato un post sulla musica, ma ancora non riesco a credere alle mie orecchie.
Conosco piuttosto bene l'Ottavo Quartetto in do minore op.110 di Shostakovich - uno dei più grandi capolavori della storia della musica - l'ho ascoltato moltissime volte dal Quartetto Borodin, sia dal vivo, che nelle molteplici incisioni.
Il quartetto si divide in cinque movimenti senza soluzione di continuità:
Video 1: I. Largo ---> 4'45
II. Allegro molto 4'45 ---> 7'43
III. Allegretto ---> 1'43 del Video 2
IV. Largo ---> 3'25 del Video 3
V. Largo
Innumerevoli i momenti memorabili, dalla danza degli scheletri del terzo tempo (8'00), alle note tenute del quarto tempo, a quella figurazione desolata che sorge nel quinto.
Valentin Berlinsky, il violoncellista da poco scomparso del leggendario Quartetto Borodin, che ho avuto l'onore di conoscere, racconta di quella volta, quando eseguirono tale lavoro di fronte al compositore, a casa di quest'ultimo.
Quando si spense anche l'ultimo suono, trovarono il compositore con il viso fra le mani. Non dissero niente, ed uscirono in silenzio dalla stanza.
Ricordo la mia esperienza col finale del Secondo Quartetto, proprio l'ultima variazione (mi riferisco alla incisione per la Virgin).
Qualcosa cambiò, energeticamente, dentro di me. Mi misi al piano e provai , ancora in quello stato, l'Andante con Variazioni in fa minore di Haydn. Suonai molto meglio, con maggiore ispirazione del solito. Fu perchè l'energia di quella esecuzione del Quartetto di Shostakovich, ancora vibrava dentro di me.
Cominciai ad avere i primi bagliori delle profetiche parole di Roberto Assagioli, il padre della Psicosintesi, sulla Psicoenergetica, la "quinta forza" nella psicologia.
Il futuro della psicologia riguarda l'energia, gli stati energetici, e qui... questa è energia interiore pura, Shostakovich ci ha regalato, tramite questo quartetto così tragico, desolato, una delle vette della purezza energetica. L'ha presa chissà da dove - dalla sua autobiografia, dice il Grande, essendo questi quartetti (15 capolavori) forse la sua rivelazione più intima, il suo testamento.
E' straordinaria, questa interpretazione live del Quartetto Kopelman a Cipro, del 12 Marzo 2008
Mikhail Kopelman, violino
Boris Kuschnir, violino
Igor Sulyga, viola
Mikhail Milman, violoncello
Mi commuove il sorriso del violista Igor Sulyga alla fine, dopo che l'ultima nota è svanita, e segue quel lungo silenzio.
Dopo una simile dichiarazione al mondo, può solo seguire il Silenzio.
Mikhail Kopelman si toglie gli occhiali.
Mi colpisce il suo gesto, con quale semplicità questi quattro musicisti consegnano una delle più memorabili esecuzioni di tale quartetto, insieme a quelle del Quartetto Borodin (di cui, giova ricordarlo, Kopelman fu il primo violino per molti anni).
Come se fosse ordinaria amministrazione, per l'uomo, toccare queste vette.
Queste vette sono le più alte e supreme della musica, sono il Tibet dell'arte dei suoni. Attraverso questa desolazione, arrivare alla verità dell'energia interiore. Questo è yoga sonoro, queste sono forze interiori che si risvegliano, richiamate alla vita da questi suoni.
Lo Yoga, in sintesi, può forse essere considerato l'arte di risvegliare i lati energetici dormienti dell'essere umano, al fine di accedere alle sue facoltà superiori.
Se dovessi dire: tutto in questo Quartetto n.8 - suonato così - mi appare come energia pura, disidentificazione totale dagli aspetti inferiori della personalità. Una specie di consegna diretta, "a mano", della realizzazione del sè transpersonale. Un salto al di fuori dei confini della personalità di facciata, frutto delle identificazioni. Se di storia personale di Shostakovich si tratta, è la storia di un illuminato.
Non riesco a farci niente, di fronte al campo magnetico di queste note così intime, tenute lungamente, gli occhi vanno da qualche altra parte, restituito al me stesso dimenticato.
Non so come altro spiegare le lacrime di gioia, lo stato di interiore forza energetica, che risvegliano in me questi suoni. Questa sublime polifonia alternata a canti monodici in pp.
Forse è proprio vero che Shostakovich sia stato il più grande compositore del secolo scorso.
Secondo il mio parere, il valore della musica corrisponde al suo valore yogico. Una musica è buona nella misura in cui sa risvegliare nell'ascoltatore la coscienza del suo Sè transpersonale.
Credo siano molto diverse le origini della musica, così come quelle della poesia etc.
Allo stesso modo che lo yoga tenta di mettere in moto le parti superiori della Coscienza, così la musica a seconda della sua origine. Certa musica stimola i centri nervosi, e lì finisce la sua azione. Alle volte parlo di "qualità delle emozioni": intendo distinguere tra le emozioni suscitate da una musica del genere, che stimola i centri nervosi, e quelle suscitate da una musica che induce nell'ascoltatore un senso di disidentificazione con gli avvenimenti della vita psichica - pensieri, sensazioni, emozioni.
Va da sè, occorre arrivare a distinguere nelle emozioni, in qualche modo. Come, sarebbe troppo lungo da spiegare qui (altrove ci ho provato).
Anche la qualità dell'interpretazione, a mio avviso, dovrebbe essere giudicata dal senso di disidentificazione che induce nell'ascoltatore.
Buona è una interpretazione che trova la propria origine in uno stato di disidentificazione, peggiore è quella che vede i sentimenti dell'interprete nascere da uno stato di identificazione con la propria vita psichica inferiore.
E' l'identificazione stessa nella vita psichica che priva di energia il soggetto identificato. Questa musica - così eseguita - è come un serbatoio di energia che tende a spezzare le identificazioni, proprio in quanto energia di un determinato tipo, restituendo all'ascoltatore la sua identità profonda perduta.
E' pur vero, però, che occorre anche una certa disposizione mentale per andare incontro a tutto ciò. Non è infrequente che, su di me, l'effetto non sia esattamente questo. Ogni volta, però, scopro che ho lasciato accumulare troppe identificazioni per pensare, realisticamente, di poter riaccedere a questi stati in maniera così diretta.
Le identificazioni, impediscono il fluire dell'energia in tal senso, imprigionando ad un senso di identità ben lontano da quello più profondo o che a me pare essere tale.
Il maestro Zen non accelera i tempi di comprensione dell'allievo, aspetta che tutto sia maturo per l'accadimento.
Anche nella musicoterapia si usa per prima cosa usare della musica che rispecchi lo stato del paziente, e solo in un secondo tempo si usa quella per migrare verso lo stato desiderato. E' un processo morbido, esattamente corrispondente al divenire di un pezzo di musica.
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Aggiungo anche il Quintetto in sol minore op.57, dopo aver parlato con Immorale, perchè sarebbe una cattiva azione non farlo, tale è il capolavoro e tale è la grandezza degli interpreti.
Del resto, è una cattiva azione aggiungere qualcosa dopo che si è spenta l'ultima nota del quartetto n.8...
Quartetto Borodin
Mikhail Kopelman, violino
Andrei Abramenkov, violino
Dmitri Shebalin, viola
Valentin Berlinsky, violoncello
Sviatoslav Richter, pianoforte
Live al Conservatorio di Mosca, 5 dicembre 1983
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Caro Maurri, hai ragione, non è sempre così immediata la presa di coscienza, anzi non lo è quasi mai.
Tieni presente però che dietro all'espisodio raccontato ci stanno anni di esperienza con la paura, paure che alle volte ho creduto mi annientassero.
Ci ho vissuto, nella paura. L'episodio che ho raccontato è arrivato dopo anni di tentativi di capire cosa mi stesse succedendo.
Quando ci si prende dimestichezza, secondo me diventa abbastanza facile smascherare gli intrighi mafiosi interiori.
Perchè più o meno quasi tutto sembra riconducibile al conflitto interiore, e per capirlo a fondo bisogna prima di tutto conoscere la propria divisione interiore, e in cosa consista il meccanismo della identificazione. Quando si è fatta esperienza, sia pur modesta, di questa, diventa chiaro cosa intendano gli orientali con "l'attaccamento è l'origine dei mali".
Prima, anche cose relativamente semplici sembrano irrazionali. La depressione viene chiamata "il male oscuro", ma questo non è così vero. E' certamente vero alla luce di un certo tipo di psichiatria materialista.
Roberto Assagioli ha chiamato "notte oscura dell'Anima" quei periodi di assestamento interiore che portano alla depressione. Basta essere persone che coltivano nobili ideali in una società come questa, per diventar depressi. Lo dice anche Bertrand Russell, lo dice anche Erich Fromm.
Certo, arrivare a svelare i meccanismi del funzionamento interiore è alle volte difficile.
Ci sono state delle volte in cui mi sentivo così male che stendermi era impossibile, allora salivo su un bus notturno e facevo avanti e indietro la città fino a che spuntavano le prime luci dell'alba, appoggiandomi, ai capolinea, alle sbarre del bus per riposare un pò.
Le prime luci sembravano calmarmi, ed andavo a dormire. Lì certo non riuscivo a capire cosa mi accadesse, ma dopo anni teso a capirlo, l'ho capito. Non tutto, certo, ma abbastanza per star bene.
La musica che ho linkato non è fatta per fare esercizi di respirazione, io non ci riuscirei con nessuna musica perchè la musica mi attrae troppo.
Non credo che gli archi siano particolari, una volta che ti concentri su quello che dicono si rivelano uguali agli altri strumenti.
Il pianoforte, certo, è più intellettuale, meno legato ai sensi.
L'ideale per me sarebbero musiche di poco conto ma piacevoli, per esempio Einaudi o Allevi. Ma preferirei, allora, non accompagnarmi con la musica.
Il mio respiro diventa quello di Shostakovich, di Beethoven, di Schubert. Voglio che sia così.
Il loro respiro, è la cura.
Dimenticavo di ringraziarti per l'attenzione al mio post, aveva ragione quel tale che mi diceva
"La generosità, il nobile impulso verso gli altri! Ecco il tuo peggior difetto!"
Ecco un altro brano capace di una azione simile, su di me: Schubert, Der Doppelgänger (Il sosia), cantato da Feodor Chaliapin con accompagnamento orchestrale invece dell'originale pianistico.
A proposito di Mussorgsky, egli è considerato il massimo interprete del Boris Godunov.
Ecco, non riesco ad immaginare niente di più evocativo, come se si fosse nella notte, sulle cupe onde dell'oceano, immagine che non c'entra niente con le parole del lied.
http://www.youtube.com/watch?v=4Ko5TiAEBZU
Prima o dopo lo faccio un post su Chaliapin, per me il più grande cantante della storia. E' già un pò che lo medito.
Der Doppelgänger
The night is quiet, the streets are calm,
In this house my beloved once lived:
She has long since left the town,
But the house still stands, here in the same place.
A man stands there also and looks to the sky,
And wrings his hands overwhelmed by pain:
Upon seeing his face, I am terrified--
The moon shows me my own form!
O you Doppelgänger! you pale comrade!
Why do you ape the pain of my love
Which tormented me upon this spot
So many a night, so long ago?
Ah, Neve, mi stai facendo davvero bene: leggerti e ascoltare è una musicoterapia per me. Anche perchè sto andando in giro con Shostakovich! E, lo ammetto, dà una carica straordinaria. Da oggi, provo a disidentificarmi, ma non è così facile. Però, il lavoro stesso che sto sperimentando sul mio corpo, aiuta la mente a debellare certi fantasmi. E per me non è decisamente poco. Per la prima volta, vedo il mio malevole e passeggero senso di "non ce la farò mai" allontanarsi, con grazia, dal mio orizzonte. Parlare aiuta. Ma sapere come parlare, aiuta decisamente di più. Grazie.
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