Il sipario calato
Solo nelle intenzioni del creatore, e della subordinata gerarchia che passa dallo showrunner al produttore esecutivo, è possibile anticipare l’esito di una serie, orgogliosamente protratta sino alla completa esplicazione delle premesse, o abbandonata a metà di una frase dal senso incompiuto. Ma al di là di qualsivoglia proposito, la cancellazione può sopraggiungere inaspettata, basata su imprevedibili motivazioni, siano esse riferibili al solo successo di pubblico o al rendimento nel confronto tra costi e ricavi, come a imprevedibili cambiamenti nella politica editoriale di un’emittente. Il mercato, nei circuiti commerciali televisivi americani, vince sempre e batte la creatività perché la controlla, la assoggetta alla legge dei soldi ben più del panorama europeo e, soprattutto, italiano, più condizionato, invece, dal giogo politico. Eppure, ben oltre le limitazioni implicite nel sistema commerciale, un residuo di orgoglio autorale riesce comunque a manifestarsi in ambito seriale (se adeguatamente sorretto dalla caparbietà del creatore) per evidenziare un significato e la sua ricerca, anche solo nei diversi modi di pronunciare la parola fine.
[Antonio Fabbri]
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