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Tanti fan, come me, della serie tv "Black Mirror" avranno esultato quando, appena terminata la messa in onda della sesta stagione è stato subito annunciato il rinnovo per la settima. Serie molto amata e ben strutturata, così densa di messaggi disturbanti, ma chiari e palesi, nonostante sia sempre ambientata in realtà distopiche. Perchè questa serie piace tanto? L'ultima stagione ha spostato il baricentro dal surreale all’horror, cambiando proprio senso di marcia. Il mostro, che prima era rappresentato dall’uso indefesso della tecnologia, si è tramutato nello spettatore stesso, voyeur famelico e impaziente. Mi torna subito in mente l’acuta arte di Hitchcock, che nel suo geniale e razionale pensiero qui è stato palesemente ricalcato e che ha fatto del voyeurismo sua colonna portante. Chi di noi non è stato complice dell’omicidio in "Nodo alla gola"? Sicuramente c’è chi avrebbe voluto gridare a gran voce a James Stewart che il corpo era lì, proprio sotto i suoi occhi, oppure chi intimamente ha simpatizzato per i due amici-amanti, perchè in fondo erano adorabili. Oppure ne “La finestra sul cortile”, nella sottile e acuta battuta di Thelma Ritter ”siamo una bella razza di guardoni” che riassume tutto d’un fiato un intero dibattito.

 

Nel film “L’occhio che uccide”, cult del 1960, si tocca l’apice dell’ossessione, spiando il terrore in prima persona attraverso la macchina da presa, catturando le più intime espressioni di dolore, sfociando nell’omicidio. Oserei dire quasi degli omicidi in diretta, anticipo di ciò che oggi la cronaca nera ci propone quotidianamente, questo sondare il personale dolore in maniera maniacale. Paure che quando iniziò la serie nel 2011 erano presentate come ipotetiche, forse ancora lontane e che oggi superano invece la fantasia. Schemi su cui è basata la serie che ricordano “Ai confini della realtà”, dove il focus era la concretizzazione della paura attraverso incubi, situazioni irreali e metafisiche. La paura, il dolore che ben viene enfatizzato in “Se mi lasci ti cancello”, film del 2004 che pone forte l’accento sull’eliminazione della disperazione, sulla possibilità e il desiderio (se non incessante bisogno) di resettare la vita ogni qual volta il tormento sia insopportabile. Ecco come nasce l’uso disforme della tecnologia, diviene dipendenza, ossessione. Sotto quest’ottica prende forma, forza e significato l’elevata attenzione verso i social e gli influencer, non è questo voyeurismo allo stato puro? Se dicessi “The Truman show”? Capolavoro forse incompreso nel 1998, ma oggi attualissimo, oserei dire quasi normale…Non siamo tutti spettatori della vita altrui?

 

Black Mirror è tutto ciò che è sotto i nostri occhi, ma anche molto di più. E’ la paura ancestrale, ciò che temiamo di più, è la parte di noi che abbiamo timore di mostrare.

Siamo spettatori e giudici di uno spettacolo, quello della vita. In pochi secondi decidiamo se una persona è simpatica o meno, in pochi secondi decretiamo il nostro giudizio definitivo. La realtà distopica della serie non è così lontana, nell’arco di poco più di dieci anni è diventata attuale. Ciò che è successo a New York negli ultimi giorni, la forte accusa contro il mondo dei social, definito pericolo pubblico e dipendenza, soprattutto per i più giovani e labili, apre un dibattito che da anni prosegue. Un nonsense se pensiamo che parallelamente si è arrivati all’uso dell’intelligenza artificiale, un processo tecnologico ormai inevitabile, inarrestabile, che corre più veloce delle nostre paure.

 

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