«Caro estorsore...
volevo avvertire il nostro ignoto estorsore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l'acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere... Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al "Geometra Anzalone" e diremo no a tutti quelli come lui».
Libero Grassi, Giornale di Sicilia, 10 gennaio 1991
Via Alfieri, a Palermo, si trova alle spalle della centralissima via Libertà, il salotto liberty della città, popolato a tutte le ore da gente di ogni estrazione socioculturale. A due passi dall'appartamento in cui viveva Libero Grassi ci sono un supermercato di una grossa catena della grande distribuzione organizzata e un bar molto frequentato, lo stesso per intenderci da cui Silvio Berlusconi si fa mandare le amate cassate siciliane. Alle sei del mattino è già aperto eppure alle 07:30 del 29 agosto 1991 nessuno ha visto nulla. Come adesso, faceva caldo e il passaggio di due uomini con tanto di casco (che a Palermo tuttora non usa nessuno) a bordo di una motocicletta di grossa cilindrata è passato inosservato. Silenzi, muri, omertà... nenti vitti e nenti sacciu, mutu sugnu!
Eppure Libero Grassi era stato ospite da Santoro ai tempi d'oro di Samarcanda su Raitre, tutti in città ne parlavano, chiunque lo riconosceva e lo additava come un untore, il portatore di peste che aveva osato scoperchiare un'abitudine consolidata. Nessun imprenditore a dimostrargli solidarietà, lo Stato più assente che mai nonostante le minacce che aveva già ricevuto, una solitudine che avrebbe dovuto far rumore più dell'eco degli spari che quella mattina misero fine alla sua vita.
Eppure Libero Grassi non esiste nella memoria collettiva: seguirono una trasmissione a reti unificate, Raitre e Canale 5 si affidarono a Santoro e Costanzo per ricordarlo un mese dopo, una medaglia al valor civile e poi silenzio. Forse qualche via in sua memoria dedicata qui e là, neanche una targa commemorativa sul luogo dell'omicidio. Solo un manifesto spesso accusato di abusivismo, una corona di fiori una volta all'anno e una macchia di sangue rosso dipinta sul marciapiedi dai figli e dalla moglie Pina, unici eredi di un messaggio che continua a vivere grazie al lavoro dei giovani ragazzi di Addiopizzo, coloro che anni fa sfidarono pubblicamente la mafia riempendo le strade di Palermo di manifesti luttati con la scritta un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità, e dell'Associazione Libero Futuro.
Sono passati ormai vent'anni e Raidue domani sera ricorda la storia di Libero Grassi nel documentario Libero nel nome di Pietro Durante. L'orario, come al solito, è proibitivo: 23:30/23:50, ma chi vuole sapere, ricordare o semplicemente omaggiare il coraggio di dire no di un uomo solo sa come far sentire la sua presenza.
Libero nel nome (2010)
[ Italia 2010, Documentario, durata 70'] Regia di Pietro Durante
All’alba della calda mattina palermitana del 29 agosto 1991, l’imprenditore Libero Grassi viene trucidato a colpi d’arma da fuoco da dei killer inviati dalla mafia per aver avuto il coraggio, qualche mese prima, di denunciare i suoi estorsori in una lettera pubblicata in prima pagina sul Giornale di Sicilia. Dopo vent’anni, la moglie e i figli ne raccontano la vicenda, mettendo in luce come l’eredità morale di quel sacrificio sia stata raccolta dai ragazzi del comitato Addiopizzo, che lotta a viso aperto contro il racket delle estorsioni.
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