Di “uomini che odiano le donne” – soprattutto se intelligenti, colte e scienziate – si discute in un convegno (organizzato a Roma dall’Accademia dei Lincei che si conclude oggi, 29 novembre 2023) dedicato a Ipazia, che insegnava matematica e che fu uccisa barbaramente e fatta a pezzi da una folla di cristiani fanatici dei primi secoli.
«La storia di Ipazia colpisce l’immaginazione collettiva. Il suo assassinio brutale è l’esempio di una mentalità patriarcale antica che sopravvive ancora oggi. Lo vediamo purtroppo dai tanti femminicidi», dice il Nobel per la Fisica Giorgio Parisi che ne rievoca la vita ad Alessandria d’Egitto tra IV e V secolo dopo Cristo.
Sappiamo che se ne occupò anche il cinema con un film di Alejandro Amenabar, Agorà (2010), poco riuscito e troppo urlato ma soprattutto pretenzioso e poco documentato, che indulge, a mio parere, a una spettacolarità da kolossal, forse ritenendo che in tal modo più facilmente possa arrivare al pubblico il suo messaggio.
Che il film sia stato visto in Italia molto tempo dopo essere stato proiettato in tutti gli altri paesi d’Europa, è una vergogna, che si commenta da sé…
Sul tema della tolleranza religiosa, ricordo, invece, con piacere due bellissimi film, più sobri e convincenti: il film di Youssef Chahine, Il destino (1997), che ha raccontato magnificamente la tragica vicenda di Averroé e dei suoi scritti, nonché quello di Liliana Cavani su Galileo (1968).
Chi era davvero Ipazia?
Tutto ciò che sappiamo di Ipazia è arrivato a noi grazie alla testimonianza di Sinesio, lo studente che aveva frequentato le sue lezioni e ne era stato affascinato e che si era successivamente convertito al cristianesimo, invano cercando di salvarla.
Di lei non è rimasto altro, perché il fanatismo religioso feroce e distruttivo non si accanì solo contro la sua persona, ma contro i suoi scritti e contro tutto ciò che del suo pensiero potesse rimanere.
Le folle di cristiani, appena indottrinate, avevano visto in lei l’emblema di chi, da secoli, era responsabile dello stato di umiliazione degli ultimi che, purtroppo, contro di lei avevano cercato la rivincita.
Le si rimproverava di essere donna; di conoscere la scienza e la filosofia, ma non la fede, unico strumento di salvezza e anche di riscatto sociale.
Contro di lei si scatenò dunque lo stesso odio che aveva travolto ogni forma di cultura precedente, quell’odio che a poco a poco aveva distrutto la biblioteca di Alessandria e che aveva fatto di tutta la classicità il nemico da debellare in nome dei nuovi valori.
Da questo “scontro di civiltà”, ebbe origine, però, quella stessa cultura cristiana che secoli dopo, ricuperò gli antichi testi e gli antichi autori, grazie all’opera paziente e scrupolosa dei monaci amanuensi.
La rimozione della figura di Ipazia ebbe fine solo con la cultura settecentesca, con gli scambi culturali che intercorsero fra il razionalista inglese Edward Gibbon e alcuni illuministi francesi, fra i quali Voltaire.
Voglio ricordare che su Ipazia si soffermò a lungo la poetessa piemontese protoromantica – apprezzata anche da Manzoni – Diodata di Saluzzo Roero, che scrisse più versioni di un poema a lei intitolato, e che anche Leopardi la citò nella sua Storia dell’astronomia.
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L'oblio. Che è stato consegnato a tutte le donne che si sono occupate di cultura. Mia figlia, studiando all'Accademia di Belle Arti, al termine del programma relativo alla Storia della Pittura, con la sua amica mi fa: "papà, ma sono tutti uomini. Possibile che non ci sia stata nessuna pittrice ?". Ovviamente sì, ce ne sono state. Negli ultimi 5 anni, quindi, e grazie all'opera di alcune storiche (anche afferenti alle borse date a Torino dalla Fondazione San Paolo) ne sono state portate alla luce talmente tante che nemmeno io - che pur studio minuziosamente biografie, essenziali per fare cinema - ne sapevo nulla. Ipazia è uno dei tasti dolenti, però: troppo poco conosciuta, anche a livello accademico. Grazie, Lilli.
Grazie a te, Maurizio. Mi fa piacere il tuo denso commento, a riprova che - al di là di ogni sterile polemica - uomini e donne sono interessati a superare gli aspetti più oscuri purtroppo ancora presenti nella coscienza collettiva italiana, ma non solo, e anche a far luce sulle qualità femminili e sul diritto alla memoria, senza invidia, con la necessaria serenità del cuore.
quanto a Ipazia, mi permetto di segnalarti, nel caso non lo conoscessi, un bel volume- uscito più di dieci anni fa per le edizioni LA LEPRE, con la prefazione di MARGHERITA HACK
Il suo titolo: IPAZIA
VITA E SOGNI di una scienziata del IV secolo
I suoi autori:
ADRIANO PETTA e ANTONIO COLAVITO
Se fosse ancora possibile trovarlo, potrebbe essere un'idea per un regalo alla figliola.
A presto.
Grazie Lilli. Sempre puntuale e informata. Concordo su quanto scrivi sul tema dell'oblio del ruolo delle donne nella storia e nella cultura.
Grazie,Ghisanza.
La memoria è un dovere , perciò, soprattutto in questi giorni oscuri, in cui si continuano a perpetrare delitti orribili contro le donne, mi è parso giusto scrivere queste poche righe riprendendo anche il tema del diritto alla conoscenza di ciò che le donne colte e intelligenti come Ipazia hanno dovuto subire nei millenni, senza dimenticare che nell'ombra rimangono ancora troppe donne violate e perseguitate dalle ossessioni morbose di chi scambia amore con possesso... Sarà ancora dura, temo!
Trovo il post molto interessante e sarebbe interessante sapere cosa è stato detto al convegno, perché faccio fatica a vedere il collegamento tra patriarcato e l'assassinio di Ipazia, che è avvenuto in un contesto di lotte per il potere, in cui si sono compiuti altri efferati assassinii e dubito che la sua sorte sarebbe stata diversa se fosse stata un uomo. Quella di Parisi sembra più una frase detta per voler creare un collegamento con l'attualità e attirare un interesse che probabilmente così ritiene maggiore.
Forse ho frainteso io, ma mi sembra che in ciò che scrivi si finisca col far confusione parlando di fanatismo religioso e patriarcato in un modo che sembra voler sottintendere che il Cristianesimo sia una delle cause del patriarcato. A quell'epoca purtroppo il patriarcato c'era già da diversi millenni ed era dominante nella maggior parte delle culture del mondo. Eventualmente la "colpa" del Cristianesimo può esser stata di non aver saputo, o voluto, cogliere l'occasione di rompere col patriarcato del passato, come ha fatto con altri aspetti della società, dal momento che gli insegnamenti di Gesù e i Vangeli ne avrebbero offerto l'opportunità; restando invece troppo influenzato dalla visione patriarcale della filosofia greca, a cui i primi teologi hanno continuato a ispirarsi fino a tutto il Medioevo, e della società ebraica da cui deriva. Anche se in fondo con il Medioevo, anche grazie al Cristianesimo, un lieve miglioramento nella condizione delle donne rispetto al passato c'è stato.
Tuttavia, in una società che le vedeva ancora subalterne agli uomini, le donne che sono riuscite a emergere nell'arte, cultura o politica sono poche perché a differenza degli uomini, oltre a dover aver abilità o talento, era necessario che i loro padri o mariti non tarpassero loro le ali. Così come hanno avuto qualche chance di governare nelle monarchie dinastiche soltanto in caso di morte della discendenza maschile; per non parlare dei sistemi elettivi come le democrazie, in cui non hanno mai avuto alcuna possibilità, non potendo proprio essere elette, fino a qualche decennio fa. Anche l'Illuminismo non ha portato alcun cambiamento nei confronti del patriarcato. Al riguardo c'è anche da dire che il maschilismo ancora attuale della Chiesa cattolica è a dir poco imbarazzante, per quanto riguarda la gerarchia ecclesiastica che vede l'esclusione delle donne.
Tenendo conto che il cambio di mentalità rispetto alla società patriarcale è iniziato da meno di un secolo, penso che almeno in Europa siano stati fatti molti passi avanti, anche se c'è ancora della strada da fare. Quello che mi preoccupa di più per il futuro è che non si facciano dei passi indietro, dal momento che la nostra società sta subendo influenze culturali e sociali dagli altri continenti.
Ho appreso del convegno e anche della frase di Parisi, che ho riportato testualmente, qui:
https://www.ansa.it/canale_scienza/notizie/ricerca_istituzioni/2023/11/28/parisi-ipazia-vittima-di-femminicidio-da-mentalita-patriarcale-_3edf9329-77f6-4df1-9b32-e4b6b70c7e55.html
Posso aggiungere che al link puoi trovare una più ampia spiegazione dello stesso Parisi al quesito che ti poni circa il collegamento fra patriarcato, assassinio di Ipazia e lotta per il potere, che non è mai finita, perché ha il suo fondamento [pre-i]storico nella subalternità economica della donna, implicita nella divisione dei ruoli e dei compiti.
Naturalmente, non è questione di colpe, come ho cercato di dire nel post.
Grazie della tua riflessione
Ti ringrazio per il link, anche se nell’articolo non viene spiegato molto di più su cosa si basa una tale affermazione. Fondamentalmente credo che Ipazia sia stata uccisa in quanto persona rinomata della fazione avversa, ma può anche darsi che essere una donna sia stata considerata un’aggravante, per questo mi chiedevo se durante il convegno era stata sviluppata questa teoria.
Leggendolo, però ho ripensato al fatto che gli scritti di Ipazia sono stati distrutti e al fatto che purtroppo succede spesso che i vincitori cerchino di fare tabula rasa degli sconfitti e di cancellarne o alterarne la memoria, anche in contesti più ampi. Questo mi ha fatto venire in mente che la citazione “La storia viene scritta dai vincitori”, viene riportata anche nel film “La contessa” di Julie Delpy, sulla storia della contessa Elisabetta Bathory, di cui secondo me è molto interessante il finale, in cui si insinua il dubbio che la storia conosciuta e mostrata nel film non corrisponda del tutto alla realtà, basandosi in questo sulla teoria di alcuni studiosi che ritengono che le accuse mosse alla contessa siano in realtà il frutto di un complotto del suo rivale politico, Gyorgy Thurzo, e dell’imperatore Mattia d’Asburgo che era indebitato con lei. Probabilmente non sarà mai possibile sapere con certezza come siano andate realmente le cose, se i suoi crimini siano stati ingigantiti ad arte al momento del processo o non siano mai avvenuti, però certi aspetti che avvolgono la leggenda che ne è scaturita sembrano frutto di una mentalità sessista. Al di là del personaggio, che può sembrare blasfemo accostare a Ipazia, mi piaceva l’idea della difficoltà di far luce sulla verità riguardo a personaggi del passato e di un film che riesce a non imporre un solo punto di vista.
@Neve, concordo :-) Appieno
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