Vi vedo. Oggi la maggior parte di noi interromperà le abitudini quotidiane per staccare per un paio di giorni di ferie. Tutti già impegnati a riempire le proprie ingombranti valigie adornate da costose mappe geografiche risalenti ai secoli scorsi o arricchite dalle vele simbolo dell’ultima raccolta punti della pompa di benzina sotto casa: chi parte per cercare l’infinito sui tetti dell’Himalaya, chi si reca al villaggio vacanze di Porto Palo con la speranza di rimorchiare la ragazza irlandese conosciuta due anni prima e chi, invece, si trasferisce a Santo Stefano di Camastra perché di più non si può, c’è crisi e tanto il mare sempre mare è.
E vedo anche chi è intento a maneggiare con i timer o gli showview di vecchi videoregistratori o a ricercare affannosamente quel piccolo negozietto di periferia che ancora spaccia VHS nuove. Chi cerca di capire come funziona quel maledetto telecomando del nuovo dvdrecorder che tra UHF, VHF, AV1, AV2, USB, DTT e SAT ha più sigle di un ematocrito completo. Chi sbraita contro il software che permette di registrare direttamente on line i programmi della tv in chiaro e chi manda al diavolo il decoder della paytv, che permette di registrare ma fino a un certo numero d’ore, per provare a far quadrare i calcoli dei minuti, centellinandoli come piccole pagliuzze d’oro prezioso, pur di recuperare il passaggio televisivo di un titolo altrimenti introvabile o di rivedere quel vecchio film visto quindici anni fa e mai ripassato.
Se appartenete a entrambe le categorie, questo è un post di servizio (o di utilità, se preferite). Segnatevi una data e programmate sin da ora tutto ciò che vi è possibile (two is meglio che uan, recitava un noto spot estivo di qualche anno fa): 14 agosto (data infelicissima per una prima tv internazionale, non passata neanche per i cinema) ore 02:20, Raitre.
Direttamente dall’ultimo Festival di Cannes dove ha vinto la sezione Un Certain Regard, Enrico Ghezzi all’interno di Fuori Orario trasmetterà Arirang di Kim Ki-Duk. Un documentario direte voi, ben altro aggiungo io. Il pressbook del film ai tempi della rassegna sulla Croisette era il più misterioso di tutti, si apriva con le seguenti parole:
Arirang sono io, Kim Ki-Duk al cubo, tre ruoli in un solo film: regista, sceneggiatore e protagonista della scena.
Attraverso Arirang, ho scalato le montagne della vita, ho capito l’essenza dell’umanità stessa e grazie alla natura ho accettato ciò che adesso è la mia vita. Perché noi siamo ciò che viviamo oggi: in un mondo terrestre che cela i desideri, in un mondo fantasma dove si nascondono i dolori e in un mondo immaginario dove seppelliamo i sogni, senza un inizio e senza una fine, si rischia lentamente di impazzire…
Dopo l’inesorabile crollo emotivo, cosa mi è rimasto intorno? Cosa mi rimane impresso nella mente dopo aver toccato le corde delle mie emozioni, cosa è ancora inabissato nella mia anima dopo aver smosso la mia compassione? Se non aprissi il mio cuore, i cattivi ricordi sarebbero cancellati come fossero persone cattive… ma se apro il mio cuore, mi faranno compagnia fino al giorno in cui morirò… Ah…
Arirang…
Procediamo allora spietatamente, facciamoci del male, uccidiamoci fino al giorno in cui moriremo…
Anche oggi, torno al passato e mi arrabbio, sorrido e mi ingelosisco, amo e odio, con la stessa intensità di allora. E perdono allo stesso modo in cui fremo per uccidere. Ma mi fermo e aspetto… Ucciderò, è vero, ma me stesso davanti ai vostri occhi.
Pur nella tortuosa dichiarazione, il regista autore di 15 film nell’arco di 12 anni racconta a chiare lettere ciò che andrà a fare: processarsi di fronte allo spettatore, a modo suo, seguendo ciò che ha fatto grande il suo cinema. Cosa abbia scatenato il profondo stato di depressione in cui è caduto, viene specificato dalla trama sotto. Dove sia arrivato l’hanno visto i pochi eletti che erano in Francia, non mi piace l’idea di ricorrere alle recensioni professionali di Variety o di Hollywood Reporter per raccontarvi l’effetto raggiunto e ottenuto. Così come non mi piace farne un discorso tra cinema occidentale e cinema orientale (materia tra l’altro in cui son negato per natura e ho delle falle incredibili). Mi piace, però, attirare la vostra attenzione sulla riflessione, a metà tra il cinematografico e lo psicologico. Magari ne riparleremo dopo aver visto il film, intanto puntate le registrazioni e capite se le tre stelle già assegnate da alcuni critici siano effettivamente reali o frutto di una svista.
--------------------------------------------------------------------------------------------------
--------------------------------------------------------------------------------------------------
Arirang (2011)
[Arirang, Corea del Sud, 2011, Documentario, durata 101']
Regia di Kim Ki-duk
Con Kim Ki-duk
Nel 2008 sul set di Dream, il regista Kim Ki-Duk assiste impotente a un incidente che quasi provoca la morte di un’attrice. L’evento lo segna e spinge l’uomo a interrogarsi sul senso dell’esistenza e a ripercorrere il proprio passato, rivivendo anche il presente e prospettandosi un nuovo futuro. Ne esce un viaggio introspettivo in cui il regista riflette sui rapporti fuori e dentro dal set, sull’amore, sulle passioni e sull’odio, unico sentimento di cui il mondo potrebbe fare a meno.
--------------------------------------------------------------------------------------------------
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta