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Tutti tranne te e la commedia romantica
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Glen Powell, Sydney Sweeney

Tutti tranne te (2023): Glen Powell, Sydney Sweeney

 

La commedia romantica non si prefigge di rispondere alla domanda "Si metteranno insieme?". È una dannata commedia romantica, certo che si metteranno insieme. La vera domanda è: "cosa ostacolerà i due innamorati?" 

In Pretty Woman e Notting Hill è la differenza di classe sociale, in Un amore di testimone la disillusione sulla durevolezza dei legami amorosi, in Insonnia d'amore la distanza geografica, in Bridget Jones le fisime personali, in Prima o poi mi sposo il pessimo tempismo, in Due settimane per innamorarsi... assolutamente nulla perché è una delle peggiori rom-com di sempre. 

Tutti tranne te, pur ricorrendo al solito schema del colpo di fulmine messo a repentaglio da un equivoco-macguffin che genera tutta una serie di situazioni più o meno esilaranti/patetiche grazie alle quali i due divi compiono il più risaputo viaggio dell'eroe, rovescia le premesse di genere e fa coincidere il desire dei protagonisti con le peripezie comiche. I protagonisti desiderano inconsciamente stare insieme ma, per giungerne a una piena consapevolezza, devono... fingere di essere fidanzati in modo tale da non rovinare i preparativi del matrimonio a cui devono partecipare. Preparativi durante i quali si scatena ovviamente la vis comica del film e a cui partecipano i più classici Mr e Mrs. Wrong, come da manuale di sceneggiatura, fondamentali per permettere ai protagonisti di capire davvero chi vogliano accanto.

Nulla di nuovo sotto il sole, è vero, ma non giriamoci attorno, non facciamo gli schizzinosi e smettiamola con la nostalgia. Tutti tranne te funziona. E funziona per gli stessi - facili, generici, stereotipati, risaputi - motivi per cui roba come Pretty Woman sia entrato nell'immaginario collettivo e, ancora oggi, a più di 35 anni dall'uscita nelle sale, faccia ogni volta boom di ascolti sulla tv lineare. 

Tutti tranne te, pur non inventandosi niente di nuovo, è un film perfettamente calato nella propria epoca. I protagonisti sono due straordinarie icone sexy dei nostri tempi: due involucri perfetti privi di qualsiasi classe, carisma, interesse, pensiero. Chi pensa che questo sia un problema drammaturgico non ha capito in che mondo viviamo. Sydney Sweeney e Glen Powell sono attraenti solo se mezzi nudi, cioè quasi per tutto il film: Will Gluck, che pure non è Howard Hawks, sa con che materiale sta lavorando. Quando sono vestiti, anche a festa, sono assolutamente privi di eros e ci si ritrova a pensare: perché seguire le vicende di due personalità così banali, piatte, scontate? La piattezza dei protagonisti è il riflesso della superficialità di un mondo che va in estasi per pettorali da manuale e tette da sogno (fin qui, niente di scandaloso) ma che ha completamente dimenticato il significato dell'espressione "carisma erotico", che un tempo era il motore della commedia romantica e che oggi è sparito dai radar cinematografici semplicemente perché è sparita dalla società (e qui: molto male, che amarezza). Facile provare attrazione per una donna mezza nuda, soprattutto se si chiama Sydney Sweeney, o per un uomo con la tartaruga sempre bene in vista, soprattutto se si chiama Glen Powell. Più difficile intercettare, tanto al maschile quanto al femminile, il carisma erotico non ostentato, quello che emerge dalla classe, dal portamento, dalla sensibilità, dal savoir faire, o anche solo dall'abbigliamento, da sempre veicolo narrativo di ogni commedia che si rispetti e che qui, quando presente, è quanto di più opaco, mediocre e anonimo possa essere. 

Will Gluck, su soggetto di Ilana Wolpert che ha aiutato in sede di sceneggiatura, finge di guardare a Shakespeare (Molto rumore per nulla) ma sa perfettamente dove caschino gli occhi di ragazzi e ragazze d'oggi, sa dove stia l'attrazione oggi, conosce i tasti da toccare per conferire un minimo di spessore serio/drammatico alla vicenda ("devo ancora trovare la mia strada") e confeziona un film conforme alla relazionalità instagrammabile odierna che, con tanto di hit pop magari banali ma perfettamente azzeccate al contesto (Unwritten) e a misura di story social, è destinato a diventare un cult assoluto.

Possiamo rimpiangere quanto vogliamo la golden age hollywoodiana (Susanna!La signora del venerdìMancia competenteScrivimi fermo postaL’impareggiabile Godfrey, Il diavolo è femminaIncantesimoDonneScandalo a FiladelfiaSabrinaAriannaL'appartamento: un solo fotogramma di ciascuno di questi capolavori annienta tutti i 103 minuti di durata di questa roba) o la modernità di Woody Allen, Nora Ephron, Sydney Pollack, Rob Reiner o tutto il filone britannico (da Quattro matrimoni e un funerale alle rievocazioni in costume di Jane Austen) o forse persino la disperazione sentimentale di certo Adrian Lyne (9 settimane e ½) che era sicuramente più coraggioso nel girare le scene di sesso: le rimpiango insieme a voi, mi trovate in prima fila (oddio, per Jane Austen forse no). 

Ma serve un minimo di onestà intellettuale nel riconoscere la validità di Tutti tranne te, prodotto perfettamente sensato nel mondo di oggi e molto più riuscito di tante insipide incursioni nel genere che abbiamo visto negli ultimi 25 anni, da Gigli di Martin Brest in giù. Sweeney e Powell battono qualsiasi Lopez-Affleck d'annata o qualsiasi improbabile parapiglia con Hugh Grant o Sandra Bullock, per non parlare dei recenti geriatrici tentativi di rinfocolare il divismo di un’altra epoca (Ticket To Paradise

Chi ha un palato più fine può o rifugiarsi nel passato o darsi al cinema d'autore, da Baumbach a Gondry passando per Linklater. 

Come prodotto industriale americano, Tutti tranne te è il meglio che possiamo aspettarci.

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