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Cavalcare la bestia
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Il suo nome è Gary, Gary Johnson. Insegna filosofia e psicologia all'università di New Orleans, guida una sfigatissima Honda Civic ma sa perfettamente come coinvolgere i suoi studenti. Nell'incipit di Hit Man - Killer per caso, il nuovo film di Richard Linklater in sala in questo weekend, gli studenti pendono dalle sue labbra quando spiega cosa Nietzsche intendesse quando diceva che bisogna "vivere pericolosamente". Chiaramente il professore sa benissimo a cosa si riferisse il filosofo tedesco, il brillante Gary, infatti - tipico americano, bianco, mascella quadrata, vagamente tozzo, che non bada molto alla scelta delle camicie e non si sforza di essere cool - nei ritagli di tempo collabora con la polizia supportando tecnicamente gli agenti che si infiltrano in situazioni un po' pericolose, al riparo nel furgone civetta. Poi, un giorno, il caso, la vita, quel che sia, lo sfida proprio sul terreno che insegna e gli offre la possibilità di mettere in pratica l'esortazione del filosofo. Ed è lì che Gary si rivela un vero maestro, è lì che, infiltrandosi e fingendosi killer a pagamento per sostituire un agente professionista, cavalcando la bestia dell'incertezza, dell'imprevisto e dell'imprevedibile, dimostra di cosa è davvero capace, al di là della teoria.

Sempre nell'incipit del film, nella prima scena che si svolge in università, durante la lezione, ad un certo punto Gary chiede se qualcuno tra gli studenti vuole provare a sintetizzare che cosa Nietzsche intenda con "vivere pericolosamente". Alza la mano una ragazza e dice che vivere pericolosamente significa avere il coraggio di prendere dei rischi, di lanciarsi al di fuori dei recinti di sé, di uscire dalla propria comfort zone.

Chi legge questa newsletter con una certa costanza potrebbe essere familiare con questo concetto. Se ne parla molto e, casualmente, se ne è parlato anche la settimana scorsa nell'ambito di una riflessione su quello che il cinema in sala sta diventando, ossia molto dipendente da quello che l'intrattenimento in casa è diventato. Ed è stimolante annotare come Hit Man di Richard Linklater sia, in un certo senso, un manifesto di se stesso e, come dice Carlo Valeri sul nuovo numero di Film Tv, "una fusione alchemica sulla carta straniante che però il cineasta americano riesce a plasmare scena dopo scena, seguendo una partitura che sembra ora perfettamente ancorata alle regole del “genere”, ora liberamente improvvisata dagli interpreti, dalle situazioni rocambolesche che li vedono protagonisti, e dalla natura stessa di un cinema - quello di Linklater, appunto - notoriamente predisposto più alle strutture “libere” delle produzioni indipendenti che ai collaudati schemi dei modelli classici".

Mi sembra inoltre una concidenza piena di significati che un prodotto di questo tipo si trovi ad uscire nelle sale mentre qualche milione di persone (solo in Italia) sta andando a vedere Inside Out 2, uno dei tanti sequel, prequel, franchise con cui devono confrontarsi le produzioni cinematografiche che non beneficiano di rendite di posizione, che provano a raccontare storie nuove e che non possono contare su eredità o universi di appartenenza.

Hit Man di Linklater è coraggioso per tanti motivi. Perché - oltre a non essere, ovviamente, un sequel, sebbene sia ispirato ad una storia vera raccontata in un articolo pubblicato su un periodico locale texano - non si appoggia neanche su una star ma su un finissimo lavoro di équipe che modella un film che sa vivere pericolosamente come il suo protagonista, che riesce a tenerti con il fiato sospeso come un thriller, facendo ridere con tempi comici perfettamente calibrati e senza aver paura di raccontare un vero e proprio coup de foudre romantico.

Come dice Ilaria Feole, nel suo bel profilo d'attore dedicato all'attore protagonista Glen Powell e al suo rapporto con il regista, "Con Hit Man il sodalizio attore-regista ha fatto il salto di qualità, avendo scritto a quattro mani la sceneggiatura. Powell è anche produttore di quello che è il veicolo ideale per mostrare la sua notevolissima gamma espressiva: il camaleontico Gary Johnson è un perdente che “si traveste” da spaccone e rubacuori, dando modo a Glen di giocare coi tanti strati del suo essere attore; per un biopic che si traveste da rom com che si camuffa da noir, non c’era un attore migliore."

Hit Man, passato fuori concorso a Venezia l'anno scorso, esce finalmente allo scoperto con più di 250 sale. Chi ama il cinema dovrebbe vederlo, chi lo ha apprezzato potrebbe consigliarlo, è un film cinefilo che può intrattenere, divertire, appassionare il grande pubblico con una storia, come dice lo stesso Linklater nell'intervista di Film Tv, "sul senso smarrito e fluido di identità nella contemporaneità, che da sempre cerco di indagare con i miei film. Qualunque sia il genere - thriller, crime, commedia - la domanda che mi pongo è sempre la stessa: chi siamo? Possiamo davvero cambiare durante le nostre vite? È qualcosa che riguarda oggi in modo particolare i giovani che si domandano: posso diventare chi vorrei essere?"

È dura, ma si può fare.

Concludo ringraziando i ragazzi del podcast di F for Film Tv che hanno saputo rischiare e mettersi in gioco in un territorio nuovo e sconosciuto. Il podcast, arrivato al suo ventiseiesimo episodio, si prende una meritata pausa estiva e qui trovate il bilancio di una straordinaria avventura che ha saputo cavalcare il cinema da tantissimi punti di vista, tenendosi sempre saldamente ancorata ad una sana, eppure spericolata, passione.

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