L’arte di Abbas Kiarostami nasce in mezzo ai bambini. I suoi primi film rientrano infatti nelle attività dell’Istituto per lo Sviluppo Intellettuale dei Bambini e degli Adolescenti “Kanoon” di Teheran, un centro dedicato alla formazione artistica e letteraria delle nuove generazioni. Nel 1969, la struttura si dota di una sezione cinematografica. Tra i fondatori figura il ventinovenne Abbas, un disegnatore proveniente dal mondo della pubblicità e dell’editoria per l’infanzia, ma già provvisto di una certa esperienza come regista, avendo realizzato spot televisivi ed i titoli di testa di alcuni film.
L’anno successivo, Kiarostami gira Nan va Koutcheh (The Bread and Alley)(1970), il suo primo cortometraggio a soggetto: un filmato che segue il cammino di un ragazzino attraverso le viuzze di un quartiere popolare.
Questo breve racconto, girato in bianco e nero e privo di dialoghi, introduce quel mondo fatto di strade, di ricerca e di solitudine che caratterizzerà buona parte del cinema iraniano contemporaneo.
Un tema analogo è riproposto in (Zang-e Tafrih) Breaktime (1972), ma qui l’argomento si arricchisce di due importanti elementi destinati a ritornare nelle sue opere successive: la scuola e il gioco del calcio.
Studio, sport e divertimento sono le componenti essenziali nella formazione dei ragazzi. Sono le opportunità che sono negate al quattordicenne Mamad in Tadjirebeh (The Experience) (1973) e che entrano in conflitto, per il piccolo Qassem, in Mossafer (Il viaggiatore) (1974): sono questi i due primi lungometraggi di Kiarostami, che saranno immediatamente seguiti da altri due corti a sfondo prettamente didattico.
In Dow Rahehal Baraye yek Massaleh (Two Solutions For One Problem) (1975) l’insegnamento è di natura morale:
In Rangha (Colors) (1976) si parla invece di pittura: con una carrellata di immagini raggruppate per colore viene illustrato l’utilizzo del rosso, del verde, del giallo, del blu, dell’arancione, del bianco, del viola e del nero nella rappresentazione della varietà del mondo.
In entrambi i casi il messaggio è affidato alla forza dell’esempio, che fa un sapiente uso dell’elencazione e della ripetizione: l’incisività è supportata dalla pazienza, ed entrambe si mettono al servizio di una limpida poesia della vita, ritmicamente articolata intorno ad un refrain di immagini tratte dalla realtà: una realtà che, se guardata con occhi sufficientemente attenti, si trasforma, per incanto, in una bellissima scuola a cielo aperto.
La precedente puntata di Quando non erano famosi:
(29) William Hanna & Joseph Barbera
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