Un sabato di metà settembre del 1992. Con i miei compagni di liceo decidiamo di andare a vedere “Basic Instinct”. Il film è uscito il giorno prima, distribuito dall’allora potentissima Penta Video, accompagnato da un campagna pubblicitaria martellante. La principale sala di Legnano è piena al primo spettacolo delle 20. Arriviamo parecchio tempo prima per essere sicuri di avere il posto. Qui incontro casualmente mia zia che non mi vede da anni. Ed infatti, prima di azzeccare il mio nome, mi chiama Vittorio e Paolo (mancava solo Lucia, così aveva nominato tutti i fratelli). “Ah no, sei lo Stefano!” esclama quindi, quasi compiaciuta per aver finalmente indovinato il nome. L’imbarazzo dovrebbe essere il suo, ma la zia è una tale macchietta che con i miei amici ci faccio semplicemente una risata. Inizia lo spettacolo. Il film mi avvince ed esco particolarmente soddisfatto, tanto che, rientrato, come mio solito consulto le riviste di cinema e i quotidiani che ho in casa per verificare i commenti critici, a dire il vero raramente lusinghieri.
Passa una settimana. E’ ancora sabato sera. I miei genitori tornano dall’Austria dove hanno trascorso sette giorni di vacanza. Dopo che hanno fatto il resoconto del loro viaggio, ci chiedono come è andata la settimana a casa. La novità principale è che abbiamo adottato un gattino, buttato nel nostro giardino da qualche sconosciuto. Entrambi non hanno mai voluto animali in casa eppure in questo caso appaiono particolarmente accondiscendenti.
Quindi, tra una chiacchiera e l’altra, con l’ingenuità di un diciassettenne forse ancora troppo bambino, dico a mia madre che ho incrociato la zia al cinema. I rapporti tra le due sorelle non sono mai stati idilliaci.
“Che film sei andato a vedere?” domanda incuriosita. Appena pronuncio il titolo, in casa scende un silenzio tombale, il volto di mamma si rabbuia.
“Cosa avrò mai detto o fatto?”
Nel domandarmelo tra me e me, so già darmi la risposta. Arrossisco e sudo freddo, abbasso lo sguardo, aspetto che qualcuno parli (i miei fratelli però nel frattempo sono già usciti), sono in evidente ed inaspettato imbarazzo (non ero proprio il tipo di adolescente ribelle e, pur essendo solitamente abbastanza loquace, in quell’occasione mi sono ritrovato d’improvviso senza parole, spiazzato).
Lo so che per molti può essere difficile da capire, ma per mia madre, insegnante vecchio stampo e genitore piuttosto severo, certi argomenti sono sempre stati rigorosamente tabù, causa/colpa anche del suo cattolicesimo quasi bigotto e piuttosto radicale (oggi, per fortuna, molto più mitigato). Il fatto che sia andato a vedere un film che, ai suoi occhi, non è altro che un porno (del resto la pubblicità insisteva soprattutto sulle scene di sesso), per di più visto da sua sorella, la deve aver sconvolta, preoccupata come è sempre stata dal giudizio degli altri, specie se parenti.
La serata si conclude con papà che cerca di ironizzare ma avverto che la situazione è tutt’altro che risolta. Nei giorni successivi mia madre è particolarmente silenziosa. Mi accorgo che ha curiosato nei miei cassetti, magari alla ricerca vana di qualche rivista per adulti che avvalori i suoi timori del bravo figlio, improvvisamente ossessionato dal sesso.
Io evito accuratamente l’argomento, anche se potrei semplicemente dirle che per me quel film non ha avuto nulla di eccitante. Preferisco però che sia il tempo a...”lenire le sue ferite”. Ed infatti dopo un’altra settimana, tutto passa senza lasciare traccia.
Il banale episodio in sé oggi può far sorridere, considerata la modernità dei genitori (termine che, confesso, ogni tanto fa un po’ paura) e dei ragazzi, molto più scafati di quanto non fossi io alla loro età. Eppure quei pochi secondi di silenzio, a me parsi un’eternità, sintetizzano alla perfezione l’imbarazzo che ho sempre provato quando, vedendo un film alla televisione, in occasione di qualche scena anche solo leggermente spinta, avevo di fianco uno dei miei genitori.
Certo è che, quando un mesetto dopo, sono andato a vedere “Prosciutto, prosciutto”, che, peraltro, su di me ha avuto un effetto ben più conturbante, alla fatidica domanda: “Cosa hai visto?”, per evitare ulteriori situazioni di imbarazzo, ho risposto “Giochi di potere”, aggiungendo divertito: “È stato pure particolarmente interessante!”
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