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Hara Setsuko: sorriso di donna 1
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Hara Setsuko, una delle attrici più rappresentative del cinema giapponese e il suo sorriso

 

Hara Setsuko (vero nome Masae Aida) nasce a Yokohama il 17 giugno 1920.

Vivente, fa onore con i suoi 91 anni alla non inconsueta longevità del popolo giapponese.

 Nel ’35 inizia a lavorare nel cinema, un lungo impegno che la vede recitare anche in quattro o sei film l’anno, un superlavoro normale allora in Giappone.

Su questo aspetto del cinema giapponese di quei decenni val la pena di soffermarsi sull’analisi che  ne fa Donald Richie nel capitolo Attori del suo fondamentale lavoro su quel cinema.[1]

 Un divo interpreta normalmente da sette a dieci film in un anno. Gli attori di primo piano partecipano abitualmente ad un solo film per volta, mentre quelli secondari passano normalmente da un personaggio all’altro, da un teatro di posa all’altro.Questa usanza si è talmente diffusa che gli aerei di linea fra Tôkyô e Kyôtô sono sempre pieni di attori che fanno la spola fra le due città…

 Anche quando arrivò la fama, Hara Tetsuko continuò ad essere superimpegnata e a recitare in numerose produzioni e questo appartiene ad un carattere del cinema giapponese (almeno fino agli anni sessanta) per cui attori capaci di diventare divi erano pochi ed in genere avevano una brevissima vita professionale.

 I fans giapponesi  erano  talmente stravaganti che in paragone i loro colleghi americani sembrano dei tipi tranquilli, - afferma Richie riferendosi alla volubilità che li rendeva facili all’abbandono e alla dimenticanza, e  pertanto i divi -…tendono a monopolizzare partecipando a un grandissimo numero di film per limitare il formarsi di una concorrenza.

Naturalmente le differenze rispetto allo star system occidentale non si limitavano a questo, una fra le più interessanti messe in evidenza da Richie erano i compensi, di gran lunga inferiori a quelli dei colleghi d’oltreoceano.

Hara Tetsuko non sfugge dunque a questa regola, ma, nonostante il gran numero di film  in cui recita già da adolescente, deve la sua fama ai due grandi incontri della sua vita: Kurosawa Akira e Ozu Yasuijro.

 

Di lei ricorda Donald Richie[2] :

 “Entrò alla Nikkatsu nel 1935, chiamatavi dal cognato, il regista Hisatora Kumagai. Era talmente giovane e affascinante che Arnold Franck la scelse ben presto per la coproduzione nippo-tedesca della Nuova terra […] Se nel cinema giapponese esiste qualcosa che possa essere grosso modo definita come una donna energica questa è probabilmente Hara Setsuko.Come Joan Crawford ha un’ideologia quasi sempre femminista e quelli che sono i suoi personaggi preferiti tendono ad illustrare la tesi che la madre o, più spesso, la moglie, è quella che ne sa di più”.

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Un ”imperatore” sulla sua strada

locandina

Non rimpiango la mia giovinezza (1946): locandina

Kurosawa Akira, nel ’49, vuole Hara Setsuko protagonista femminile di Waga seishun ni kuinashi (Non rimpiango la mia giovinezza).

Hara interpreta Yukie, amata da Noge, donna che compie per lui un percorso di autocoscienza tale da trasformarla radicalmente da piccola borghese, frivola e capricciosa, in donna matura, coraggiosa e consapevole.

Yukie è quella che ho definito, recensendo il film, “unica “eroina” protagonista nel mondo “virile” di Kurosawa”, tentando successivamente, con un’ analisi su Le donne di Kurosawa, (play list del 6/4/2011) di dissipare il pregiudizio di un cinema di Kurosawa esclusivamente al maschile.

Non è Yukie, infatti, l’unico esempio a dimostrare quanta parte abbia avuto la donna nel suo cinema, ma certo Hara Setsuko è stata una delle poche attrici investite di un ruolo così importante di co-protagonista di primo piano (non sono da trascurare in questo senso neppure Asaji nel Trono di sangue e Masago in Rashomon, anche se con minore carica seduttiva rispetto a Yukie), e questo in ragione di una personalità e di una presenza scenica eccezionali, da attrice capace di polarizzare su di sé tutta l’attenzione, come accade per le grandi donne del cinema occidentale.

scena

Rashômon (1950): scena

 Ancora con Kurosawa, Hara lavorò nel ’51, quando solo lei poteva  dare il volto a Taeko Nasu, la splendida cortigiana di Hakuchi (L’idiota), trasposizione della Nastassia Filippovna del romanzo di Dostojevskij, donna capace di scatenare passioni estreme eppure fragile e indifesa, colei i cui occhi pieni di tristezza ipnotizzano  Kameda, l’idiota, “l’unico ad aver capito che quella donna non è da comprare ma da capire e amare”.

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The eternal virgin

E’ l’epiteto formulare di Hara Setsuko e certo a coniarlo contribuì in modo determinante il suo sodalizio con Ozu, che plasmò su di lei uno dei suoi personaggi migliori .

 Tutto comincia nel ’49, anno di Bashun (Tarda primavera)

scena

Tarda primavera (1949): scena

Seguono nel  ’51 Bakushu (Il tempo del raccolto del grano), nel ’53 Tôkyô monogatari  (Viaggio a Tokyo)

quindi  Tôkyô boshoku (Crepuscolo di Tokyo) nel ’57, nel ’60 Akibiyori (Tardo autunno)  e infine, nel ’61, Kohayagawa-ke no aki (L'autunno della famiglia Kohayakawa).

Titoli fra i più noti della grande produzione di Ozu, appartengono tutti alla fase post-bellica, allorchè il regista concentrò la sua attenzione sul dramma casalingo giapponese, e lo sviluppo dei personaggi  divenne più importante dell’intreccio dell’azione:

 I film con intrecci troppo elaborati mi annoiano, – affermò il regista – naturalmente un film deve avere una sua struttura, altrimenti non sarebbe un film, ma credo che per essere buono debba rinunciare all’eccesso di dramma e all’eccesso di azione. 

 Con Chishu Ryu, attore ozuiano per antonomasia, Hara Setsuko divenne fino alla morte del regista la musa di questo mondo famigliare che Ozu riprende “ad altezza di tatami”.

 

Quando la vediamo nei film di Ozu interpretare la parte della figlia, della madre vedova o della moglie devota ci chiediamo dove siano finite l’energica Yukie di Kurosawa e la triste Taeko, cortigiana contesa tra il sanguigno e muscolare Akama (un Mifune delle grandi occasioni) e l’idiota Kameda, un principe Myskin trasferito dalla Pietroburgo aristocratica di secondo ‘800 alle nevi di Sapporo, tanto diversi sembrano quei mondi.

La creazione di Ozu non ha perso nulla del fascino delle eroine kurosawiane, ma Hara Setsuko nelle sue mani è diventata un mito:

 

Hara Setsuko è la donna del sorriso.

 

Osserviamola, dunque, nel post successivo, in alcune delle sue interpretazioni di film di Ozu, quelli che la collocano nella galleria dei grandi personaggi del cinema mondiale, certo meno conosciuti di tante dive nostrane, ma questo è da imputare al pregiudizio diffuso sul cinema giapponese non al suo valore (del resto, lo stesso si può dire di Chishu Ryu, grande attore ma certo poco frequentato dalle platee occidentali)

Scelgo di isolare in un post successivo la rassegna dei film per facilitare lo scorrimento delle immagini e del testo (che trarrò da alcune mie recensioni) ed evidenziare meglio le parti.

 

post successivo > 

 

 

 

[1] J.L.Anderson – D. Richie, Il cinema giapponese, ed.Feltrinelli, 1961, p. 405 ss.

[2] J.L.Anderson – D. Richie, cit., p.413 

 

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