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Nosferatu: 102 anni di leggende e polemiche in un remake che non passa inosservato!
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Sono passati ben 102 anni da quando il film Nosferatu veniva proiettato per la prima volta, poi bruciato e recuperato, eppure eccoci qui, a parlare di un remake che riaccende un dibattito che sembrava sepolto sotto montagne di celluloide in fiamme. Tuttavia, nonostante i decenni che separano il 1922 dal 2025, la pellicola di F.W. Murnau riesce ancora a stuzzicare la nostra curiosità. E fa discutere, come se fosse uscito ieri.

Ma come è possibile che un film nato durante il periodo muto, con il suo Dracula di cartone e il suo clima da incubo, sia ancora così potente da scatenare opinioni contrastanti? La risposta, probabilmente, sta nel fatto che Nosferatu non è solo un film, ma un simbolo, una delle pietre miliari della storia del cinema che ha lasciato un'impronta indelebile. E chi oserebbe toccarla?

 

Lo ha fatto Herzog, e concordiamo tutti nel dire che il risultato sia stato encomiabile, effetto del suo solito sofisticato lavoro e della sua  febbrile ricerca della verità estetica . Eppure, c'è chi (meno giovane di me) giura che alla sua uscita in sala, al calare degli anni 70', l'opera del regista bavarese fu accolta da una impietosa freddezza. Osare toccare, addiruttra reinterpretare, un classico di oltre 50 anni era il peggiore dei sacrilegi, la più ripugnante delle eresie. 

 

E non possiamo non citare L'ombra del vampiro (2000), un film che racconta la realizzazione del capolavoro di Murnau in modo decisamente... particolare. La pellicola, diretta da E. Elias Merhige, immagina che l'attore Max Schreck, che interpretava il Conte Orlok, non fosse semplicemente un attore, ma un vero vampiro. Un’idea tanto bizzarra quanto affascinante, che gioca con il mito di Nosferatu e con l'idea che la paura suscitata da quel personaggio fosse autentica anche fuori dal set. Un mix di realtà e finzione che, pur essendo una visione immaginaria, ha aggiunto un altro strato di mistero e leggenda a una storia che non smette mai di affascinare.

 

Il remake di oggi, nonostante le intenzioni nobili di rendere omaggio alla pellicola originale e l'indubbia qualità estetica e narrativa, ha suscitato una vera e propria battaglia tra nostalgici e innovatori. Da una parte ci sono quelli che si indignano al solo pensiero di mettere le mani su un'opera sacra, come se fosse un tradimento nei confronti della leggenda che ha terrorizzato le generazioni passate. Dall'altra, ci sono quelli che sostengono che, in fin dei conti, il cinema è in continua evoluzione e che dare una nuova vita a Nosferatu è solo un modo per farlo conoscere a chi, forse, non si sentirebbe attratto dal vecchio formato in bianco e nero.

Insomma, è come se il povero Nosferatu, il vampiro più famoso del cinema muto, non avesse mai avuto pace. Vogliamo proprio rimanere aggrappati all’idea che il bianco e nero sia l’unico modo per raccontare questa storia? O forse è giunto il momento di portare il mito nel presente, con nuovi occhi e nuove tecnologie?

Nondimeno, non si può negare che Nosferatu abbia una magia che resiste al tempo. La sua aura inquietante, la figura di Max Schreck che si muove con quella specie di danza macabra, l’atmosfera maledetta che sembra quasi non appartenere a questo mondo... tutto ciò fa parte di un patrimonio che ci appartiene. Forse, anche se si prova a rifarlo, quel "certo qualcosa" non si riesce mai a ricreare, perché quello che rende Nosferatu speciale è proprio il fatto che è un film che ha attraversato l’epoca e continua a vivere nelle pieghe della cultura popolare.

 

Ma c'è un aspetto fondamentale da non sottovalutare: il remake di Nosferatu diretto da Robert Eggers ha una sua ragion d'essere, e questo lo rende ancora più affascinante. Il suo Nosferatu non è un'operazione fine a se stessa, ma un progetto che si inserisce perfettamente nel suo modo di fare cinema, basato su un realismo viscerale e una profondità psicologica che, in qualche modo, risuona con il nostro presente. L'autore non cerca di imitare Murnau, ma di portare il mito in una nuova dimensione, arricchendolo con temi universali e contemporanei: il desiderio, l’oscurità che abita dentro ogni essere umano.

Ogni fotogramma sembra studiato per evocare l'inquietudine, come se Eggers volesse riportarci nel cuore stesso di quel mistero che ha reso Nosferatu immortale.

In un’epoca in cui i remake spesso sembrano semplici rifacimenti privi di personalità, quello di Eggers si distingue come un’opera che non solo omaggia l’originale, ma lo fa rivivere, lo rielabora con una nuova sensibilità. 

 

Questo remake è la prova che Nosferatu è un classico che non vuole invecchiare.

E chissà, tra un dibattito e l'altro, magari il nuovo film riuscirà a conquistare anche il pubblico che oggi ride dei vecchi vampiri in bianco e nero. Perché alla fine, l’unica cosa che possiamo dire con certezza è che, dopo 102 anni, Nosferatu è ancora in grado di farci discutere. E, in fondo, cosa c’è di più affascinante di una storia che riesce a vivere così a lungo?

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