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La moralità nel cinema (la censura ieri, oggi e domani)
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Per parlare di moralità nel cinema di oggi, voglio prendere spunto da una frase detta recentemente da Jerry Calà.

“Negli anni 80 non si offendeva nessuno, Alcuni miei film oggi sarebbero messi all’indice”

Per parlare di questo argomento, vorrei fare un veloce excursus storico, sottolineando che le opinioni sono, come sua natura, soggettive.

 

 

LA MORALITA’ NEI PRIMI ANNI DEL 900

Come sappiamo bene, dopo l’avvento del cinema dei Lumiere, si è cominciato a girare parecchi film, il più dei quali sono oramai perduti o bruciati.

Nel mondo hollywoodiano di inizio 900 ma che perdurerà fino al 1930, c’era una grandissima libertà di espressione e di produzione di film.

La stessa cosa che succedeva più o meno all’esterno di quel mondo. Tra party, serate e libertà di tutti i generi.

Per un saggio su quello che in parte era quel mondo si può vedere il film Babylon di un paio di anni fa.

 

 

IL CODICE HAYS

Poi nel 1930 arrivo il famoso codice Hays, cioè il codice che ogni opera cinematografica uscita in America doveva per forza seguire.

L’attuazione di questo codice arriverà quattro anni dopo e cioè nel 1934.

I tre principi cardine erano:

  1. Non sarà prodotto nessun film che abbassi gli standard morali degli spettatori. Per questo motivo la simpatia del pubblico non dovrà mai essere indirizzata verso il crimine, i comportamenti devianti, il male o il peccato.
  2. Saranno presentati solo standard di vita corretti, con le sole limitazioni necessarie al dramma e all'intrattenimento.
  3. La Legge, naturale, divina o umana, non sarà mai messa in ridicolo, né sarà mai sollecitata la simpatia dello spettatore per la sua violazione.

Per poi inserire tutta una serie di altre restrizioni come: no a nudo o danze lascive, no a droghe e alcolici (tranne rari casi).

Anche per i film gialli o noir c’erano forti limiti in quanto l’esecuzione dei delitti non doveva essere manifesta.

Molti termini espliciti e volgari vengono banditi, come anche allusioni a “perversioni sessuali “(l’omosessualità era definita così) e neppure i parti potevano essere proposti.

Solo la famiglia normale era accettata infatti uno dei trafiletti del regolamento diceva: "I film non dovranno concludere che le forme più basse di rapporti sessuali sono cose accettate o comuni".

E se ci fosse stato adulterio sarebbe dovuto risultare un’opzione tutt’altro che attraente e interessante.

La volgarità in temi e parola doveva essere ridotta al minimo e relazioni fra persone di “razze” diverse erano proibite.

In conclusione, anche la religione doveva essere sempre difesa e protetta e nessun ministro di Dio poteva essere un personaggio comico o malvagio.

Molti registi cercarono di trovare delle deviazioni a tutto ciò come, ad esempio, in “Un tram che si chiama desiderio” di Kazan con Marlon Brando e Vivien Leigh.

Poi negli anni 60 sempre meno registi vollero stare alle regole con l’apice nel 1967 con il film di Stanley Kramer “Indovina chi viene a Cena” con Spencer Tracy, Katharine Hepburn dove si racconta appunto, la storia d’amore tra due ragazzi di razze diverse. (Sidney Poitier)

Nel 1968 questo codice venne definitivamente abbandonato.

Ma è interessante capire che questo codice fu creato dopo feroci critiche da parte del pubblico (popolo) per la condotta eccessiva, senza morale della Hollywood del cinema muto.

Questo codice andò a colpire anche i film esteri e italiani proiettati in USA come “Ladri di biciclette” dove si voleva tagliare la scena in cui il protagonista parla con delle prostitute in un bordello.  

 

 

LA CENSURA IN ITALIA

Ma anche in Italia ci fu una certa censura, non con un regolamento redatto in maniera particolareggiata come in America, ma comunque cera una forte moralità pure qui.

Ovviamente nel periodo fascista la censura era piuttosto pesante e cercava di veicolari i messaggi cari alla dittatura.

Ma contrariamente a quanto si potesse pensare, anche con l’avvento della Repubblica quella legge rimase quasi invariata, anche grazie al peso della Chiesa Cattolica.

Andreotti, nel 1949 emanò una legge che in copertina voleva favorire il progresso del cinema italiano, ma al suo interno cercava in tutti i modi di moderare ed eliminare il neorealismo, grosso problema per la politica di quegli anni.

Famosa la sua frase: “i panni sporchi si lavano in famiglia”

Il 5 Aprile 2021, si avete capito bene solo tre anni fa, fu abolita la censura cinematografica in Italia, che nel corso degli anni aveva mietuto vittime illustri come “Nodo alla Gola” di Alfred Hitchcock, Totò e Carolina di Monicelli, Terzo Sesso (un film sull’omosessualità del 1957), Nudi per vivere (un documentario di Elio Petri sul mondo notturno di Parigi), ovviamente Salò di Pasolini, il leone del deserto ( film bloccato nel 1981 direttamente dal capo del governo Giulio Andreotti, la pellicola raccontava la storia di un soldato libico che andava contro il regio esercito italiano che tentava di conquistare lo stato africano),

E come non ricordare il film “Totò che visse due volte” di Cipri e Maresco del 1998, vietato a tutti? E per concludere nel 2012 ci fu Morituris un film sull’antica Roma, piuttosto ben farcito di violenze, e che per questo fu vietato a tutti.

 

 

USA E ITALIA LIBERTA’ NEL CINEMA

Dagli anni 70 in poi, potemmo godere di molta più libertà e finalmente hanno cominciato ad uscire film piuttosto liberi e con scene sempre più volte all’osare.

Anche in Italia accade questo con film come quelli di Edvige Fenech e cinepanettone che sono usciti con scene piuttosto spinte e volte ad un pubblico piuttosto adulto e con una mente aperta.

 

 

DAL MORALISMO AL POLITICALLY CORRECT

Oggi abbiamo molte più libertà di movimento nel mondo del cinema e viene proposto un po' di tutto, ma abbiamo delle regole che piano piano escono e chi le propone è il popolo, il pubblico o, meglio, una parte di esse.

Tornando al cinema italiano di Jerry Calà degli anni 80, è chiaro che molte battute oggi sarebbero da denuncia magari per sessismo (mi viene in mente i primi due o tre minuti del film Selvaggi dove Ezio Greggio snocciola una serie di battute sessiste forse oggi eccessive) o magari la “libidine, doppia libidine, libidine coi fiocchi” di Calà, o ancora le battute del Dogui (Guido Nicheli) in tutti i suoi film, su razze, colori, sesso, ecc.

Effettivamente, quindi, Jerry Calà ha ragione: molti film di fine anni 70 fino a metà anni 90 verrebbero messi alla gogna.

Ma è giusto?

In parte sì e in parte no; dobbiamo chiaramente valutare l’epoca in cui il film è stato proposto e le idee che in quel periodo c’erano. Magari la voglia di leggerezza durante gli anni di piombo, o il benessere economico e mentale degli anni 80 che inevitabilmente porta a degli eccessi.

Detto questo, probabilmente, spesso c’erano delle esagerazioni, ma a giudicare dal successo di alcune pellicole, era ciò che spesso il pubblico chiedeva.

 

 

L’ECCESSO DEL POLITICALLY CORRECT

Come vedete ho cambiato nome alla morale e l’ho chiamata Politically Correct, perché di quello si tratta.

La gente al giorno d’oggi è molto attenta ai temi sul colore della pelle diversa, sugli orientamenti sessuali e ovviamente sugli scandali al di fuori del cinema.

Però c’è un però, a volte anche qui abbiamo degli eccessi, non si può infatti bocciare un film perché non ha la “quota” queer o non comprende persone di tutte le etnie.

Quello che ad esempio sta facendo la Disney negli ultimi anni, è semplicemente ridicolo.

Io credo che tutti abbiano diritto ad essere rappresentati, a vivere nei film ma nel giusto modo: è scorretto inserire un’omosessuale in Biancaneve perché è giusto che ci sia, come non avrebbe senso in un film di amore omosessuale, inserire un etero muscoloso che si fa tutte quelle che gli capita a tiro perché è giusto comprendere anche lui nella pellicola.

In questo modo è evidente che manca completamente la libertà da parte del regista e degli attori stessi di fare ciò che si vuole, costringendo quindi il regista ad usare un “codice” come negli anni 30 negli USA.

È giusto e va rispettato ogni orientamento sessuale, e il rispetto non può e non deve passare per l’obbligo di inserimento, ma piuttosto per la realizzazione di un personaggio perfetto per la pellicola in creazione.

 

 

IL COLORE DELLA PELLE FA LA DIFFERENZA

Trovo assolutamente inutili le controversie su attori di colore che fanno personaggi ritenuti caucasici. Il film nasce come racconto e il racconto è fatto da attori, l’importante è che l’attore o l’attrice siano bravi e che, appunto come attori, riescano ad entrare nel personaggio e gli diano spessore.

Nel caso del Gladiatore 2 dove abbiamo Denzel Washington che fa la parte di un console romano oppure nel caso della Sirenetta Disney dove abbiamo Halle Bailey che fa la parte della creatura di etnia caucasica, trovo il tutto molto sterile.

Sulle qualità attoriale di Washington non credo ci sia nulla da discutere e anche la Bailey alla fine a me non era dispiaciuta nel film della Sirenetta.

Ovviamente un’altra cosa è sentirsi in obbligo di inserire un personaggio di etnia africana, asiatica o caucasica perché il cinema deve essere inclusivo.

 

 

CONCLUSIONE: LE FRASI DI JERRY CALA’

Quindi in conclusione, le frasi di Jerry Calà bloccherebbero i film oggi? Sì, probabilmente sì, perché al giorno d’oggi c’è più sensibilità, come già detto, su certi temi. Ma probabilmente risolveremmo il problema a monte, perché quelle frasi sarebbero fuori epoca.

Gli eccessi in qualunque direzione sono sbagliati e, secondo me, vale una delle regole d’oro della nonna: “scherziamo si, scherziamo tanto, ridiamo su tutto, ma rispettiamo tutti”

Quindi io sono per il “niente regole” ne dà un lato ne dall’altro ma solo il rispetto.

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