Non sono un ammiratore di Ivano Fossati, ma penso che si possa dire di lui che sia stato, se non un bambino, almeno un ragazzo prodigio. A 19 anni entra a far parte dei Sagittari, gruppo rock che poi ha mutato il proprio nome in Delirium. Di questa band Fossati è stato leader, cantante e flautista, proponendo sonorità progressive, vicine a quelle dei Jethro Tull. Nel 1972, i Delirium partecipano al Festival di Sanremo, ottenendo un ottimo successo con la canzone Jesahel (vedi sotto) ed imponendo la dominante personalità del giovane cantante, di forte presenza scenica con quel suo giaccone scuro da pastore o da profeta del rock.
Poco dopo, però, Fossati si stacca dal gruppo ed abbraccia una carriera solista che lo porterà sempre più lontano dalla musica degli esordi. Sarà una carriera che si muoverà sui binari del cantautorato, nella scia di molti esponenti della scuola genovese, all'interno della quale Fossati non ha mai nascosto un'ammirazione particolare per Bruno Lauzi. E sarà una carriera che lo porterà a collaborare con Fabrizio De André, negli ultimi album di quest'ultimo, Le nuvole e Anime salve.
L'esordio solistico di Fossati, comunque, avviene con un 45 giri, oggi quasi introvabile, dal titolo Beati i ricchi. Si tratta della canzone che accompagna i titoli di testa (ed anche quelli di coda) dell'omonimo film di Salvatore Samperi, con Paolo Villaggio e Lino Toffolo. La canzone è composta dal futuro premio Oscar Luis Bacalov, è eseguita dai misconosciuti Godfathers e riflette, nella struttura musicale, le precedenti esperienze progressive rock del cantante, probabilmente autore dei testi.
Il film è moderatamente divertente, nel complesso piuttosto modesto, ma mi ha colpito per questa sua "sigla" musicale assai particolare. Eccola.
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