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Si è tenuta un paio di giorni fa la conferenza stampa della 81ma edizione della Mostra del cinema di Venezia che inizierà come di consueto negli ultimi giorni di agosto. A presentarla ci ha pensato il direttore della Mostra Alberto Barbera che ha svelato, in diretta su YouTube, i programmi di tutte le sezioni. Si tratta di un appuntamento che Barbera, ormai arrivato alla sua tredicesima edizione consecutiva, affronta con serietà e passione, prendendosi tutto il tempo necessario per garantire a tutti i film selezionati il giusto spazio. Tempo che utilizza sia per inquadrare l'autore dell'opera, sia per raccontare, con efficace sintesi, di cosa le opere parlino e quale sia il loro posto nell'ecosistema della selezione dell'anno.

A meno che non siate addetti ai lavori o cinefili smaliziati ed onnivori sono pochi i nomi che sembra di riconoscere, almeno fino a quando non si arriva alla presentazione delle opere che partecipano al Concorso e Fuori Concorso, che Barbera tiene saggiamente per la fine della presentazione. Questo elemento però non incide granché sul livello di interesse che Barbera riesce a sollevare perché chi, ancora, oggi, ama davvero il cinema, ama anche (o forse esattamente) la sua imprevedibilità. Ama proprio il fatto che ogni film sia una nuova avventura, che ogni film ci porti in un posto che non conosciamo e questo mistero è parte fondante del viaggio. Un viaggio che sappiamo fin da subito possedere una durata limitata che ci lascerà sempre affamati. Di nuove storie, di nuovi spazi.

C'è però, tra le pieghe di questa considerazione sulla limitatezza della durata delle opere, un movimento che non si può ignorare che spinge ogni anno un po' più in là il limite dell'esperienza filmica e diventa sempre di più un dato di fatto con cui fare i conti sia in termini organizzativi, ai festival, che distributivi, quando le opere arrivano al cinema: i film diventano sempre più lunghi. Elemento che infatti anche Barbera nel corso della sua presentazione sottolinea in più di un'occasione.

A parte Phantosmia, il nuovo film di Lav Diaz - che non è affatto nuovo a queste lunghezze - ci sono anche The Brutalist di Brady Corbet (215 minuti), il doc co-prodotto e distribuito da Luce Cinecittà, Bestiari, Erbari, Lapidari di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti (205’), Israel Palestine on swedish tv 1958-1989 di Göran Hugo Olsson (202’) e Leopardi. Il Poeta dell’infinito di Sergio Rubini (245’), Fuori Concorso. E sono moltissimi i film che si posizionano nettamente al di sopra delle due ore.

A Venezia ci saranno, inoltre, ben quattro serie proiettate integralmente: Disclaimer di Alfonso Cuaron (già vincitore del Leone d'oro a Venezia 2018 con Roma), Los años nuevos di Rodrigo Sorogoyen (autore del discusso As Bestas), Families Like Ours di Thomas Vinterberg (Festen e Un altro giro) e M – Il figlio del secolo di Joe Wright. Prodotti audiovisivi, tipo Dostoevskij dei fratelli D'Innocenzo, ai quali il termine serie tv sta stretto non tanto per sterile snobismo ma perché neanche possiedono la tipica struttura seriale, non parlano, cioè quella lingua lì, fatta di stacchi, ganci, sospensioni e mancano di tutte quelle piccole furbizie e quei codici narrativi a cui siamo ormai assuefatti e che sappiamo riconoscere molto bene. Quelli che ci hanno tenuti agganciati quando era il momento del binge watching, ossia quando era il momento di sottoscrivere gli abbonamenti, e che ci tengono agganciati ora che molte piattaforme sono ritornate a proporci un episodio alla settimana, per evitare la perdita di abbonamenti dovuta all'eccesso di offerta e alla concorrenza.

Se sembra naturale ricollegare questo allungamento a possibilità tecnologiche (il digitale) e alle esigenze produttive e di marketing di adeguarsi alla modalità di visione seriale che gli spettatori consumano maggiormente (un segno di debolezza, insomma, del buon vecchio film che si consuma in 90 minuti scarsi) dobbiamo anche considerare che questa lettura, sebbene sia la più logica e quindi anche la più cinica tra le spiegazioni possibili, rischia di essere vera solo in parte. C'è anche la chiara possibilità che, semplicemente, la lunghezza possa o debba essere una totale invariante.

E che la durata finale delle opere non sia neanche una scelta ma una conseguenza di una specifica esigenza degli autori di spostare il proprio baricentro verso racconti più diluiti,  di affrontare storie con maggiori diramazioni, di rappresentare personaggi più profondi, di trasporre testi più impegnativi e usare palette di colori e temperature narrative più ampie. Per cercare di raccontare, insomma, la complessità del nostro tempo. In tutto il tempo necessario.

Comunque sia, noi a Venezia ci saremo e siamo pronti a farci carico delle lunghe visioni che la Mostra proporrà. Copriremo il Festival, come sempre, con le recensioni della community e con quelle della redazione del settimanale ma ci siamo portati un po' avanti e abbiamo chiesto a chi ci sarà di dirci cosa assolutamente non vorrà perdersi, lsciando da parte tutte le considerazioni sulle lunghezze eccessive.

Marco è attratto soprattutto da Phantosmia di Lav Diaz, Youth Homecoming di Wang Bing, Cloud di Kiyoshi Kurosawa, Baby Invasion di Harmony Korine, Bestiari erbari lapidari di D’Anolfi e Parenti (FC) e Israel Palestina på svensk TV 1958-1989.

Fabio quest'anno sente maggiore trasporto per il Fuori Concorso e attende in particolare "la sorpresa Kitano col suo inaspettato Broken Rage (solo 65 minuti!), il mio adorato Lav Diaz. Attendo Harmony Korine anche se, dopo Aggro Grift, sarà sempre meno nelle mie corde ma si tratta comunque di un'esperienza che mi galvanizza anche senza riuscire a comprenderla appieno. Poi Kiyioshi Kurosawa di Cloud, e pure Pupi Avati, sperando davvero che torni a fare un buon horror "padano" come nei '70. In Concorso Amelio mi galvanizza sempre, attento Brady Corbet e il suo The Brutalist, ma mi interessa anche il ritorno di un regista discontinuo come Walter Salles. Wang Bing è sempre nel mio cuore. E non mi aspetto nulla di buono da Pablo Larrain e la sua tediosa smania per i biopic. Questo Maria mi pare imbalsamato sin dal cast, ma spero di essere smentito e sbugiardato."

Dalla redazione di Film Tv infine ci dicono di tenere ben d'occhio Leurs enfants apre eux, il film di Lelouch (finalmente in tutti i sensi), Diciannove, The Order, Iddu (Elio Germano e Toni Servillo per la prima volta insieme), Vermiglio, The Brutalist, Stranger Eyes, Maldoror di Fabrice Du Welz (155'), ancora il doc di D'Anolfi/Parenti, One to One, il film sui Pavement, La storia del Frank e della Nina, King Ivory. E infine, ancora e di nuovo, il "corto" Broken Range di Takeshi Kitano.

Da qui è tutto e, se non vi buttate nelle Olimpiadi di Parigi, potete passare un po' di tempo ad aggiungere i film nella vostra watchlist. Prendetevi tutto il tempo che volete, mica abbiamo fretta.

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