La fiducia bisogna conquistarsela. Non è mai da dare per scontata. Non stiamo parlando di quella che si costruisce giorno per giorno tra due ballerini di tango, non intendiamo semplicemente un casquet in cui la ballerina si deve affidare totalmente al suo partner( al massimo rischia una schienata per terra) oppure quella che ti fa stare tranquillo su quel bellissimo patibolo postmoderno pieno di pulsanti che è la poltrona ergonomica del dentista, a bocca aperta aspettandosi un dolore boia da un momento all'altro. Non stiamo parlando neanche di quando sei dal barbiere(di fiducia) porgendo una delle parti più tenere ed indifese del proprio corpo,la gola,al rasoio di quello strano omino che ti gira intorno sperando che abbia mano ferma e che non ti dissezioni la carotide, cosa che non converrebbe neanche a lui visto che perderebbe il cliente e sporcherebbe il negozio. Ecco perchè la barba me la sono fatta sempre da solo. Forse c'è un caso solo in cui la fiducia è innata: è quella che prova il figlio piccolo per il suo genitore che vede come il supereroe di mille avventure. L' animo innocente del bambino è totalmente confidente di quello che il genitore decide per lui. Fin quando il suo animo è innocente. I figli quando nascono ti appartengono totalmente, più crescono e meno ti appartengono. E' ben altra cosa la fiducia che intendo e che deve essere conquistata. A livello cinematografico penso soprattutto a uno dei capolavori di Arthur Penn, un film che amo moltissimo e che ho rivisto tantissime volte. Il film è Anna dei miracoli (The miracle worker) ed è il percorso doloroso che intraprendono insieme la piccola Helen, sordocieca trattata dai suoi familiari più o meno come un fenomeno da baraccone e Annie, ingaggiata come precettrice e che in passato ha avuto problemi di vista. Helen è sporca, allo stato brado, quasi una versione femminile del ragazzo selvaggio narrato poi per immagini da Truffaut, vive da sola in un pianeta tutto suo in cui suoni e colori sono banditi. E'permesso qualche sporadico contatto ma ogni volta la reazione di Helen è quella di un animale impaurito. Che non ha fiducia in quello che la circonda. Il suo mondo è dominato solo dalla sensazione tattile ed olfattiva ( notare al primo incontro con Annie quando le tocca le mani e poi le annusa) ma non riesce ad appaiarle a un linguaggio, non riesce a relazionare quello che ha tra le dita a un nome. Ed è per questo che è come una gatta furastica, pronta sempre alla fuga e se non è possibile scappare non si sottrae alla lotta fisica con morsi e graffi.Che avrà mai di speciale Annie, questa donnetta azzimata con gli occhiali scuri e il suo vestitino nero per riuscire ad entrare nel mondo di Helen ? E' semplice, ha vissuto la stessa condizione della piccola. Sa che cosa vuol dire essere da soli, randagi, sa che cosa significa non fidarsi di nessuno e farcela con le proprie forze. Ed è per questo che si mette a disposizione della ragazzina, con tutta la forza e l'ostinazione che la contraddistinguono, pur considerando che si trova in un ambiente profondamente ostile sia per quanto la riguarda ma soprattutto nei confronti della bambina, che molti dei suoi familiari vorrebbero vedere rinchiusa a vita in un istituto di finta cura perchè oltre che sordocieca la considerano anche minorata mentale. Paradigmatico il colloquio tra la madre di Helen ed Annie in cui la precettrice spiega che le sta insegnando le prime parole.
" E'normale?"
"Non c'è niente di anormale in quella testa(...)!"
"E quando imparerà?"
"Forse dopo un milione di parole"
Ed è la madre ad esprimersi così, l'unica ad avere un contatto con la piccola che è come un'appestata per gli altri membri della famiglia. Helen , quindi, vive fidandosi solo di se stessa e di nessun altro e il compito di Annie è durissimo fin dall'inizio. Lei è considerata dalla bambina come un'intrusa,un'ospite indesiderata, un qualcuno che ha invaso il suo mondo ovattato e incolore. Un nemico di cui però piano piano, dopo innumerevoli lotte fisiche e psicologiche comincia a fidarsi. Riesce a capire che cosa vuol dire affidarsi a un'altra persona, che cosa vuol dire dare e ricevere affetto. Quello stesso affetto che fino all'arrivo di Annie era qualcosa di nebuloso, basato più su logiche newtoniane di azione/reazione che sul sentimento, sulla gentilezza d'animo. Era più che altro compassione. Helen era una bambina bisognosa di dare e ricevere affetto ma non era mai stata considerata una bambina come le altre. Era pertanto normale che lei non avesse fiducia in nessuno.Anzi che avesse paura di tutto quello con cui veniva a contatto. La paura dell'ignoto. Helen era solo una tabula rasa da impressionare giorno per giorno.E solo Annie l'ha capito. The miracle worker.
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