• Prologo.
No, non sarà / un “l’Avventura”!
I riferimenti, le citazioni e gli omaggi sono tanti (da Polanski - dice, si vedrà: probabilmente, a naso/fiuto, il nesso/richiamo a "Nóz w Wodzie" sarà contenuto nel pre-finale del 7° ed ultimo ep., "magari" durante un'escursione in barca a vela o motore... - a Peppa Pig, passando per "the Godfather" ("il Padrino"), ma vi sono un sacco di altre lettere dell’alfabeto oltre alla "p" sotto alle quali ulteriormente indicizzare nominativi ) all’interno e nel corso di questa seconda stagione, “Sicily”, di “the White Lotus”, e però mai gratuiti, semplicistici o disonesti.
- Ma che, dell’Alta Italia è?
- Quasi, dai: del Delaware.
Non appena ho assistito alla scena presente a metà del 3° ep. di “the White Lotus: Sicily” mi son detto “No! Adesso mi tocca non dico creare un AV da caricare su YT, ma almeno cercarmi due caricamente preesistenti relativi a eccetera eccetera…” Ma quando mai? Internet è (quasi) sempre un passo avanti rispetto a chiunque. Perciò, dunqu’e quindi…
• Svolgimento.
Una minaccia nell’aria.
Noto (SR), Piazzetta 3 Ottobre 1920, all’angolo tra Corso Vittorio Emanuele e la scalinata della tardo-barocca Chiesa di San Francesco d’Assisi all’Immacolata.
Se in Antonioni/Bartolini/Guerra quel particolare momento, senza musica aggiunta e col solo “fare voci” dei masculi siculi appollaiati, inserito in un contesto molto più ampio ed eterogeneo dal PdV delle tematiche nel complesso affrontate, ma comunque sempre similarmente finitimo a quel particolare acme, inventa ed organizza con grazia una situazione che, per l’appunto, senza neanche troppo esagerare, si potrebbe definire come iperrealistica se rapportata alla struttura prevalente dell’umana società di allora (con la Claudia di Monica Vitti ch’è semplicemente, e non altro, vagamente divertita e nel complesso indifferente al manipolo di umarèll che la surrounderizzano di occhiate e commenti a viva voce attratti senza ritegno dall’itinerante installazione bionda), oggi il demiurgo Mike White lo ricrea, col commento della “Ommil Habiba” di Omar Khorshid, mettendolo in scena situazionandolo in un periodo storico in cui la (chiamerò) modernità è fertilizzata, volente o nolente, dal trasversale, anche se non compiutamente interclassista, movimento dal basso-medio-alto del #MeToo, conferendogli, proprio perché innestato in un ambiente perfettamente normale in relazione alla contemporaneità nella quale si muovono i personaggi coinvolti (“Hey! Marry me!”), un’antifrastica e onireggiante aura di timoreggiante (ma non timorato) desiderio erotico, un sogno lucido inverso, un incubo perturbante, risoltosi con un lapidario risveglio esorcizzante (“Sono sempre tutti arrapati a Noto!”) da parte dell'Harper di Aubrey Plaza, innescato da un prelievo al BancoMat della quasi-amica, nel quale rimangono a fissare la passeggiante protagonista di sequenza, con interazione diretta e reale un po’ troppo insistente, allo scemar della tensione artatamente costrutta – mentr'entrambe le donne ritornano sui loro passi riprendendo a ritroso la via dell’andata, questa volta oltrepassando la scalinata ecclesiastica dalla quale erano discese, compagne di viaggio fortuite, tirando dritto dirigendosi verso un'altra, quella della Cattedrale di San Nicolò di Myra –, “solo” un tizio a caso, fra i più inquietanti della madria e legione di (in questo caso meno vocianti, ma ugualmente ammiranti) locali masculi nuticiani, del tipo Paviglianiti style, ed un paio di “innocui” bimbominkia-hipster.
Riassumendo: se in Antonioni nel 1960 gli svergognati sguardi etimologicamente stupranti sono reali e “contenuti”, in White più di 60 anni dopo quegli “stessi” sguardi sono per lo più immaginati, tranne un paio, ma più violenti.
• Intermezzo.
In entrambe le sequenze compare sullo sfondo inquadrata brevemente da una panoramica che segue altro in scena la targa marmorea posta, un quarto di secolo dopo l’evento in questione, a Sicilia liberata dai nazifascisti a un anno di distanza dallo Sbarco Alleato, a testimonianza del ricordo di Paolo Mirmina, sindacalista ammazzato da Cosa Nostra sul finire del Biennio Rosso. (A proposito di quarti di secolo, n’è quasi passato uno senza quasi spargimento di sangue civile su suolo trinacrio.)
QUI
UMILE ED IMPAVIDO DIFENSORE
DELLA
SUBLIME CAUSA PROLETARIA
CADEVA
COLPITO DA IGNOBILE MANO SICARIA
PAOLO MIRMINA
IL 3 OTTOBRE 1920.
IL PROLETARIATO NETINO
NEL XXVI DELLA SUA SCOMPARSA
LANCIA IL SEVERO MONITO
CHE NON INVANO CADDERO TUTTE LE
GLORIOSE AVANGUARDIE DELL’AVVENIRE SOCIALE.
• Epilogo.
“It’s a penis, not a sunset.”
La stessa “violenza” espressa da quel rifacimento letterale in copia conforme de “l’Avventura” al giro di boa del 3° ep. di “the White Lotus: Sicily” è manifestata (in attesa degli ultimi 2 ep. dei 7 totali) in quell’altrettanto paradigmatico momento preconizzante a metà del pilot, quando Cameron, il personaggio interpretato da Theo James, estrae… come dirlo con altre parole che non siano queste… la minchia tanta al fin di corteggiare/impressionare sempre Harper (sempre Aubrey Plaza) con fine mossa da Casanova: si sente il suono delle campane anche senza la presenza delle campane perché è sufficiente il batacchio fendente l’aria.
Le due (tre) differenti situazione sono assimilabili psico-sociologicamente e vicendevolmente iconiche: il rapporto tra i segni/simboli e i loro sensi/significa(n)ti è da sé evidente. I cascami, le rigaglie e i lacerti degli eyeswideshutiani “Milioni di anni di evoluzione, vero? Vero?” condensati in un brandello di zeitgeist.
• Addenda.
Caritas Romana.
Da San Domenico Palace in Taormina a Villa Tasca in Palermo.
• Postilla.
E intanto, in una delle scene più erotiche (nel male, nel bene, nel dubbio…) del cinema di questi anni, cosa s’ode nell’aere se non: “Lascia che sia fiorito, Signore, il suo sentiero…”
(Ma questo reiterarsi di sacrilegi musicali sarà argomento del prossimo - il terzo ed ultimo - post.)
Stagioni:
- "the White Lotus: Hawaii" (6 ep., 2021)
- "the White Lotus: Sicily" (7 ep., 2022)
Indice:
- 1. la Sigla di Apertura (¡Cristobal!)
- 2. Comparazione (Vitti/Plaza)
- 3. PlayList (Grand Tour Mandolino)
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