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Berlino 2025: Leibniz, il film evento di Edgar Reitz
di PC1979
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Il cinema d’autore ha sempre cercato di conciliare l’intelletto con l’emozione, il pensiero con l’immagine: eppure, raramente un film riesce a incarnare questa tensione con la profondità e la grazia di Leibniz – Chronicle of a Lost Painting, il nuovo capolavoro di Edgar Reitz, presentato fuori concorso al Festival di Berlino 2025. Con un’impostazione che richiama l’intensità teatrale e una ricerca estetica vicina alla pittura fiamminga, Reitz confeziona un dramma filosofico che interroga lo spettatore sul significato della verità nell’arte e nel pensiero.

 

Una storia di filosofia, arte e amore

La trama del film Leibniz – Chronicle of a Lost Painting si sviluppa attorno a un evento tanto semplice quanto denso di implicazioni: la regina di Prussia, Sophie Charlotte, devota al grande filosofo Gottfried Wilhelm Leibniz, commissiona un ritratto del pensatore per averlo sempre vicino nel suo palazzo di Lietzenburg. Ma il processo di realizzazione del quadro si trasforma presto in un acceso dibattito sulla natura della verità, della rappresentazione e dell’amore.

Il confronto iniziale tra Leibniz e il pittore di corte sfocia rapidamente in un vicolo cieco intellettuale, incapace di dare forma visiva alla complessità del pensiero del filosofo. Solo l’arrivo di Aaltje van de Meer, una pittrice olandese dal talento rivoluzionario, permette alla discussione di evolversi, dando vita a una narrazione che si muove tra la ragione e l’intuizione, tra il dire e il non detto. La sua affermazione, “Quello che non so, posso dipingerlo”, destabilizza Leibniz, mettendo in discussione la sua concezione della conoscenza e aprendo uno spiraglio verso un’intesa più profonda.

Edgar Selge

Leibniz - Chronicle of a Lost Painting (2025): Edgar Selge

Un film come camera oscura del pensiero

Reitz, noto al grande pubblico per l’epopea cinematografica Heimat (ben analizzata su questo sito da Yume), abbandona nel film Leibniz – Chronicle of a Lost Painting la narrazione epica a favore di un racconto intimo, quasi teatrale. Eppure, come lui stesso sottolinea, la struttura del film segue ancora una logica cronachistica, una progressione che scandisce il tempo attraverso la sedimentazione delle idee e delle immagini.

La scelta non è solo stilistica, ma anche produttiva. L’idea iniziale di un grande affresco sulla vita di Leibniz si rivelò irrealizzabile per i costi elevati, portando il regista e il suo team a ripensare il film attorno a un’unica scena originaria: la realizzazione del ritratto. Quello che poteva sembrare un compromesso si è invece rivelato la chiave per un film capace di esplorare la filosofia di Leibniz nel modo più autentico, ossia attraverso il dialogo e il pensiero in movimento.

 

Heimat e Leibniz: Due modi di raccontare la storia

Pur differendo nell’ampiezza della narrazione, il film Leibniz – Chronicle of a Lost Painting e il monumentale Heimat condividono la stessa anima. Se in Heimat la Storia si dipana attraverso le vite di individui comuni in un arco temporale vastissimo, in Leibniz – Chronicle of a Lost Painting il tempo si contrae fino a concentrarsi in un unico luogo e in un’unica situazione. Tuttavia, l’idea di cinema come esperienza del tempo rimane intatta: lo spettatore non assiste semplicemente a un dramma, ma vive un processo di riflessione, in cui le parole si trasformano in immagini e viceversa.

Edgar Selge

Leibniz - Chronicle of a Lost Painting (2025): Edgar Selge

 

Il cinema come pensiero in movimento

Come sottolineato dallo stesso Reitz, il cinema ha il potere di essere una zona di contatto tra idee, emozioni e spettatori. In un’epoca in cui il mondo si frattura in bolle ideologiche, Leibniz – Chronicle of a Lost Painting propone un ritorno al dialogo e alla complessità, evitando sia il dogmatismo che la superficialità.

Il pubblico a cui si rivolge questo film è quello che ama pensare, che trova piacere nella costruzione delle idee e nella loro decostruzione. Reitz non ha paura di chiedere molto ai suoi spettatori: attenzione, pazienza, desiderio di lasciarsi trasportare in un gioco di specchi tra filosofia e cinema. Il risultato è un’esperienza che affascina e interroga, che non si limita a raccontare un frammento di storia, ma che si propone come un viaggio nella sostanza stessa della conoscenza umana.

In un festival dominato dalle grandi produzioni e dai film di denuncia sociale, Leibniz – Chronicle of a Lost Painting emerge come un’opera rara e preziosa, un invito a riscoprire il piacere del pensiero attraverso il potere del cinema. Non resta che chiedersi: cosa vedremo realmente nel ritratto finale? Forse nulla. O forse tutto.

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