Tra il 20 e il 21 luglio 2001 l’Italia è passata da Repubblica Democratica a Repubblica delle Banane. Erano i giorni del G8 di Genova, da una scelta scellerata del centrosinistra che il secondo governo Berlusconi – fresco vincitore delle elezioni - cavalcò dando il peggio di sé sotto gli occhi del mondo. La zona rossa. Le tute bianche del movimento no-global di Luca Casarini. Il Genoa Social Forum di Vittorio Agnoletto. I black-bloc. Piazza Alimonda. La scuola Diaz. La città ligure dal 19 al 22 luglio, mentre “i grandi della terra” discutevano lontani e tranquilli, venne messa a ferro a fuoco. Da una parte le provocazioni e devastazioni dei black-bloc, le reazioni dei no-global e dall’altra la repressione squadrista di polizia e carabinieri su ordine del capo della polizia Gianni De Gennaro e del ministro degli interni Claudio Scajola. Il culmine lo si raggiunse con l’uccisione di Carlo Giuliani in piazza Alimonda e con le violenze perpetrate ai no-global nella caserma Bolzaneto e soprattutto alla scuola Diaz. Il punto più basso della nostra storia recente. Una vergogna tutta italiana degna però di un paese sudamericano degli anni settanta.
Il regista Daniele Vicari e il produttore Domenico Procacci hanno deciso dieci anni dopo di raccontare quegli eventi con un film, le cui riprese inizieranno il prossimo 27 giugno. La gestazione del progetto è stata lunga e laboriosa e le polemiche paiono solo agli inizi. Vicari infatti, annunciando le imminenti riprese, ha dichiarato: “Diaz è un film che in Italia nessuno vuole: nessun distributore, nessuna televisione, nessun finanziatore, nemmeno le banche e, ironia della sorte, ora anche il Comitato di verità e giustizia non è sicuro di volerlo. La cosa mi intristisce, ma credo faccia parte del prezzo che nel nostro Paese si paga sempre per la propria indipendenza di giudizio”. E inoltre ha denunciato che: “Non avendo uno spazio per le prove con gli attori mi sono rivolto al centro sociale Zona Rischio. Risposta: ‘Leggiamo in un comunicato del Comitato verità e giustizia che Fandango per produrre il film collabora con la Polizia, non siamo disponibili”. Dichiarazioni che non stupiscono più di tanto, visto e considerato che l’Italia ha da sempre difficoltà a fare i conti con il proprio passato. Il G8 del 2001 dunque è tuttora un tabù per le istituzioni e i suoi grigi rappresentanti. Per la coscienza civile del paese invece è una ferita non ancora rimarginata. Auspicando il migliore dei risultati per DIAZ, lodiamo l’iniziativa e il coraggio di Vicari e Procacci.
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