Qualche giorno fa ci ha lasciati a 97 anni Norman Jewison, regista di 25 film, apprezzati dal pubblico e dalla critica d’antan, ma oggi poco noto.
Meritorio, dunque, il ricordo-omaggio di Raiplay che ha riproposto Rollerball (1975), impegnata riflessione “fantascientifica” sul ruolo ambiguo dell’intrattenimento, non solo sportivo, che si rivela funzionale al contenimento della rabbia popolare.
Rollerball è – come altri film successivi di Jewison – una dura denuncia delle ingiustizie, del razzismo e della ferocia spietata dei politici, che si avvale dell’indimenticabile e umanissima interpretazione di James Caan.
Ricordo tuttavia che dopo l’Oscar del 1968 per La calda notte dell’Ispettore Tibbs, film giallo che era stato preceduto da qualche deliziosa commedia, il regista, nel corso degli anni ’70, aveva girato molti indimenticabili musical dei quali mi piace citare il celeberrimo Jesus Christ Super Star (1973) di cui ho conservato qualche sbiadita reminiscenza, pur avendo viva memoria delle polemiche e delle volontà censorie che ne misero a rischio la proiezione nel nostro paese.
Jewison si era mosso, dal primo all’ultimo film, attraversando con disinvoltura i generi, senza dimenticare però le sue origini di conduttore televisivo a Londra, esperienza probabilmente importante, da cui aveva imparato quanto siano fondamentali le belle musiche nonché l’espressività mimetica dei volti per catturare l’attenzione degli spettatori.
Ne avrebbe fatto tesoro a Hollywood, dove produsse i suoi film, qualche volta li sceneggiò e sempre li diresse con la fierezza dell’uomo indipendente che non rinuncia alle proprie idee liberal né a difenderle. Così nelle distopie futuristiche, come nei film pacifisti, così nei musical, come nelle commedie romantiche…
Mi soffermerò su una di queste, forse la più nota: Stregata dalla luna, che vidi al cinema – e subito apprezzai – e che rividi successivamente sul mio DVD, mantenendone immutato il giudizio.
Interpretato da giovani attori: Cher e Nicolas Cage; da comici di mezza età: Vincent Gardenia e Danny Ajello, nonché dalla bravissima Olympia Dukakis, signora attempata ossessionata da malinconici rimpianti, questo film racconta una storia di immigrazione italiana a New York, a Little Italy, ovvero la storia delle famiglie Castorini e Cammareri.
È una storia di solidarietà fra generazioni: la “complicità” di quelle famiglie nasceva dal reale bisogno di protezione reciproca nella bellissima metropoli in cui solitudine e individualismo avrebbero – probabilmente – messo in forse i legami interni alle piccole comunità dei nuovi arrivati, persino i più solidi, cioè quelli che poggiavano sulla tradizione; spesso sui pregiudizi, talvolta, come in questo caso, anche sulla superstizione.
La premessa della storia
era accaduto che la bella Loretta Castorini (Cher), rimasta prematuramente vedova per… non aver celebrato religiosamente il proprio matrimonio volesse ricucire lo strappo con Dio accettando la proposta di matrimonio che le era arrivata – sulle note di “That’s ammore” in un locale di Little Italy – da Johnny Cammareri (Danny Ajello), uomo ricco, quasi anziano, che non aveva tuttavia fissato la data. Johnny aveva prenotato, infatti, un aereo per l’Italia per vedere la madre in fin di vita: la moribonda desiderava vederlo…
A funerali conclusi ne avrebbero riparlato! Nel frattempo Loretta avrebbe incontrato Ronny (Nicolas Cage), il fratello, fornaio, di Jonny per invitarlo alle nozze prossime venture…
e il suo seguito
Incontro galeotto, forse per la magia della luna piena che esaltava la bellezza della città, illuminando la neve appena caduta, forse!
Ronny, perdutamente attratto da lei sin dal primo momento, ha le idee più chiare. L’amore, non quello dei luoghi comuni cantato da Dean Martin, ma quello vero, quello che nasce dai sensi e che non ammette compromessi; quello che si lascia accompagnare dalla meravigliosa musica di Puccini, quello che ci trasforma rendendoci insieme coscienti e smemorati:
“Ma ora, per me, tutto questo non conta niente: l’unica cosa che voglio è averti nel mio letto. Non mi interessa se brucerò in eterno. Non mi interessa se tu brucerai in eterno. Il passato e il futuro sono quasi inesistenti: non riesco a vederli, qui. La sola cosa che vedo sei tu, con me.”
un bel film, che stento a definire “commedia romantica”; una lieve e garbata commedia contro il familismo amorale e stereotipato di chi, non avendo il coraggio di vivere, si accontenta di qualche evasione fedifraga, come molti dei Cammareri e dei Castorini.
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Un bel ricordo. Io ancora guardo divertito le sue commedie con Doris Day.
:-)
Doris Day con le sue deliziose commedie - "Quel certo non so che" e "Non mandarmi fiori" - così come Steve McQueen ("l'attore più difficile con cui abbia mai lavorato") e Edgar G. Robinson, con "Cincinnati Kid" al poker - testimoniano l'attenzione di Norman Jewison per gli attori e per il pubblico, che nella varietà dei temi e delle storie raccontate si riconosceva.
Grazie Roberto.
Buon fine settimana.
"...ma secondo te perché gli uomini hanno bisogno di avere tante donne ? Eh?"..."Non lo so. Non chiedermelo. Però, forse perché hanno paura della morta..." "ah...ecco, non ci avevo pensato".
Beh, che dire: non lo vedo da un ventennio, "Stregata dalla luna" eppure lo ricordo. Potenza del cinema, potenza di Jewison. Non ebbe mai un oscar e non dirigeva da più di 20 anni eppure...a me sembra quasi che "Hurricane" sia stato fatto al massimo 4, 5 anni fa. Grazie, Lilli.
Grazie a te, Maurizio.
Potenza del suo cinema: rivedendo Stregata dalla luna per scrivere il post, guardando i due innamorati davanti al Metropolitan, bellissimi e "rinati" alla vita, mi sono ancora una volta commossa!
Tanta è la poesia del film: una storia semplice e profondamente vera, come la bellissima musica di Puccini che aiuta la coppia - soprattutto Loretta - ad abbandonarsi senza timori.
Bisognava proprio rendere giustizia a questo regista e sono contenta di averlo fatto...
Buona domenica!
Un sincero ringraziamento perché è per merito delle tue parole che ho appreso della sua morte. Sono particolarmente legato a Hurricane di cui conobbi le vicissitudine a seguito della visione del film. Era l'estate del 2000, occorsero due visioni nelle arene estive perché la prima fu interrotta dalla pioggia. Alla fine di quell'estate mi sposai e in preda ai fiumi dell'alcol mi trasformai in Rubin Carter con esiti disastrosi...
Se n'è parlato troppo poco; eppure fu un importante regista - anche molto saccheggiato - da grandissimi autori che svilupparono molti dei temi che, con intenti più modesti, Norman Jewison aveva trattato a Hollywood spaziando fra i generi.
Mi ha fatto molto piacere il tuo commento, legato anche al ricordo della doppia visione e all'identificazione col pugile eroe di Hurricane.
Grazie davvero.
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