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Bel mestiere, ma che fatica
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Ogni settimana, con discreto anticipo rispetto a quando Film Tv arriva nelle edicole, c'è una grande mole di lavoro che viene riservata alla produzione della copertina del giornale. Essendo la parte più esterna, quindi visibile, per quanto superficiale, il totale di ore di lavoro che si sviluppa intorno alla scelta della cover sarebbe da annotare e, se si potesse, anche da registrare. Anche per farsi quattro risate, a volte.

Tutto inizia con una selezione di argomenti e temi, che portano con sé i personaggi sui quali puntare. I primi spunti arrivano dalla riunione di redazione: cosa esce, che ricorrenze ci sono, a quali film e autori vogliamo (e/o dobbiamo) dare spazio. Poi arriva la parte della scelta del soggetto, la ricerca dei materiali fotografici. Infine si arriva alla parte più bella, che però può anche diventare logorante e faticosa: impaginazione, colori, grafica, testi di accompagnamento, finalizzazione. E questa è la parte in cui vengo spesso coinvolto, ok, è un eufemismo per dire che raramente una copertina arriva in edicola senza che io abbia espresso la mia opinione. Ok, temo che anche questo possa essere considerato un eufemismo per dire che, nel tempo, sono diventato veramente insopportabile.

Comunque. La copertina che esce la settimana prossima è stata una delle più laboriose che io ricordi, un oggetto che ha avuto bisogno di tantissime messe a punto e che, al tempo stesso, si è anche trasformato in qualcosa di diverso, in una escalation di ragionamenti, intuizioni e azioni di cui faccio una rapida cronaca qui per non perderne traccia ma anche perché è espressione di un pezzo significativo delle variabili che bisogna prendere in considerazione quando si lavora nell'editoria, tra il rispetto dell'identità (propria e dei lettori) e la necessità di rendere il tutto, possibilmente, remunerativo.

Il tema scelto è Anatomia di una caduta perché arriva in streaming (su Mubi) e perché si tratta del film che ha vinto il meritatissimo Oscar a Justine Triet e Arthur Harari per la migliore sceneggiatura originale. Un film che pur essendo costruito come un giallo riesce a "mettere in luce gli automatismi, gli a priori, gli storytelling già dati, e di certificare la fallacia di questi tendenziosi schemi interpretativi del mondo". Un film matrioska che è thriller implacabile, giallo processuale e anche "un grande film su come funziona l’amore, al netto di ogni opinione, oltre ogni possibile verità".

Date queste validissime premesse c'erano alcune difficoltà da considerare. Perché il tema di partenza può anche essere azzeccato, intrigante e ben calibrato sulla identità del giornale, e poi finire a schiantarsi con brutalità contro all'evidenza di un materiale fotografico complicato. E il materiale fotografico di Anatomia di una caduta non è esattamente il massimo. Essendo un film che si regge quasi interamente sulla psicologia dei protagonisti, l'aspetto meramente estetico è messo in secondo piano dall'autore fin dall'inizio, con il risultato che le foto "copertinabili" sono poche, le scenografie non indimenticabili e il film, nel suo complesso, non è facilmente comprimibile in una illustrazione ad hoc.

Che fare, dunque? A costo di essere lapalissiani abbiamo deciso di partire dal poster. Quello con l'inquadratura dall'alto della scena del crimine. Ops, dell'incidente. A differenza di tante altre occasioni, il fatto che il film fosse stato già visto da un ampio pubblico, che fosse già circolato ed apprezzato, rendeva il poster un ottimo punto di partenza. Ma non poteva bastare. A volte sì, a volte basta, ma non questa volta.

Facendo delle ricerche ci siamo resi conto che quel poster ha due versioni distinte: quella con il cane e quella senza. Ma Messi, il border collie di Anatomia di una caduta, è un soggetto abbastanza importante nell'economia del film e non è un caso che abbia partecipato alla serata degli Oscar da vero protagonista. Quindi abbiamo focalizzato le nostre ricerche solo sui poster con il cane. E siamo incappati nel poster coreano che, con una scelta molto originale e azzeccata, ha spostato le figure verso l'alto ruotandole rispetto all'originale, adottato in Europa,  dando così tutto un altro taglio fotografico alla locandina (molto amore per Photoshop) permettendo di far cadere il titolo del film dall'alto verso il basso, in un rosso squillante.


Scelta l'immagine, per la nostra cover, è arrivato il momento del titolo e del testo di accompagnamento. E così abbiamo deciso di speculare, di sfruttare, di nuovo, la notorietà del film facendo convergere tutto il peso grafico su una domanda, grande, centrata, rossa, in maiuscolo: È STATA LEI? Ispirati, anche qui, da una campagna pubblicitaria della casa di distribuzione americana NEON.

A quel punto, presi da una specie di vortice, abbiamo aggiunto due caselle SI/NO. Ok, ma mica uno vota sulla carta, le copertine di Film Tv sono anche oggetto di collezioni e non vogliamo certo obbligare i lettori ad impugnare il pennarello. E così abbiamo aggiunto un QR code che apre un sondaggio su un canale Telegram costruito ad hoc.

Poi, magari, si iscriveranno e voteranno in cento, ma la copertina è venuta bene e comunque, a volte, bisogna anche decidere di farsi guidare solo dalla bellezza del gesto, da un'intuizione.

Anche perché, come mi disse una volta un vecchio lupo di mare dell'editoria, questo mestiere è "99% transpiration e 1% inspiration", quindi, quando ci si ritrova nel momento 1%, non bisogna lasciarselo scappare.

E comunque, per voi, è stata lei o no?

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