Finalmente ci siamo. Venezia 2011 arriva al capolinea mentre dall’altro lato del mondo impazza Toronto: tempo di assegnare il Leone d’Oro e poi i mass media rivolgeranno l’attenzione al Canada e alle prime mondiali degli italiani Il primo uomo di Gianni Amelio e Isole di Stefano Chiantini.
I bookmakers parlano chiaro: favorito Carnage, inseguito da Killer Joe e Faust. Il primo italiano papabile vincitore è Terraferma mentre un pettegolezzo rimbalza dal Lido fino in Sicilia: qualcuno spinge per un riconoscimento (a voler esser precisi, Coppa Volpi) per Quando la notte. Chi avrà ragione? Intanto, l’esperienza mi dice di stare attenti a Himizu (acquistato per l’Italia da Fandango) e A Simple Life, già vincitore del premio del Ministero delle Pari Opportunità (cancellando così definitivamente la barzelletta dell’anno scorso con Goodbye Mama).
In una giornata caratterizzata dalla premiazione della sezione Orizzonti alle ore 15 e del Concorso alle ore 19 e i rispettivi film di chiusura, si segnala la tavola rotonda dedicata da Amnesty International, Articolo 21, Ministero dei Beni Culturali e Biennale alla difesa dei diritti umanitari.
Per gli eventi di Controcampo, ha proiezione alle 11:30 in Sala Darsena il documentario Io sono. Storie di schiavitù della regista Barbara Cupisti, qui intervistata da me qualche ora fa, alla vigilia di un evento che, al 90%, passerà inosservato sui giornali, che avranno occhi puntati solo sui premi.
Io sono. Storie di schiavitù (2011)
di Barbara Cupisti
«Questo è un viaggio nelle emozioni e nei ricordi delle persone che hanno subito il più spregevole dei traffici: quello degli esseri umani. Proprio per questo ho cercato di ri-dare un “sé” a coloro che ho incontrato. Guardare i loro volti, ascoltare i loro racconti mi è sembrato l’unico modo per farli uscire dall’”invisibilità” che rende impossibile la rivendicazione dei loro diritti. Ho deciso quindi di soffermarmi sui primi piani, sugli sguardi, sui silenzi che normalmente sfuggiamo per la nostra indifferenza. Laddove per motivi di sicurezza ciò non sia stato possibile, li ho raccontati attraverso le loro mani, i dettagli, i loro corpi. Profezia di Pasolini è stata la mia guida in questo “mondo sotto il mondo”».
Al documentario della Cupisti segue This is Not a Film di Jafar Panahi, struggente documentazione vista anche a Cannes sul rapporto che il regista iraniano anche agli arresti domiciliari ha con il cinema. Da segnalare, per la cronaca, che in partenza per il Lido il coregista Mojtaba Mirtahmas si è visto sequestrare il passaporto dalle autorità e costretto a non partecipare alla giornata.
Per Orizzonti in Sala Perla, dopo la cerimonia di premiazione delle 15, i film di chiusura sono The Annunciation di Eija-Liisa Ahtila, una video installazione sull’annunciazione e Monkey Sandwich dell’artista visuale Wim Vandekeybus:
«Quando si avvia un progetto, è necessario mettersi in sintonia con qualcosa che ancora non esiste – almeno per quel che ne sappiamo – e scriverne la storia. Ma come si fa a sapere di cosa parlare, se non ci è già familiare? E cosa ne sappiamo in quella fase iniziale? Come dare vita a questa cosa? Come avvicinarci e intraprendere un dialogo – su quale argomento poi e in che lingua? L’approccio istintivo è quello di muoversi su un terreno noto e familiare, a volte con tale forza e precisione da osservare le cose da un solo punto di vista e in un’unica direzione, tutto in perfetto ordine – qualcosa davanti, qualcos’altro dietro e così via – in prospettiva. Ma ciò che è noto può rispondere ai criteri necessari per la descrizione di un miracolo? Ci può travolgere di stupore, se lo conosciamo così bene e a fondo? Cos’altro possiamo vederci? Può subentrare tuttavia un interrogativo che non ci è chiaro. O un’immagine che sconcerta la mente. Sono in mostra da qualche parte, in attesa di essere scoperti. Non resta che vedere chi si ferma ad osservarli. E come li osserva».
Monkey Sandwich (2011)
di Wim Vandekeybus con Jerry Killick, Carly Wijs, Davis Freeman
«Monkey Sandwich è un film che parla di errori, perdite e colpe. Un elogio all’arte del racconto che intreccia varie leggende in un’unica storia sulla catastrofe provocata da un errore umano. La gente racconta storie per spiegarne altre, usando un tipo di comunicazione che suggerisce i fatti: logici oppure no, divertenti o spaventosi, crudeli o moralizzanti, veri o inventati. È una sorta di usanza popolare post-industriale per rispondere alle paure e ai desideri universali. Come facevano in passato i trovatori con le loro canzoni, così la gente inventa storie per esprimere ciò che ha dentro. Monkey Sandwich è la storia di un uomo alle prese con le conseguenze delle sue azioni, spesso incapace di esprimere ciò che vorrebbe».
Dopo la cerimonia di chiusura delle 19 e l’assegnazione dei premi principali del Concorso, alle 20:30 Venezia saluta pubblico, giornalisti e il direttore Muller con la proiezione fuori concorso del film Damsels in Distress di Whit Stillman:
«Secondo un detto, l’unico modo per vivere il futuro che desideriamo è quello di inventarlo noi stessi. Impossibile non ammirare gli idealisti che, insoddisfatti della realtà, inventano mondi alternativi. Ma la sicurezza e la padronanza di questi architetti del futuro nascondono spesso persone fragili, poco flessibili e facilmente distruttibili. Nel film la parola “tailspin“ ha un ruolo chiave. In aviazione il termine significa avvitamento, l’azione di un aereo che scende in picchiata, ruotando a spirale. Ma in un’accezione più informale può significare “perdita del controllo sulle emozioni che può portare al crollo emotivo“. Proprio come un pilota d’aereo che si lancia in picchiata per guadagnare velocità, riprendendo il controllo un attimo prima di toccare il suolo, così la nostra eroina punta verso il basso per dare una svolta alla sua vita – ma in caduta libera non sempre si può evitare lo schianto fatale».
Tra un paio d’ore, vi aggiornerò con i risultati finali, ricordando a tutti che la cerimonia sarà in diretta su Rai Movie e presentata da Vittoria Puccini che, nonostante il grave lutto familiare che l’ha colpita, non rinuncia agli obblighi professionali.
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