Colombo e l’evoluzione della detective-story
L’addio del tenente Colombo (Columbo nell’originale americano) induce ad alcune riflessioni sulla detective-story, uno dei generi più frequentati del cinema e della TV americani. La figura sciatta, dall’aspetto così dimesso e dai modi così poco abituali per un tenete di polizia, nasce da un’idea che vorrebbe “creare” un’immagine diversa del solito tenente di polizia. La serie TV nasce nel 1968, anno, come si sa, cruciale per Hollywood e l’avvento di un cinema nuovo, slegato dai cliché abituali che avevano allontanato dalle sale molti spettatori.
Il cinema aveva abituato il pubblico alle figure, ormai superate, di Sam Spade e Philip Marlowe (rispettivamente create dalla penna di Dashiell Hammett e Raymond Chandler). Il genere poliziesco aveva poi virato su storie che si rifacevano, in senso lato, a quelle figure “modernizzate” con un l’uso di scene sempre più violente, in ambienti urbani degradati, ma che sembravano incontrare l’interesse di un pubblico sempre più numeroso. Il binomio violenza e sesso, condito dal ricorso allo slang più attuale, come perno di storie sempre più ambigue (dove cioè il castigo del “cattivo” era spesso ottenuto con il ricorso sempre più diffuso a mezzi e strumenti moralmente illeciti da parte delle forze di polizia) aveva fatto presa e dal 1968 in poi, sarebbe stato quasi sempre un elemento cardine per ogni poliziesco ambizioso.
E’ superfluo citare l’enorme successo della figura dell’ispettore Callaghan e dei suoi mezzi spesso illegali o della serie de IL GIUSTIZIERE DELLA NOTTE.
La televisione americana cominciò ad accarezzare l’idea di lanciare serie tv che avessero come protagonisti degli ufficiali di polizia, come appunto Colombo (Peter Falk iniziata nel 1968 e terminata nel 2003 per la NBC prima e la ABC dopo, Kojak (Telly Savalas)dal 1973 al 1978 per la CBS, Starsky e Hutch (Paul Michael Glaser e David Soul)dal 1975 al 1979 per la ABC, Le strade di San Francisco (Karl Malden e Michael Douglas) dal 1972 al 1977 per la ABC. A differenza del cinema, si trattava di serie ovviamente depurate da storie e scene scabrose, visto il pubblico cui erano rivolte. La figura del detective subiva, in queste serie, una modificazione notevole. Non c’era traccia di Harry lo sporco e dei suoi sporchi metodi. Non c’era traccia della pericolosa deriva giustizialista con i tratti di Charles Bronson de IL GIUSTIZIERE DELLA NOTTE. Veniva tolto inoltre anche il secondo elemento del binomio e cioè il sesso. Queste serie presentavano detective che assomigliavano ad onesti, magari un po’ cinici, padri di famiglia alle prese con il crimine.
Nascevano così diverse figure, come quella del detective bonaccione, ironico ma severo alla bisogna, di Telly Savalas (Kojak), del buon poliziotto all’antica con tanto di nipotina a casa ad aspettarlo, di Karl Malden, oppure di due giovanotti tutt’azione e poche parole di Paul Glaser e David Soul (Starsky e Hutch). Ma la serie che risultò più longeva e che incontrò i maggiori favori di pubblico fu IL TENENTE COLOMBO. Quando venne ideata, Frank Sinatra interpretava forse il canto del cigno del poliziesco tradizionale nell’ottimo INCHIESTA PERCICOLOSA (The Detective) di Gordon Douglas, dove il tema dell’omosessualità si affacciava timidamente sulla scena, quasi solo sfiorandolo.
Colombo è un tenente della polizia di Los Angeles, di cui non è dato sapere il nome (ma nel primo episodio della serie, mentre firma, sembra che si tratti di Frank). Ha un cane che non chiama mai per nome. Ha una moglie che non appare mai ma che spesso lo aiuta, a sentir lui, nelle indagini. Ha una pistola che non usa mai (salvo nell’episodio PLAYBACK). Gli ideatori della serie, William Link e Richard Levinson, sfidarono il senso comune del poliziesco mostrando fin dall’inizio chi è il colpevole. E’ un caso quindi di storia poliziesca rovesciata, in cui tutti noi sappiamo chi è l’assassino e dove l’interesse sta tutto nel metodo usato da Colombo per arrivare a smascherarlo.
E’ di origine italiana (ma Falk era americano di origine ebraica, anche se in molti film interpreta ruoli da italiano), ha un occhio irregolare (ma è dovuto, nella realtà a un’operazione che Falk subì da piccolo per l’asportazione di un tumore). Indossa un impermeabile sgualcito, dozzinale (che Falk stesso ammise di aver comprato in un negozio di bassa lega di New York prima di iniziare le riprese del serial. Ha tra le mani un sigaro spento, i suoi capelli sono perennemente in disordine e guida una Peugeot 403 del 1959, quindi molto vecchia e usurata. All’inizio non pensarono a lui all’Universal per il ruolo del tenente. Si pensò a Bert Freed (che in effetti interpretò il primo episodio, poi a Thomas Mitchell (il simpatico ubriacone di OMBRE ROSSE), Lee J. Cobb e Bing Crosby.
La serie arriva in Italia nel 1974 (su Telecapodistria) ma in RAI solo nel 1977 a dieci anni dall’esordio.
Perché piace Colombo? Potrebbero essere molte le ragioni, ma credo che si tratti di una tipologia che ha in sé i germi della conquista del favore del pubblico. Va anzitutto detto che il pubblico TV non è di solito quello che va al cinema. Quando parlo di pubblico TV, mi riferisco ovviamente a chi trascorre molte ore davanti al televisore e, di solito, non frequenta, se non raramente, le sale cinematografiche. Non è quindi strano che due tipologie di detective così opposte come Harry lo sporco e Colombo, abbiano entrambe ottenuto un successo così importante.
Colombo piace perché non è un prepotente: usa molto il cervello, è modesto, non si atteggia a superman, intrattiene relazioni con i personaggi coinvolti nell’inchiesta improntate alla professionalità e cortesia. Certo non è un modello di eleganza e di stile. Non si toglie l’impermeabile in casa d’altri, tiene il sigaro perennemente in mano, scribacchia su un taccuino sgualcito, si gratta spesso la testa. Ma la sua è la tecnica del ragno: una volta individuata la preda, la segue, la contatta, un po’ la mette in allarme e un po’ la rassicura, insiste e alla fine l’agguanta.
La televisione tedesca creò una figura rassicurante come Colombo, dotandola di alcune sue caratteristiche come la rinuncia alla violenza, all’uso delle armi (se non in casi estremi), alla predilezione per la psicologia attraverso i contatti con i sospetti, ma facendole assumere tratti più in sintonia con la sensibilità del pubblico tedesco. Parliamo ovviamente dell’ispettore Derrick, le cui serie furono trasmesse dal 1974 e che volevano essere una risposta alla vera e propria invasione di serie poliziesche americane.
In effetti l’apparente stranezza e l’aspetto così dimesso di Colombo sono caratteristiche precipue che segnano, per così dire, una specie di tratto distintivo del personaggio. Un altro di questi tratti è il suo immancabile dietro front sul punto di uscire (e far tirare un sospiro di sollievo al colpevole, che solo noi conosciamo), per tornare indietro di qualche passo e pronunciare la famosa frase:”Ah, dimenticavo una cosa!”.
La serie TV, proprio perché seriale, ha bisogno di tratti distintivi ripetitivi che servono ad identificare il protagonista e chiarire al pubblico che si tratta sempre dello stesso personaggio. I vari tic non sono quindi invenzioni estemporanee dei vari sceneggiatori, ma vere e proprie boe che marcano un percorso di identificazione del personaggio, con tutte le sue debolezze e le sue capacità.
L’evoluzione della figura del detective quindi, se nel cinema acquisisce caratteri sempre più dirompenti e trasgressivi, nella televisione sembra percorrere un cammino più tradizionale, dove il Male della società viene in certo modo edulcorato e contrastato da eroi domestici, un po’ romantici e un po’ fuori luogo. Intendo dire cioè che il detective TV è un personaggio “creato” in studio che poco a che fare con le reali vicende della quotidianità, alle prese con una criminalità sempre più spietata, in un tessuto urbano (almeno nelle metropoli) spesso ai limiti della gestibilità.
Il cinema, pur se spesso inquinato da ambiguità ideologiche e sociali, sembra meglio rappresentare la realtà e diventare quindi una sorta di specchio davanti a cui veniamo spesso spinti a sbattere la testa, poco propensi, come siamo, a guardare in faccia la durissima realtà di ogni giorno.
Colombo quindi, più che una vera e propria evoluzione del detective, è un gioco di studio, una sorta di personaggio creato, costruito a tavolino con caratteristiche tali da piacere alla grande maggioranza dei telespettatori incalliti, pur se il personaggio che ne esce, per merito di abili sceneggiatori ed ideatori, finisce per essere gradevole e universalmente apprezzato.
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