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Italia agli italiani
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Quando vidi Chernobyl, la miniserie programmata su Sky Atlantic qualche anno fa, la vidi in lingua originale. Peccato che trattandosi di produzione britannica la lingua originale era l’inglese. E sebbene io ami tantissimo l’accento e abbia un'altissima considerazione della netta maggioranza della produzione seriale inglese (ne parlerò un’altra volta) non riuscii davvero a mandare giù che, in una storia ambientata interamente in Ucraina e in Russia, i personaggi si esprimessero in perfetto inglese. Mi sembrò una forzatura che incise sul mio giudizio finale, a dispetto di una produzione che, a mio giudizio, non sbagliò quasi nulla e che aveva tantissime frecce al suo arco. Inclusa la recitazione, chiaramente, arte nella quale gli inglesi sono totali maestri.

Quello di Chernobyl fu un esempio che tirò fuori (perfettamente a proposito) un acuto commentatore di questa community, in occasione di un post che pubblicai subito a valle di una revisione di Bastardi senza gloria e della magnifica scena iniziale che rividi, apposta, in tutte le lingue possibili con il fine di evidenziare la cura con cui Tarantino aveva scritto i dialoghi e quanto fosse fondamentale vedere il film in lingua originale per apprezzare tutte le sfumature linguistiche.

Era relativamente poco tempo fa e, nello stesso periodo, stava circolando il trailer di House of Gucci di Ridley Scott, in cui Adam Driver interpreta Maurizio Gucci. Il trailer scatenò l’ilarità generale, a partire dalla platea italiana, per come la famiglia Gucci parlava: ossia in inglese ma con un accento che nelle intenzioni voleva essere italiano ma che tradiva, per essere buoni, una certa scarsità di risorse dedicate allo studio del contesto e una certa dose di faciloneria e approssimazione, intollerabili in una produzione di quel livello. Una cosa che uno come Quentin Tarantino, appunto, non avrebbe mai neanche preso in considerazione.


Il tema è tornato prepotentemente attuale in questi giorni, a Venezia, a valle della proiezione di Ferrari di Michael Mann, in cui di nuovo lo stesso attore, Adam Driver, interpreta il ruolo di Enzo Ferrari. Il palco naturale di un grande festival internazionale ha offerto il trampolino di lancio perfetto per la stoccata di Pierfrancesco Favino che, in occasione della presentazione del film Adagio, ha stigmatizzato le scelte del cast di Ferrari dicendo:

Non si capisce perché, non io, ma attori di questo livello - rivolgendosi agli altri attori del film, Toni Servillo, Adriano Giannini, Valerio Mastandrea - non sono coinvolti in questo genere di film che invece vengono affidati ad attori stranieri lontani dai protagonisti reali delle storie, a cominciare dall'accento esotico. Se un cubano non può fare un messicano perché un americano può fare un italiano? Ferrari in altre epoche lo avrebbe fatto Gassman, oggi invece lo fa Driver e nessuno dice nulla. Mi sembra un atteggiamento di disprezzo nei confronti del sistema italiano, se le leggi comuni sono queste allora partecipiamo anche noi.

Mentre gli spettatori italiani, tra i quali mi ci infilo volentieri anche io, sentivano che, a diversi livelli, il Pierfrancesco Comandante nazionale stava dicendo qualcosa di sensato e vero, Andrea Iervolino, Amministratore Delegato del gruppo ILBE, co-produttore di Ferrari, rispondeva all'intervento di Favino riportando tutti sulla terra, la terra della riconoscibilità internazionale, dello Star System, la terra dei soldi.

"Caro Favino, negli ultimi trent’anni, il cinema italiano non ha creato uno star system riconoscibile nel mondo - nonostante siano presenti sul panorama italiano moltissimi attori di eccellente professionalità - restando chiuso a collaborazioni internazionali che, in un mondo globale, ritengo invece utili alla crescita del settore. Gli altri Paesi non americani hanno avuto un approccio diverso e forse vincente dando vita e luce a: Banderas, Bardem, Cruz, Cassel, Cotillard, Kinnam, Mikkelsen, Schoenaerts, Kruger che sono oggi nomi internazionalmente riconosciuti con un notevole e comunque discreto valore."

"In Italia al contrario, proprio per valorizzare e lanciare talent italiani, bisogna fare film internazionali, inserendo nel cast un mix di attori stranieri e nostrani. Solo così i talenti italiani, che sono tantissimi e non tutti ancora scoperti, possono iniziare ad avere visibilità a livello mondiale per poi essere protagonisti di film che potrebbero costare intorno ai 100.000.000 dollari come
Ferrari. Il cinema italiano deve guardare oltre il proprio Paese" - ha proseguito Iervolino - "e mettere in campo sinergie con l’industria internazionale che vuole investire sulle icone del made in Italy."

"Nel nostro film
Modigliani diretto da Johnny Deep" - ha concluso Iervolino - "Riccardo Scamarcio sarà uno dei protagonisti principali e sarà affiancato da Al Pacino e tanti altri, ma ovviamente non è un film che costa cento milioni, ha un budget molto più modesto e quindi può sperimentare una formula a cast misto che darà molta luce e visibilità a Scamarcio e a tutti gli altri attori non internazionali che faranno parte del cast."

È solo una questione di Star System, soldi e investimenti dunque?

Senza voler tirare in ballo sterili e inutili motivazioni idealistiche o ideologiche sono fermamente convinto, da spettatore, che uno degli effetti secondari, e positivi, della diffusione dello streaming a livello globale sia stato l'innalzamento della soglia di adesione alla visione di prodotti audiovisivi in lingua originale non doppiati. Condizione che sta spostando l'accurato studio del contesto e la scelta consapevole del cast nel rispetto di tale contesto, da elementi accessori a elementi dirimenti nella valutazione finale, nel gradimento e quindi nel successo, anche economico, di un film. Se anche solo un paio di decenni fa queste erano considerate sottigliezze da cinefili impallinati e (troppo) fini, adesso, almeno sotto questo profilo, c'è più audience che ha iniziato a dare un crescente valore a film e serie tv che hanno impostazioni rigorose sulla scelta del cast e sull'uso delle lingue.

Forse è vero, forse ha ragione il CEO, forse non siamo pronti per un Ferrari da cento milioni di dollari diretto da Michael Mann e interpretato da ******* (inserite qui i vostri attori italiani veri e giusti per la parte) ma potrebbe non essere più così lampante che a far da traino ai grandi titoli debba essere lo Star System e, soprattutto, che si debbano per forza seguire sempre le medesime logiche perché un film abbia il successo necessario a renderlo un'impresa di successo e non uno sfizio autoriale in perdita.

Comunque, sicuramente, facendo tesoro dell'esperienza House of Gucci, il trailer di Ferrari è un piccolo gioiello di tensione. E viene ottenuta senza che nessuno dei "falsi italiani" del cast dica una sola parola.
Bravò. Saggia scelta.

 

Siete d'accordo con Favino e volete tirare fuori qualche nome?
Vi allineate con l'Amministratore Delegato e vi vanno benissimo Driver e la Cruz (bravissima, mi hanno detto)?
Volete solo vedere il trailer di Ferrari? Prego, accomodatevi.

Ferrari (2023): Trailer ufficiale italiano



p.s. ringrazio il gruppo di inviati speciali a Venezia, che ha visto il film, per avermi dato preziosi spunti sui quali riflettere.

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Ultimi commenti

  1. Carica precedenti
  2. Electronic 64
    di Electronic 64

    Colgo l'occasione per chiedere agli storici una cosa che mi ha sempre incuriosito essendo io di Reggio Emilia. Nel film "Novecento" di Bertolucci, ambientato nella bassa tra Reggio e Parma, all'epoca ci fu qualche critica per aver scelto come protagonisti R. De Niro e G. Depardieu?

    1. mck
      di mck

      Difficile, Favino andava in prima elementare.

  3. ilcausticocinefilo
    di ilcausticocinefilo

    Ma più che la scelta degli attori o la lingua “hablata” il “problema" sono proprio... gli ammerriggani, specie quei buontemponi di Hollywood alle prese col blockbuster di turno.
    Che hanno un’idea dell’Europa al massimo come parco divertimenti in cui far saltare il dato monumento con iconoclastica furia e furiosissimo sdegno. E una comprensione culturale del nostro continente in grado di eguagliare quella del mondo “arabo” (iraniani in testa). Eh-ehm.
    E, comunque, Lady Gaga, scansate proprio: https://youtu.be/v5e_hhrHEaY?t=89

  4. crista
    di crista

    La trovo una polemica totalmente inutile, fine a sé stessa. Un attore/attrice in quanto tali possono interpretare qualsiasi ruolo, se mai, come sempre sarà la scelta del casting, in base a fisionomia, voce, tipologia etc., cioè tutte le caratteristiche per cui si sceglie un attore/attrice invece che un altro/a che devono essere prese in considerazione. Il mondo dello spettacolo è pieno di esempi illustri con interpreti validi per ruoli stranieri, perché perderci in queste perverse dissertazioni?
    E che ne diciamo di Favino nel film di Mario Martone "Nostalgia" che si è avventurato in territori pericolosi con quella parlata assurda di italiano emigrato in Africa? Perché non l'ha interpretata qualcuno che ne aveva le competenze/capacità? Io direi che era meglio se taceva.

  5. Snaporenzz
    di Snaporenzz

    Gassman recitava per Risi, Monicelli, Scola, poi il ruolo di "Profumo di donna" l'ha rifatto Al Pacino; Fellini ha vinto cinque Oscar diventando un aggettivo - come diceva lui - e preferendo Mastroianni a Pau Newman per "La dolce vita".
    Credo che non dobbiamo necessariamente americanizzarci e uniformarci alle "leggi comuni" dello star system, come vorrebbe Favino, ma rinnovare la nostra scuola italiana ed europea, a costo di restare minimalisti anche sul budget.

  6. Utente rimosso (marcopolo30)
    di Utente rimosso (marcopolo30)

    Credo che Favino stavolta abbia detto una notevole fesseria. Hollywood ha (quasi) sempre preferito attori americani noti, indipendentemente dalla nazionalità del personaggio da interpretare, piuttosto che attori autoctoni e quindi madrelingua ma sconosciuti ai più in America. Che poi ciò sia un bene o un male (personalmente lo ritengo un male, senza ma né se) è un altro discorso. Ma finché il grosso dei capitali ce lo mettono loro, saranno sempre loro a decidere: il pallone è mio e gioca chi mi pare a me!

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