Fuori dall'oscurità, trasmesso da Rai 4 il 3 marzo, non è solo un film sulla sopravvivenza preistorica, ma un'opera che esplora le radici più oscure della paura umana. Diretto da Andrew Cumming al suo debutto cinematografico, il film si presenta inizialmente come un horror primitivo, ma si trasforma presto in una riflessione brutale sull'umanità, la discriminazione e la sopravvivenza.

Fuori dall'oscurità (2024): scena
Un viaggio nella disperazione e nella paura
La storia del film di Rai 4 Fuori dall’oscurità si apre con una piccola barca che raggiunge le coste di un paesaggio desolato. Sei individui, affamati e disperati, sono sopravvissuti a una traversata pericolosa per trovare una nuova casa. Siamo 45.000 anni fa, nell'Età della Pietra, e il gruppo è composto da Adem (Chuku Modu), il capo autoritario; Ave (Iola Evans), la sua compagna incinta; Heron (Luna Mwezi), il figlio undicenne; l'anziano Odal (Arno Luening); Geirr (Kit Young), giovane guerriero dal cuore gentile; e Beyah (Safia Oakley-Green), una ragazza senza status, considerata un peso e uno strumento da Adem.
Il gruppo si addentra in un territorio sconosciuto, una tundra selvaggia che promette caverne abbondanti e rifugio sicuro. Ma quando la notte cala, i loro sogni di salvezza si tramutano in incubo. Urla strazianti squarciano il silenzio e, una notte, Heron scompare. La paura si diffonde come un veleno mentre la tribù si divide tra chi vuole affrontare la minaccia e chi preferisce fuggire.
La tensione cresce fino alla rivelazione scioccante: il mostro che li bracca non è una creatura sovrannaturale, ma una coppia di Neanderthal, esseri umani arcaici che condivisero l'Europa occidentale con l'Homo sapiens prima di estinguersi. Questo ribaltamento di prospettiva, ispirato alla tradizione di Lo squalo e Alien, trasforma il film da semplice horror a potente allegoria.
Archetipi umani in lotta per la sopravvivenza
I personaggi del film di Rai 4 Fuori dall'oscurità incarnano diverse sfaccettature della natura umana, ciascuno rappresentando un aspetto cruciale della lotta per la sopravvivenza. Beyah, interpretata con intensità da Safia Oakley-Green, è la protagonista che passa da vittima a guerriera. Inizialmente trattata come un peso dal gruppo, diventa la figura centrale della resistenza, sfidando sia la minaccia esterna che le dinamiche oppressive all'interno del gruppo.
Adem, impersonato da Chuku Modu, è il capo autoritario, convinto che la sua leadership inflessibile sia l'unica via per la sopravvivenza, mentre Ave, portata in vita da Iola Evans, è la sua compagna incinta, simbolo della fragilità e della speranza in un mondo ostile. Heron, il figlio undicenne di Adem e Ave, è interpretato dalla talentuosa Luna Mwezi, che con la sua performance intensa riesce a rendere il personaggio il catalizzatore emotivo della trama.
Geirr, il giovane guerriero dal cuore gentile interpretato da Kit Young, offre un contrasto alla brutalità di Adem, mentre l'anziano Odal, portato in scena da Arno Luening, rappresenta la saggezza e il tradimento latente. Le interazioni tra questi personaggi non solo alimentano la tensione narrativa, ma mettono in luce come la paura e il pregiudizio possano corrompere anche i legami più solidi.
La paura come forza distruttiva
Il fulcro del film di Rai 4 Fuori dall'oscurità è la paura, non solo della morte, ma dell'ignoto e dell'altro. Cumming stesso ha dichiarato che il film è nato durante la pandemia, un periodo in cui la paura ha eroso la fiducia tra le persone. Questa ansia collettiva è trasposta sullo schermo attraverso la lotta tra Homo sapiens e Neanderthal.
La scelta di rendere i "mostri" esseri umani è carica di significato. Come in Il signore delle mosche di William Golding, un'opera che ha influenzato Cumming, il vero nemico non è la natura, ma l'incapacità umana di accettare la diversità. Il film suggerisce che la xenofobia e la violenza nascano dalla paura irrazionale, un messaggio tristemente attuale.
Un altro tema cruciale è la condizione femminile. Beyah è ostracizzata a causa delle sue mestruazioni, considerate un presagio di sventura. La gravidanza di Ave la rende vulnerabile, mentre il controllo maschile sulle donne si manifesta nell'autoritarismo di Adem. La violenza subita dalle donne si traduce nella violenza da loro inflitta, con Beyah che diventa un "manicoide genocida", come scherzosamente osservato dallo stesso Cumming.
La lingua Tola: un ponte tra passato e presente
Uno degli aspetti più affascinanti del film è l'uso della lingua inventata Tola, una mescolanza di arabo e basco creata dal linguista Daniel Andersson. Questo "idioma delle origini" conferisce autenticità all'ambientazione e sottolinea l'universalità delle emozioni umane. Come spiega Cumming, la scelta di non usare l'inglese è stata una sfida artistica: "Non volevo essere un regista pigro". Il risultato è una comunicazione che trascende le parole, affidandosi agli sguardi e ai gesti.

Fuori dall'oscurità (2024): scena
Estetica e realizzazione tecnica
La fotografia di Ben Fordesman cattura la selvaggia bellezza delle Highlands scozzesi, trasformando il paesaggio in un personaggio a sé stante. Le inquadrature grandangolari evidenziano l'insignificanza umana di fronte alla natura, mentre le scene notturne giocano abilmente con l'oscurità e la luce del fuoco.
La colonna sonora di Adam Janota Bzowski, con le sue sonorità inquietanti alla Under the Skin, amplifica la tensione. Il design del suono, in particolare i richiami strazianti della "creatura", mantiene viva la suspense fino al momento della rivelazione.
Un finale controverso e una riflessione sull'umanità
La terza parte del film di Rai 4 Fuori dall’oscurità è la più divisiva. Quando il nemico si rivela essere umano, la narrazione si sposta dalla sopravvivenza alla moralità. Cumming sfida le aspettative del pubblico horror tradizionale, portando la storia su un piano più filosofico. Come nella Caverna di Platone, la conoscenza cambia la percezione del mondo, ma non sempre porta alla pace.
Il massacro finale e la scelta di Beyah di diventare la distruttrice suggeriscono che, di fronte alla paura, la compassione cede il passo alla violenza. Il film si chiude con un'altra storia raccontata attorno al fuoco, sottolineando come i miti nascano dalla paura e dalla necessità di dare un senso al mondo.
Un debutto coraggioso e stimolante
Fuori dall'oscurità non è un semplice horror preistorico, ma un'opera che scava nelle profondità dell'animo umano. Cumming dimostra una visione chiara e ambiziosa, affrontando temi complessi attraverso un'estetica potente e una narrazione serrata. Nonostante il finale controverso, il film lascia un segno, spingendo lo spettatore a riflettere sulle radici della paura e sulla natura ciclica della violenza.
In un'epoca in cui l'umanità sembra ancora incapace di imparare dai propri errori, Fuori dall'oscurità è un monito avvolto in un racconto ancestrale. Come afferma Cumming: "Se togliessimo il cartello '45.000 anni fa', potrebbe essere il nostro futuro post-apocalittico". E forse, guardando questo passato immaginario, possiamo imparare qualcosa per affrontare il nostro presente.
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