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Il vocabolario dei sentimenti - Fiducia (7)
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Tra amici, più che altro per un discorso sottinteso, la fiducia è un dovere, se non un diritto. Fa parte del rapporto in maniera intrinseca, non c’è nemmeno bisogno di ricordarsela, tra persone legate da un sentimento come l’amicizia. La fiducia è una cosa delicata, è una di quelle cose che non ti puoi permettere di mettere alla prova, perché proprio la sua messa in discussione è il segnale della sua mancanza. Tra amici, ma tra amici veri intendo, il problema non dovrebbe sussistere; se viene alla luce, evidentemente, non si tratta di amicizia, ma di qualcosa di diverso.

 

Prendiamo il gruppo di ex collegiali de Il grande freddo che si riunisce dopo quindici anni per il funerale di Alex. Si direbbe: se non vi siete visti per tanto tempo, un motivo ci sarà. Ma non è questo punto, perché certe persone possono anche non sentirsi i decenni, ma si accorgono perfettamente di cosa ti è accaduto in tutto quel tempo soltanto guardandoti negli occhi. Gli occhi di Meg sono gli occhi di una donna di trentacinque anni che ha dovuto scegliere la carriera a scapito della famiglia, in nome del rampantismo professionale professato negli ottanta reaganiani (nonostante la sua natura di sinistra). Gli occhi di Sarah, invece, sono gli occhi di una donna di trentacinque anni che ha scelto la famiglia: ha sposato il compagno di college Harold (imprenditore votatosi al capitalismo dopo una giovinezza a lottare dall’altra parte della barricata – ma questo è un altro discorso), da cui ha avuto due figli, e vive in una splendida villetta in campagna. Prendiamo questi occhi (potremmo prendere tutti gli occhi dei protagonisti del film, ma soffermiamoci su questi), e in particolare in un momento preciso.

 

Meg, ormai lanciata sul lavoro, vorrebbe un figlio. Ma con chi? Il mondo è così gelido là fuori. Teoricamente gli uomini migliori che lei abbia mai conosciuto sono in quella casa: c’è Nick, psicologo di massa, che però si è perso in Vietnam e si affida alle droghe; c’è Michael, il giornalista, che però è troppo immaturo per essere un padre; c’è Sam, il divo televisivo, che però ha già alle spalle una famiglia sfasciata e non se la sente di mettere al mondo un altro figlio. E poi? E poi c’è Harold, che però è sposato con Sarah, la migliore amica di Meg. E allora?

 

Arriva la chiamata di una amica che ha appena partorito. Meg le parla al telefono, con premurosa confidenza, mentre Harold manifesta la propria compiaciuta felicità per il lieto evento. Sarah sta lavando i piatti, ed in questo momento concepisce l’idea più generosa, sulle note di When a man loves a woman: proporre ad Harold di inseminare Meg. Alla fine accetteranno entrambi, ma non è questo il punto: Sarah mette in pratica cosa significhi davvero la fiducia in maniera duplice. Da una parte l’accorda ulteriormente al marito, a cui chiede un favore per rendere felice l’amica, ben sapendo che mai e poi mai lui proverà qualche reale sentimento d’amore verso Meg. E dall’altra la dà anche a Meg, perché sa perfettamente che lei non correrà il rischio di innamorarsi di Harold. Non è solo generosità, è proprio la fiducia a concepire questo bambino (che in realtà non sapremo mai se vedrà la luce o meno, sebbene ci piaccia crederlo). La fiducia di Sarah verso l’amicizia (Meg), verso l’amore (Harold) e anche verso se stessa.

 

 

 

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