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The Outrun - Nelle isole estreme: Nel film con Saoirse Ronan, il viaggio di un’anima in frammenti
di PC1979
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Nel cinema contemporaneo, poche opere riescono a catturare con la stessa intensità la lotta interiore di un personaggio come il film The Outrun - Nelle isole estreme. Diretto da Nora Fingscheidt e tratto dal memoir di Amy Liptrot, si immerge in un paesaggio tanto affascinante quanto spietato: le isole Orcadi della Scozia. Protagonista di questa storia di riscatto e sopravvivenza è Rona, interpretata da una straordinaria Saoirse Ronan, che attraversa un percorso tortuoso di redenzione dopo anni segnati dalla dipendenza dall’alcol.

Saoirse Ronan

The Outrun - Nelle isole estreme (2024): Saoirse Ronan

Un racconto di esilio e ritorno

Il cuore del film The Outrun - Nelle isole estreme batte in sincronia con il viaggio di Rona, una biologa di 29 anni che, dopo una decade vissuta nella frenesia di Londra, decide di tornare a casa nelle isole Orcadi. Ma non è solo un ritorno geografico: la sua è una discesa nelle profondità della memoria, un tentativo di riconciliarsi con le macerie del suo passato. Il tempo e lo spazio si frantumano, mescolando il presente con i flashback della sua vita londinese, fatta di eccessi e di amori perduti, come quello con Daynin (Paapa Essiedu). In mezzo alla natura implacabile delle Orcadi, Rona lotta per rimanere sobria, mentre il senso di vergogna e solitudine si insinua nella sua mente.

La narrazione si sviluppa su tre livelli: il presente, in cui Rona cerca di adattarsi alla vita sull’isola tra la madre religiosa e un padre bipolare; il passato, che si manifesta attraverso ricordi vibranti e caotici della vita londinese, dalle notti sfrenate ai momenti più cupi della sua dipendenza; e infine il livello più intimo, quello del suo universo interiore, in cui pensieri, osservazioni scientifiche e frammenti di infanzia emergono in un flusso di coscienza visivamente innovativo.

Un paesaggio che guarisce

La regia di Fingscheidt trasforma le Orcadi in un personaggio a tutti gli effetti. Il mare, il vento e la terra agiscono come specchi della psiche della protagonista, dapprima riflettendo il suo isolamento, poi accogliendo lentamente il suo processo di guarigione. L’isola diventa un luogo di confronto con il passato, ma anche di riscoperta di un sé autentico, lontano dalla dipendenza. Quando Rona decide di trascorrere l’inverno in totale isolamento sull’isola di Papa Westray, è qui che il film rallenta, in sintonia con il suo respiro interiore: la solitudine non è più una condanna, ma una forma di accettazione.

Il paesaggio non è solo una scenografia mozzafiato, ma una presenza attiva nella narrazione. Le immagini di Roy Imer catturano la vastità della natura, alternando l’epico e l’intimo con una fotografia che amplifica il contrasto tra il caos della città e la calma selvaggia dell’isola. La colonna sonora, curata da John Gürtler e Jan Miserre, segue questa stessa dinamica: suoni naturali, il vento e le onde si mescolano con l’elettronica londinese, creando un’atmosfera sensoriale ipnotica.

Saoirse Ronan

The Outrun - Nelle isole estreme (2024): Saoirse Ronan

Il peso dell’interiorità: una performance straordinaria

Saoirse Ronan nel film film The Outrun - Nelle isole estreme regala una delle sue interpretazioni più intense e sfaccettate. Rona è un personaggio complesso, spesso ruvido e difficile da amare, ma profondamente umano. La sua lotta con la dipendenza non viene mai edulcorata: il film non cerca facili redenzioni, ma mostra la fatica quotidiana del restare sobri, la tentazione della ricaduta, il dolore del senso di colpa. Il lavoro fisico dell’attrice, affiancata dal coreografo Wayne McGregor, rende credibili le diverse fasi della sua esistenza, dal corpo appesantito dall’alcol alla leggerezza della riscoperta di sé nelle fredde acque dell’Atlantico.

Il rapporto con i personaggi secondari è costruito con grande cura. Saskia Reeves e Stephen Dillane, nei panni dei genitori di Rona, aggiungono profondità alla sua storia familiare, mentre Paapa Essiedu incarna perfettamente il fascino e il pericolo dell’amore tossico e dell’illusione di poter trovare salvezza negli altri.

La fragilità e la forza della guarigione

Ciò che rende il film The Outrun - Nelle isole estreme così potente è il suo rifiuto di semplificare il percorso della protagonista. Non è un film su una vittoria, ma su un processo. La guarigione non è lineare, non è un traguardo, ma un costante tentativo di ricostruirsi. Nel suo momento di massima liberazione, Rona si lascia trasportare dal vento e dalle onde, simbolo di una riconciliazione con il proprio passato e con la propria natura selvaggia.

Il cinema ha raccontato molte storie di dipendenza, ma poche con questa sincerità e profondità. The Outrun - Nelle isole estreme non è solo un film sulla lotta contro l’alcolismo, ma un’esplorazione poetica della fragilità umana e della capacità di rinascere. La frase del memoir di Amy Liptrot, ripresa nella sceneggiatura, racchiude perfettamente il cuore del film: "The edge is where I come from. The edge is my home" (Il limite è da dove vengo. Il limite è la mia casa). Rona non sfugge al suo passato, ma lo accoglie, trasformandolo in forza. Ed è proprio questo che fa di film The Outrun - Nelle isole estreme un’opera da ricordare.

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Ultimi commenti

  1. ezio
    di ezio

    Un ritratto di donna che lascia il segno...tutto è il contrario di tutto...prendere o lasciare ecco.

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