Nel panorama del cinema d'autore, pochi registi hanno saputo intrecciare con tanta maestria il mito e la realtà come Pier Paolo Pasolini: Medea, il suo film ispirato al mito di Medea in onda su Rete 4 nella notte del 27 febbraio, non è semplicemente un adattamento cinematografico, ma una riflessione profonda sui conflitti tra civiltà e barbarie, sacro e profano, antico e moderno. Attraverso una narrazione visivamente potente e simbolicamente densa, Pasolini esplora la tragedia umana come eco di un passato che continua a vivere nel presente.
Il viaggio tra due mondi
La storia del film Medea segue la vicenda di Medea, principessa della Colchide, interpretata dalla divina Maria Callas. La sua vita cambia radicalmente quando incontra Giasone, capo degli Argonauti, giunto nella sua terra per conquistare il Vello d’Oro. Innamorata di Giasone e tradendo la propria patria, Medea lo aiuta nel furto della sacra reliquia, compiendo il primo atto di rottura con il proprio universo culturale.
La fuga con Giasone segna per Medea non solo un distacco geografico, ma soprattutto spirituale: dalla Colchide arcaica e sacralizzata alla Grecia razionalizzata e pragmatica. In Grecia, Medea non trova integrazione; è un’aliena, una straniera in una società che non riconosce più il valore sacro che permeava la sua esistenza. Quando Giasone la tradisce per sposare Glauce, figlia del re Creonte, la vendetta di Medea si consuma nell’atto estremo: l’infanticidio. Il film si conclude con la sua solitudine, metafora della condizione dell’essere umano disconnesso dalle proprie radici spirituali.
Medea: la sacerdotessa del sacro
Medea, interpretata nel film da da Maria Callas, è il fulcro emotivo e simbolico del film. Non è semplicemente una donna tradita, ma l'incarnazione di un mondo arcaico, rurale, dominato dal sacro. Proveniente dalla Colchide, terra di ritualità ancestrali e cicli agricoli scanditi da sacrifici simbolici, Medea è legata indissolubilmente alla terra e al sole, divinità primordiali che regolano la vita umana.
La sua tragedia è quella di chi viene strappato dalle proprie radici culturali e religiose. Quando arriva in Grecia, il mondo razionale e profano di Giasone nega il valore del sacro. Medea non riesce a adattarsi a questa nuova realtà e la sua risposta è la vendetta: non solo personale, ma sacra, come ribadisce la frase che pronuncia nel film: "Da' vita al seme e rinasci con il seme". Il sacrificio dei figli diventa così un gesto estremo di riappropriazione del proprio potere in un contesto che l'ha privata di ogni autorità.
Giasone: l'eroe desacralizzato
Giasone, in antitesi a Medea, rappresenta l’uomo moderno, pragmatico e ambizioso. Il suo viaggio non è spinto dal sacro, ma dalla brama di potere e di riconoscimento sociale. In lui si compie il processo di demitizzazione: l’eroe antico, che un tempo avrebbe rispettato i riti e la religiosità del mondo che attraversa, diventa un opportunista, incapace di comprendere il valore simbolico della Toison d’Oro al di fuori del suo contesto originario.
Giasone tradisce Medea non solo come donna, ma come portatrice di un sapere antico. Il suo fallimento finale, quando la vendetta di Medea lo priva di ogni cosa, sottolinea l’inevitabile crollo di un’esistenza che rinnega il sacro.
Il Centauro: la doppia visione del mondo
Il personaggio del Centauro, diviso in due figure diverse nel film Medea, rappresenta il passaggio dalla visione sacrale alla visione razionale del mondo. Il primo Centauro introduce il giovane Giasone ai miti fondatori della civiltà, spiegandogli il significato profondo delle pratiche rituali e dei cicli cosmici. Il secondo Centauro, più avanti nel film, afferma invece che "Dio non esiste", sancendo il passaggio dalla visione mitica alla razionalità moderna. Questo sdoppiamento riflette la tensione costante tra sacro e profano che caratterizza l'intera opera.

Maria Callas e Pier Paolo Pasolini sul set del film Medea.
Il sacro e il sacrificio
Il sacrificio è il cuore pulsante del film Medea, sin dalla scena iniziale in Colchide, dove un giovane viene sacrificato per garantire la fertilità della terra. Questo atto, lontano dall'essere un gesto barbarico, rientra nell'ordine simbolico della comunità. Il diasparagmos (dilaniamento della vittima) è una pratica che ristabilisce l’equilibrio tra umani e divino, tra vita e morte.
La differenza tra il sacrificio rituale e la violenza gratuita è centrale. Il sacrificio del fratello di Medea, Apsirto, non avviene all'interno di un contesto rituale, ma nel caos della fuga. Per questo, la sua morte è priva di valore sacro e segna la discesa di Medea in una dimensione di pura vendetta personale.
La vendetta del sacro
La vendetta di Medea contro Giasone non è solo un atto di rabbia personale, ma la riaffermazione del sacro contro il profano. Privata del suo spazio spirituale e culturale, Medea si fa giustizia con mezzi estremi, sovvertendo l’ordine stabilito. L'infanticidio diventa l'estrema espressione di questa logica: se il sacro è stato profanato, non c'è spazio per la vita, nemmeno per quella dei propri figli.
L’esilio e l’identità
Medea è alitis, errante, senza patria. Lascia la Colchide per amore, ma non trova accoglienza in Grecia. L’esilio geografico si trasforma in esilio esistenziale: come lei stessa afferma, "Tocco la terra coi piedi e non la riconosco". Questa condizione riflette il dramma dell’‘indesiderabile’, di chi non appartiene più né al proprio passato né al presente in cui vive.

Maria Callas e Pier Paolo Pasolini sul set del film Medea.
Il mito come specchio della realtà
Medea di Pasolini non è solo un film su Medea, ma un'opera che riflette le tensioni culturali e sociali del mondo contemporaneo. Pasolini utilizza il mito per esplorare la frattura tra passato e presente, tra civiltà e barbarie, tra sacro e profano. Il finale, con Medea che si allontana nel deserto della sua solitudine, non offre redenzione, ma lascia lo spettatore con una domanda inquietante: cosa accade a una civiltà che rinnega le proprie radici spirituali?
Con Medea, Pasolini ci ricorda che il sacro, anche se negato, continua a esistere come forza sotterranea, pronta a riaffiorare sotto forma di conflitto e tragedia. La sua Medea, così complessa e indomabile, incarna l'irriducibilità del mito nella modernità: una voce antica che risuona ancora, sfidando la nostra visione del mondo e interrogandoci sul prezzo da pagare per il progresso.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta