Tre giorni nella vita di un uomo.
Tre giorni datati con estrema precisione: siamo nel 1965, durante le feste di Pasqua. Cinque anni prima, l'anno precedente, sei mesi dopo, quest'uomo non era, non sarebbe stato lo stesso.
Il tempo conta nella vita di un uomo di quarant'anni: l'usura si sente, le opzioni diventano più urgenti, o più irreali.
Tre giorni nella vita di uno spagnolo.
Anche questo conta, la realtà della Spagna di quegli anni e di quel periodo specifico.
E' storia: una guerra che è finita, ma che pesa ancora pesantemente sui destini individuali. E' un paese che sta muorendo sotto gli orpelli tradizionali - e drammatici, tutti ne convengono - della corsa dei tori e delle processioni della settimana santa. Un vecchio paese molto giovane che dovrà aspettare la fine di Franco per risvegliarsi. E' anche da sempre un paradiso per le vecanze: 14 milioni di turisti già in quegli anni, tutti con i piedi nell'acqua, nel baccano dei transistor nonostante quello che continuava a succedere intorno a loro.
Molti anni prima - trent'anni per l'esattezza rispetto alla data in cui è ambientata la storia che intendiamo raccontare - in questo paese era scoppiata la guerra civile. Dopo tutto questo tempo, degli uomini cercavano ancora di modificare, attraverso la loro azione tenace e sconosciuta, il destino che una malaugurata vittoria militare aveva imposto al loro paese.
Il destino di Diego, questo spagnolo di quarant'anni protagonista del film, è dunque la rivoluzione: è così che le cose si sono stabilite, per una serie di meccanismi del caso e delle scelte. Una rivoluzione che prende spesso la figura del sogni o del dolore. Tre giorni della vita di Diego Mora a Parigi. La Spagna con il peso di tutta la sua presenza assente. Tre giorni alla ricerca di Juan - suo simile, suo fratello - che il pericolo minaccia. (Jeorge Sempun e Alain Resnais)
La guerra è finita (1966)
di Alain Resnais con Yves Montand, Ingrid Thulin, Michel Piccoli, Geneviève Bujold
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