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La rivoluzione è un'altra cosa
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In Wild Baricco, un podcast gratuito de Il Post che vi consiglio di ascoltare per la varietà di argomenti messi in campo e per il tono generale della conversazione che è davvero una gioia per le orecchie e per lo spirito, Alessandro Baricco e Matteo Caccia parlano per due ore filate che scivolano via non leggere ma spedite e che, come succede con un bel film, vorreste non finissero mai.

Oggi voglio pazziare, esordisce Baricco. E per lo scrittore, tipico esemplare di torinese riservato, pazziare vuol dire parlare. Di tutto, anche di cose delle quali non ha mai parlato. In mezzo ai numerosi argomenti che hanno affrontato ce n'è uno che mi si è riinfilato in testa mentre guardavo una puntata di una serie Usa (Schitt's Creek) in cui poco a poco si scopre che praticamente tutti i personaggi principali, oltre ad essere perfetti per il ruolo, sono anche maledettamente portati per il canto. Ed è altamente probabile che, come quasi tutti gli attori di scuola anglosassone, probabilmente sappiano anche ballare abbastanza bene.

Sobillato da Matteo Caccia, lo scrittore torinese, da poco in libreria con il suo nuovo romanzo western Abel, ad un certo punto della lunga conversazione inizia a raccontare a ruota libera di quella volta che Matteo Renzi gli chiese di diventare Ministro della cultura e lui disse no. Caccia, discretamente incalzante, gli chiede allora quali fossero le sue idee sulla cultura, cosa avrebbe fatto da Ministro se avesse accettato e cosa pensava della scuola in Italia. Ed è stato proprio lì che Baricco ha detto questa cosa che, sebbene al momento non mi sembrasse centratissima, mi si è poi ripresentata davanti alla versatilità degli attori di Schitt's Creek.

Gran parte dei soldi che spendiamo per la cultura viene spesa per intrattenere una borghesia, sempre la stessa, e i suoi passatempi. Molto meno facciamo per allargare la temperatura culturale di un paese. La stagione di un teatro borghese per chi è fatta? Hai un bel fare gli abbonamenti per i teatri alle scuole ma noi dovremmo fare teatro A scuola. Non gli abbonamenti al teatro borghese. Noi non insegniamo neanche la musica a scuola e poi spendiamo soldi per sostenere l'opera. Quando ce li abbiamo tutti lì - il figlio del fornaio e quello dell'avvocato - a scuola, noi facciamo pochissimo, quasi niente, poi quando sono tutti dispersi, li andiamo a cercare uno a uno. Con un dispendio immenso di risorse. C'è un errore alla base, un errore di finalità. Ma quale è lo scopo? Questi soldi cosa devono ottenere? Una bella vita culturale per chi è già dentro? O puntare a quelli che il libro in casa non ce l'hanno? Troppa gente è interessata a tenere quella sacca di ignoranza. Se non riesci a raggiungere tutti, con la cultura, allora poi avrai quello che capita. La rivoluzione è un'altra cosa.

Naturalmente Baricco procede per macro temi, da pensatore astratto si muove nel campo del possibile o dell'ideale, ma caspita come fa bene, quel tipo di movimento, ogni tanto. E così, mentre guardo gli attori di Schitt's Creek che sfoderano la voce quando meno te lo aspetti, mi vengono in mente sia tutte le volte in cui ho esclamato mentalmente, durante un film o una serie, Come diavolo canta pure questo, sia, ed ecco il collegamento laterale, la costante presenza del recital scolastico in praticamente tutti i film ambientati nei college americani, ma anche inglesi.

Perché in effetti è così, la preparazione del recital di fine corso, nei college, è un allenamento paragonabile a quello della squadra di football della scuola e la rappresentazione finale è un momento semi-religioso al quale partecipano tutti: studenti, parenti, amici, professori. Non svogliatamente come succedeva negli anni scolastici di cui conservo un ricordo personale, ma attivamente, con grande e solenne attenzione.

Se qualcuno di voi ha visto la serie Euphoria di Sam Levinson, andata in onda su Sky un paio di anni fa, magari si ricorderà il penultimo episodio della seconda stagione, in cui sostanzialmente il recital teatrale di fine corso diventa un vero e proprio momento catartico in cui vengono messe in scena tutte le dinamiche che hanno avvelenato le relazioni tra studenti nel corso della serie. Un pezzo di televisione veramente pazzesco, metacinematografico, iperbolico che, sulle note di Holding Out for a Hero di Bonnie Tyler, scaraventa addosso agli spettatori (sia quelli dentro la storia che quelli fuori) tutta la mascolinità tossica che è stata diluita come l'arsenico nell'arco delle due stagioni.


Ovviamente Euphoria è una serie survoltata fin dall'inizio, fin dal titolo, e un recital scolastico di quel tipo non è neanche lontanamente ipotizzabile in una scuola che non sia essa stessa un set allestito da HBO. Ma non è quello che importa ai fini di questo ragionamento. Quello che importa - e che quell'episodio di Euphoria e molte altre simili sequenze di cinema Usa e British illustrano - è che il teatro, il cinema, la musica usati in maniera intensiva nelle high school e nei college producono forzatamente almeno due conseguenze. Un maggiore numero di giovani vengono messi in condizione di rivelare il proprio talento e quindi di muoversi, poi, nello spazio delle arti performative con grande flessibilità. E, soprattutto, per rientrare in linea con il pensiero di Baricco, che grazie a quelle performance si nutrono e fanno crescere intere generazioni di spettatori consapevoli per i quali il teatro, il cinema, la lettura diventano parte integrante della vita.

La presenza, lo studio, la pratica, delle arti performative nelle scuole equivale a seminare e a coltivare attivamente un immenso campo ed è effettivamente molto diverso dal cercare di tenere in vita un giardinetto solo per coloro ai quali la vita ha già offerto tutte le possibilità di entrare in contatto con prodotti culturali.

Non è la è prima volta che questo argomento entra, più o meno di striscio, in questi testi. È chiaro che il tema ci sta a cuore: il teatro, i libri, il cinema, la cultura nelle scuole, che rivoluzione! Poi, certo, "i figli vengono su bene lo stesso", anche senza vedere i film di Miyazaki, al quale, forzatamente dedico l'immagine di apertura di questa settimana.

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