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Le scelte distributive dei film in sala
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Questa settimana tra i film in programmazione nelle sale era prevista già da tempo l’uscita di “Fuoco Fatuo” (2022), quarto lungometraggio (escludendo i documentari) di João Pedro Rodrigues. Poiché il suo “O Fantasma” resta nella cinquina dei mei film preferiti in assoluto, mi stavo accingendo con soddisfazione a cercare la sala più vicina per raggiungerlo, disponibile naturalmente a spostarmi i chilometri necessari. Cerco su Internet, tutti i siti (compreso naturalmente film.tv.it) riportano la data di uscita del 16/12/2022, eppure constato con un po’ di delusione quante sale lo stanno mandando… 50? 20? 10? No, zero. Manco una. La distribuzione “Risi Film” anche sulla pagina Facebook non posta nulla.

Perché riportare questa cosa? In fondo non è la prima né l’ultima volta che capita, forse ci saranno stati dei disguidi comunicativi, probabilmente mi è sfuggito qualcosa (uno slittamento dell’ultimo? Boh, non si sa.).

Però io francamente volevo allargare un attimo il discorso su quelle che sono le spesso pessime scelte sulla distribuzione del cinema in sala. E non parlo però assolutamente del rapporto quantitativo tra cinema commerciale/cinema d’autore perché quelle sono logiche commerciali, conta la richiesta di mercato,  di base c’è un settore in difficoltà, eccetera eccetera eccetera.

 

E’ invece nell’ambito del cinema d’essai che io personalmente non sto trovando più stimoli distributivi a spostarmi al cinema e pagare un biglietto per quei titoli che vengono proposti e che ormai puntualmente e troppo spesso non mi piacciono, né soddisfano più le mie aspettative.

Un po’ di esempi di quello che ho visto al cinema questo autunno: “Dante” (Pupi Avati, Italia), film interessante ma soporifero, “L’Ombra Di Caravaggio” (Michele Placido, Italia), film poco coraggioso, televisivo, e impostato in modo assolutamente sbagliato, “Un anno, una notte” (Isaki Lacuesta, Francia/Spagna), film sempre sopra le righe, un compitino privo di qualsiasi ispirazione e che non sa bene come e che cosa dire, “Il piacere è tutto mio” (Sophie Hyde”, G.B.), film intriso di buonismo e moralismo spiccio…

 

E poi il peggiore di tutti: “Forever Young” (Valeria Bruni Tedeschi, Francia). Ma come si fa a firmare una cosa così brutta, sciatta, vacua? Vorrebbe essere un affresco degli anni ‘80, anni di illusioni e di spettri latenti, raccontare un gruppo di giovani attori e il loro vissuto in una prestigiosa scuola di recitazione, ispirato ai ricordi della regista. Invece è un film veramente imbarazzante, una sequenza infinita di scene isteriche, rigorosamente sopra le righe, anche mal recitate, pianti, musichette e nessun contenuto, nessuna linea narrativa, non ci si emoziona mai, non si ride mai, non ci si commuove mai. Dopo averlo visto l’unica cosa che mi resta è una domanda: come ha fatto questa cosa a finire in concorso a Cannes e soprattutto a meritare una distribuzione cinematografica addirittura oltre i confini nazionali? Forse nessuno lo ha mai visto davvero, altrimenti non saprei che altra spiegazione darmi.

 

Proposte interessanti anche dai festival cinematografici - Venezia, Cannes, Torino e gli altri - ce ne sono tante ma in sala quelle in apparenza più allettanti spesso non ci arrivano. E intanto le piattaforme come MUBI, Netflix, Chili, Amazon Prime Video allettano i loro abbonati con proposte varie e di ogni genere, spesso distribuite in esclusiva.

 

locandina

Forever Young (2022): locandina

 

locandina

Un anno, una notte (2022): locandina

 

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Fuoco fatuo (2022): locandina

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